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In: Business and Management

Submitted By macina92
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RIASSUNTO ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE – LIBRO DI TESTO: L’ANALISI STRATEGICA PER LE DECISIONI AZIENDALI R. GRANT EDIZIONE 2011

CAPITOLO 1 IL CONCETTO DI STRATEGIA

Diverse definizioni di strategia 1. La strategia è lo strumento usato dagli individui e organizzazioni per raggiungere i propri obiettivi; 2. Si definisce strategia la determinazione delle finalità e degli obiettivi di lungo periodo di un’ impresa e attuazione delle linee di condotta e allocazione delle risorse necessarie alla realizzazione di tali obiettivi. 3. La strategia è il piano complessivo per lo spiegamento di risorse necessarie a conseguire una posizione di vantaggio sulle altre imprese. 4. Strategia competitiva vuol dire differenziarsi. Vuol dire scegliere deliberatamente un diverso insieme di attività per generare un esclusiva combinazione di valore ( M.Porter)

L’essenza della strategia, dunque, consiste nell’effettuare scelte.

Affinché una strategia sia di successo è necessario: ▪ Obiettivi siano semplici, coerenti e a lungo termine; ▪ Profonda comprensione dell’ambiente competitivo; ▪ Valutazione obiettiva delle risorse; ▪ Implementazione efficace

La strategia ha il ruolo di collegare l’impresa (obiettivi e valori, Risorse e competenze, Struttura e sistemi organizzativi) con l’ambiente settoriale (Concorrenti, Clienti, Fornitori) in cui opera.
Le scelte strategiche possono essere ridotte a due questioni fondamentali: Dove competere? Come competere? Le risposte a tali quesiti portano anche a definire i principali livelli della strategia di impresa:
La strategia di gruppo (corporate strategy) : definisce il campo di azione (settore) in cui l’impresa deve operare, tali decisioni richiedono una valutazione in ordine di attrattività dei settori in termini di potenziale reddituale.
La strategia di business (business strategy) : è volta a definire il modo di competere all’interno di un determinato settore al fine di raggiungere un vantaggio competitivo.

Mintzeberg distingueva tra:
Strategia deliberata: la strategia come viene concepita dai dirigenti.
Strategia realizzata: la strategia che in realtà poi viene effettivamente implementata.
Strategia emergente: le scelte dei singoli manager che interpretano la strategia deliberata, dando vita alla strategia realizzata.

CAPITOLO 2 OBIETTIVI, VALORI E RISULTATI

L’attività d’impresa è volta a creare Valore. Il valore è il corrispettivo monetario di un prodotto o di un’attività. Lo scopo dell’attività d’impresa è, in primo luogo, creare valore per i propri clienti e , in secondo luogo, ottenere parte di tale valore per i clienti sotto forma di profitti, creando in questo modo valore per l’impresa. Il valore può essere creato attraverso due modi:
Produzione: crea valore attraverso la trasformazione fisica di prodotti di basso valore in prodotti con un valore superiore per il consumatore
Scambio: crea valore spostando tali prodotti nello spazio e nel tempo. Lo scambio implica il trasferimento di prodotti da certi individui e luoghi ad altri dove il valore è ritenuto superiore.
Il valore creato dalle imprese è distribuito fra più attori: dipendenti (stipendi e salari), finanziatori (interessi) proprietari beni immobili (rendite), governo (imposte) e proprietari dell’impresa (profitti). Le imprese ,inoltre, creano valore per i loro clienti nella misura in cui la soddisfazione che i clienti traggono dai prodotti acquistati supera il prezzo pagato ( surplus del consumatore). Questo modo di vedere l’impresa come un insieme di gruppi di interessi, in cui il ruolo dell’alta direzione è bilanciare i diversi – e non di rado conflittuali – interessi, viene denominato Stakeholder approach e ha origine in Asia e nell’Europa continentale. La maggior parte dei paesi di lingua inglese, invece, sono fautori del Shareholder Capitalism, in cui il compito principale delle imprese consiste nel generare profitti per i proprietari.

Profitto: è l’eccedenza dei ricavi sui costi, disponibile per essere distribuita tra i proprietari dell’impresa.
Il bilanced scorecard : è una metodologia che stabilisce un collegamento tra l’obiettivo generale di impresa di massimizzazione del valore e gli obiettivi strategici e operativi. La metodologia score card risponde a quattro interrogativi: Come ci vedono gli azionisti? come ci vedono i consumatori? in cosa dobbiamo eccellere? Siamo in grado di continuare a migliorare e di creare valore?.

Mission: esplicitazione dello scopo dell’azienda, spesso definisce l’area di business in cui compete

Vision: esplicitazione di ciò che l’azienda vuole diventare

Responsabilità sociale d’impresa ( corporate social responsabilità, Csr): Quali sono gli obblighi di un azienda nei confronti della società nel suo insieme?
Friedman: Riteneva la Csr immorale perché richiedeva che il management investisse risorse dei proprietari in progetti che quest’ultimi avrebbero disapprovato, e inopportuna perché implicava che i dirigenti dell’impresa determinassero gli interessi della società.
Allen: distingue due diverse concezioni di azienda: Concezione di proprietà, secondo quale l’impresa è un insieme di attività posseduto dagli azionisti, Concezione di entità sociale, che vede l’impressa come una comunità di individui che è sostenuta e appoggiata dai rapporti che essa stabilisce con il proprio ambiente sociale, politico, economico e naturale. Il punto di vista dell’impresa come proprietà implica che la sola responsabilità del management sia quella di agire nell’interesse degli azionisti. Dal punto di vista dell’impresa come entità sociale deriva la responsabilità di mantenere l’impresa all’interno di un quadro generale di relazioni e rapporti con la società.
Porter: Inserisce la Csr tra gli obiettivi di interesse di un azienda per tre motivi: 1. Sostenibilità: la Csr è rilevante per un’impresa data la presenza di un interesse comune a sostenere l’ecosistema 2. Reputazione: la Csr rafforza la reputazione dell’azienda di fronte agli investitori ed altre terze parti 3. Permesso di operare: per svolgere le proprie attività le imprese hanno bisogno del sostegno delle istituzioni da cui dipendono
CAPITOLO 3 L’ ANALISI DI SETTORE

L’ambiente più vicino all’impresa è il settore nel quale opera, il punto focale dell’analisi dell’ambiente esterno sarà pertanto l’analisi di settore. Come già visto l’analisi settoriale è rilevante sia a livello di corporate strategy ( in che settore operare) che a livello di business strategy ( in che modo operare). Il nucleo centrale dell’ambiente di riferimento dell’impresa è costitutito dalle sue relazioni con tre gruppi di attori: Clienti, Fornitori, Concorrenti. Questo è l’ambiente settoriale dell’impresa.
I profitti realizzati dalle imprese di un determinato settore dipendono da tre fattori
- valore prodotto per i clienti
- intensità della concorrenza
- potere contrattuale relativo nei diversi livelli della catena produttiva.

Schema delle cinque forze competitive di Porter

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Il modello delle cinque forze di Porter è uno schema che serve a misurare l’attrattività di un settore in termini di redditività. Esso comprende tre fonti di competizione “orizzontale” : concorrenza delle imprese già presenti nel settore, concorrenza dei prodotti sostitutivi, concorrenza dei nuovi entranti; e due fonti di concorrenza “verticale” : il potere contrattuale dei fornitori e il potere contrattuale dei clienti.
Concorrenza dei prodotti sostitutivi: Il prezzo che i consumatori sono disposti a pagare per un prodotto dipende, in parte, dalla disponibilità dei prodotti sostitutivi. L’assenza di sostituti di un prodotto, come nel caso della benzina, comporta una relativa insensibilità al prezzo da parte dei consumatori ( domanda anelastica). L’esistenza di prodotti sostitutivi invece comporta uno spostamento delle preferenze del consumatore in risposta a un incremento del prezzo del prodotto ( domanda elastica). Un prodotto è sostitutivo quando riesce a soddisfare lo stesso bisogno, tramite l’elasticità incrociata si può notare quanto varia la domanda del bene X (principale) al variare della domanda del bene Y (sostitutivo).
Potenziali entranti: Quando un settore ottiene un rendimento del capitale superiore al costo del capitale, esso esercita un effetto di attrazione su imprese esterne al settore. Un settore in cui non esistono barriere di entrata o uscita è detto contendibile, la contendibilità dipende dall’assenza di costi fissi non recuperabili ( barriere all’uscita) che rendono un settore vulnerabile a ingressi del tipo “ toccata e fuga”.
Principali fonti di barriere all’entrata : - Fabbisogni di capitale : Il fabbisogno di capitale all’entrata di un settore può essere così elevato da scoraggiare tutti gli operatori escluse le maggiori imprese - Economie di scala: nei settori ad alta intensità di capitale, o che comportano forti investimenti in attività di ricerca o pubblicità, l’efficienza richiede operazioni su larga scala. Il problema dei potenziali entranti è se accettare di entrare su piccola scala accettando alti costi unitari, oppure entrare su larga scala e correre il rischio di una drastica sottoutilizzazione della capacità produttiva in attesa dell’aumento dei volumi di vendita. - Vantaggi assoluti di costo: le imprese consolidate possono avere un vantaggio di costo sui nuovi entranti semplicemente perché sono entrate prima, e quindi per i potenziali entranti non risulta conveniente l’ingresso nel settore. - La differenziazione di prodotto: in un settore in cui i prodotti sono differenziati le imprese affermate hanno i vantaggi della riconoscibilità del marchio, i nuovi entranti in questi mercati dovrebbero investire molto di più in pubblicità e promozione per ottenere livelli di conoscenza e di avviamento della marca paragonabili a quelli delle imprese consolidate. - L’accesso ai canali di distribuzione: per molti nuovi fornitori di beni di consumo, la principale barriera all’entrata è probabilmente quella rappresentata dall’accesso alla distribuzione. La limitata capacità di assorbimento dei canali di distribuzione, l’avversione al rischio dei dettaglianti e i costi fissi connessi alla vendita di un prodotto addizionale rendono i dettaglianti poco propensi a trattare un prodotto con un nuovo fabbricante. Le “commissioni di accesso” relative ai supermercati costituiscono un ulteriore svantaggio per i nuovi entranti nel settore. - Barriere istituzionali e legali: alcuni economisti ritengono le uniche barriere efficaci quelle create dei governi. L’ingresso in un settore a volte richiede la concessione di una licenza da parte dell’autorità pubblica ( Taxi) - Ritorsione: la ritorsione nei confronti di un nuovo entrante che può assumere l forma di riduzione dei prezzi, massiccia pubblicità, promozione delle vendite o conflitto legale, costituiscono senza dubbio un ennesimo ostacolo per i nuovi entranti in un settore.

Rivalità tra i concorrenti del settore: l’intensità della concorrenza tra le imprese affermate in un settore deriva dall’interazione fra sei fattori: - La concentrazione : si riferisce al numero e alla distribuzione per dimensione delle imprese concorrenti all’interno di un mercato ed è comunemente misurata dall’indice di concentrazione industriale. Nei mercati dominati da una sola impresa, l’impresa dominante può esercitare una considerevole discrezionalità sui prezzi, stessa cosa nei mercati dominati da due imprese ( Coca-cola, Pepsi) i prezzi tendono ad essere simile e la concorrenza si concentra più sulla pubblicità e sullo sviluppo del prodotto - Diversità tra i concorrenti: le imprese possono evitare concorrenza sui prezzi quando hanno somiglianze in termini di origini e obiettivi. Discorso diverso nel caso via sia una diversità tra i concorrenti ( mercato automobilistico Europa e America) - Differenziazione del prodotto: Se si tratta di un settore in cui il prodotto è una commodity (simile es: zucchero) il prezzo è l’unica base per la concorrenza, diversamente quando i prodotti sono differenziati tra loro ( Profumi) la concorrenza sui prezzi tende ad essere debole. - Capacità in eccesso: la capacità produttiva inutilizzata incoraggia l’impresa ad abbassare il prezzo per poter ricevere più ordini e poter quindi distribuire i costi fissi su un più ampio volume di vendite. - Barriere all’uscita: sono quei costi connessi all’uscita di un settore. - Rapporto costi fissi/ costi variabili: Quando i costi fissi sono alti rispetto ai costi variabili, le imprese accetteranno ordinazioni marginali a qualsiasi prezzo che copra i costi variabili. La propensione delle compagnie aeree a offrire biglietti molto scontati sui voli con poche prenotazioni riflette i bassissimi costi variabili che si incontrano per riempire i posti vuoti.

Potere contrattuale degli acquirenti: Nel mercato degli output il potere d’acquisto dei clienti dipende da due fattori: - Sensibilità al prezzo degli acquirenti: Gli acquirenti come già detto sono disposti facilmente a cambiare fornitore sulla base del prezzo quando si tratta di una commodity, gli acquirenti sono sensibili al prezzo anche in base all’importanza del bene, se il bene è di prima necessità un aumento di prezzo non influenzerà la scelta del cliente. - Potere contrattuale relativo: diversi fattori influenzano il potere contrattuale degli acquirenti: Quanto più basso è il numero di acquirenti, tanto maggiore sarà il costo connesso alla perdita di uno di essi; quanto più gli acquirenti sono informati riguardo ai fornitori tanto meglio saranno in grado di contrattare, tenere all’oscuro dei prezzi praticati è un efficace limitazione al loro potere contrattuale ( Parcella Avvocato); se non si vuole trattare con una controparte l’alternativa è quella di provvedere direttamente.

Potere contrattuale dei fornitori: Nel mercato degli input il potere contrattuale dei fornitori se si tratta di commodity normalmente è nullo, per questo motivo i fornitori di commodity cercando di aumentare il prezzo spesso con la creazioni di cartelli. Se si tratta invece di fornitori di componenti sofisticati posso riuscire a esercitare un considerevole potere contrattuale.

CAPITOLO 4 DALL’ ANALISI DI SETTORE ALL’ANALISI DEI CONCORRENTI

Lo schema delle 5 forze di Porter è stato costantemente oggetto di critiche. Alcuni autori hanno criticato i suoi punti deboli sulla base di alcune analisi empiriche, alcuni studi hanno segnalato che i fattori settoriali spiegano solo una piccola parte ( meno del 20%) della variabilità fra imprese diverse del rendimento del capitale investito. Altra critica dello schema di Porter è che il suddetto modello “fotografa” la situazione del settore in un determinato momento, dando quindi una visione statica del settore, ma come ben sappiamo all’interno di un settore la situazione è dinamica e in continua evoluzione data l’ipercompetizione. Un approccio basato sul modello delle 5 forze di Porter sarebbe di limitata utilità previsiva.
La forza mancante del modello Porter : Prodotti complementari
Altra critica al modello di Porter è la mancata considerazione dei prodotti complementari, prodotti complementari che, a differenza dei sostitutivi, aumentano il valore del prodotto e di conseguenza i profitti di un settore ( la disponibilità di cartuccie d’inchiostro per la mia stampante ne aumenta il valore per me). Quando i prodotti complementari tendono a identificarsi con il prodotto, essi hanno poco valore per i clienti come prodotti separati, in quanto i clienti valutano il sistema nel suo insieme, inoltre se due prodotti sono complementari, i profitti affluiscono al fornitore che riesce a costituire una posizione di mercato più forte.
Data l’importanza, per la maggior parte dei prodotti, dell’esistenza di prodotti complementari, la nostra analisi dell’ambiente competitivo deve tenerli in considerazione. Il modo più semplice consiste nell’aggiungere una sesta forza al quadro teorico di Porter.

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Il contributo della teoria dei giochi
La principale critica al modello delle cinque forze competitive di Porter è la sua staticità e l’incapacità di prendere pienamente in considerazione le interazioni competitive tra le imprese.
La teoria dei giochi ci consente di descrivere questa interazione competitiva, in particolare offre due contributi al management strategico: 1. Consente di collocare le decisioni strategiche in una cornice di riferimento,definita da: ▪ giocatori; ▪ opzioni di gioco; ▪ esiti (payoffs) derivati dalle combinazioni delle opzioni; ▪ sequenze decisionali.

2. Consente la previsione dell’esito delle situazioni competitive e delle scelte strategiche ottimali
La cooperazione
Nonostante l’intensa rivalità tra i concorrenti di un settore spesso le imprese si trovano a cooperare su diversi fronti ( Coca-cola e Pepsi-Cola cooperano sull’adozione di decisioni condivise per quando riguarda la vendita di bibite gassate all’interno delle scuole, i problemi ambientali e salute dei clienti) . In generale le imprese accettano di cooperare tra di loro con lo scopo di far crescere le dimensioni del mercato in cui operano.
La dissuasione
La dissuasione consiste nell’imporre agli altri attori dei costi, nel caso in cui adottino comportamenti considerati non desiderabili (taglio prezzi). Per essere efficace la dissuasione deve essere credibile.
Il commitment
È una strategia apparentemente irrazionale, in quanto implica l’eliminazione di opzioni strategiche: costringere un’organizzazione a un determinato corso degli eventi futuri. Se i propositi fanno emergere la disponibilità ad impegnarsi ad una strategia aggressiva si parla di Hard commitment, mentre se si manifestano propositi volti a evitare una concorrenza aggressiva si parla di Soft commitment.
I segnali
Sono comunicazioni selettive di informazioni ai concorrenti o ai clienti,destinate a influenzare la loro percezione e quindi mirate all’ottenimento di una particolare reazione (attacchi diversivi e informazioni false). La credibilità dei segnali dipende in modo decisivo dalla reputazione dell’azienda. Anche se l’attuazione di minacce contro i concorrenti è costosa e provoca una diminuzione della redditività a breve termine, può comunque far acquisire all’azienda una reputazione di aggressività tale da dissuadere i concorrenti in futuro.

Punti di forza teoria dei giochi: - Aiuta a comprendere le situazioni di concorrenza all’interno del settore individuando attori del gioco, scelte decisionali disponibili a ciascun giocatore. - Aiuta nello studio delle contromosse dei competitors.

Punti di debolezza teoria dei giochi: - fornisce previsioni chiare in situazioni fortemente stilizzate che implicano poche variabile esterne e ipotesi molto restrittive. - la sua applicabilità è più utile nello spiegare situazioni del passato che nella previsione di situazioni future. - tratta principalmente di situazioni con giocatori simili con opzioni strategiche analoghe.

Analisi dei concorrenti
La raccolta e l’analisi sistematica delle informazioni disponibili sulle aziende rivali per orientare il processo decisionale si propone tre scopi principali: 1. Prevedere le strategie e le decisioni future dei concorrenti 2. prefigurare le probabili reazioni di un concorrente alle iniziative strategiche di un’altra impresa 3. determinare come può essere influenzato il comportamento dei concorrenti per renderlo a noi più favorevole.
Per tutti questi scopi l’obiettivo principale è comprendere i concorrenti per prevedere le loro reazioni ai cambiamenti ambientali e alle nostre mosse competitive. Per comprendere i concorrenti bisogna avere informazioni a loro riguardo. Il confine tra raccolta legittima di informazioni sulla concorrenza e spionaggio industriale illegale è incerto ( multa da 100 milioni di dollari inflitta alla Mclaren-Mercedes per essere in possesso di informazioni segrete riguardante la Ferrari).

Michael Porter propone una analisi in quattro parti per prevedere il comportamento dei concorrenti: 1. L’attuale strategia dei concorrenti: per prevedere come un concorrente si comporterà in futuro, dobbiamo capire qual è la sua attuale strategia, in assenza di forze che spingano ad un cambiamento è ragionevole ipotizzare che l’impresa continuerà a competere in futuro con modalità analoghe a quelle presenti. 2. Gli obiettivi dei concorrenti: per prevedere in che modo un concorrente possa cambiare la sua strategia, dobbiamo individuare i suoi obiettivi. Importante capire se l’impresa concorrente miri a obiettivi di mercato ( strategia aggressiva) o redditività. 3. Le ipotesi del concorrente sul settore e su sé stesso: le decisioni strategiche di un concorrente sono condizionate da come esso vede se stesso e il settore. Ciò è importante per comprendere come il concorrente possa agire a cambiamenti esterni. 4. Le risorse e competenze dei concorrenti: valutare la pericolosità di un competitor richiede una stima dell’entità delle sue risorse e competenze. Se il nostro concorrente ha una grande risorsa finanziaria sarebbe imprudente scatenare un’eventuale guerra di prezzi iniziando per primi a ridurre i prezzi, viceversa se rivolgiamo le nostre iniziative contro i punti di debolezza dei nostri concorrenti, potrebbe essere difficile per essi rispondere.

Segmentazione del settore
Per un’analisi più dettagliata della concorrenza è necessario focalizzarsi su mercati più circoscritti in termini dia di prodotti sia geografici, questa disaggregazione dei settori in specifici mercati prende il nome di segmentazione. La segmentazione è importante se le situazioni competitive sono diverse nei singoli mercati all’interno di un settore così che alcuni risultano più attraenti degli altri.
Le fasi dell’analisi di segmentazione
Scopo dell’analisi di segmentazione è individuare i segmenti più attraenti, scegliere le strategie per i differenti segmenti e stabilire in quali segmenti operare. L’analisi si sviluppa in cinque fasi: 1. Identificare le varabili chiave di segmentazione: riguarda la determinazione di uno più criteri strettamente correlati tra loro di segmentazione, solitamente si fondano essenzialmente su scelte relative alle caratteristiche dei clienti o del prodotto. 2. Costruire una matrice di segmentazione: Scelti i criteri di segmentazione i singoli segmenti possono essere rappresentati tramite matrici a due o tre dimensioni. 3. Analizzare l’attrattività di segmento: L’analisi dell’attrattività di un settore può essere svolta comunque col modello delle 5 forze di Porter, purché nell’analizzare la pressione competitiva esercitata dai prodotti sostitutivi si considerino non soltanto i prodotti provenienti da altri settori ma soprattutto quelli provenienti da altri segmenti dello stesso settore. Le barriere di entrata di un segmento prendono nome di barriere di mobilità. 4. Identificare i fattori critici di successo del segmento: Consiste nell’analisi delle preferenze e dei criteri di acquisto dei clienti per individuare i fattori critici di successo del segmento. Nel segmento dei prodotti economici, i fattori critici di successo sono : produzione a basso costo ( Cina) e accordo di fornitura con una delle principali catene di vendita. 5. Selezionare il segmento obiettivo: La fase finale dell’analisi di segmento consiste nella decisione dell’azienda di specializzarsi in un segmento i competere in più segmenti.

Segmentazione per gruppi strategici
Un gruppo strategico è : un gruppo di imprese , all’interno di un settore, che persegue scelte strategiche uguali o simili con riferimento a date dimensioni, usate come base di classificazione. L’analisi dei gruppi strategici segmenta il settore sulla base delle strategie delle aziende che ne fanno parte. La tesi di fondo è che le barriere di mobilità tra i gruppi strategici consentono ad alcuni gruppi di imprese di realizzare costantemente profitti più elevati rispetto ad altri gruppi. Per esempio nel settore delle compagnie aeree europee, le compagnie a basso costo come Easy jet, Baltic Air, sky europee, volare e Ryanair perseguono strategie simili, ma per la maggior parte non competono sulle stesse tratte.

CAPITOLO 5 LE RISORSE E LE COMPETENZE COME BASE DELLA STRATEGIA

Resource-based view of the firm (RVB)
Nel corso degli anni ’90 , le correnti di pensiero che consideravano le risorse e competenze come base fondamentale delle strategie aziendali e fonte primaria di redditività, sono confluite in quella che è stata denominata resource-based view of the firm. La nascita della RVB trova spiegazione nell’elevato tasso di cambiamento nell’ambiente esterno, e quindi si ritiene che risorse e competenze interne possano rappresentare una solida base per la strategia a lungo termine. Con la RVB determina quindi uno spostamento dell’analisi dal rapporto dell’impresa con l’esterno , al rapporto con l’interno. La distinzione fra atrattività del settore e vantaggio competitivo (basato sulla superiorità delle risorse) come fonti di redditività di un’impresa corrisponde alla distinzione degli economisti tra differenti tipi di profitto ( rendite). I profitti derivanti da posizioni di supremazia nel mercato sono chiamati rendite monopolistiche, quelli derivanti dalla superiorità delle risorse possedute rendite ricardiane.
La strategia resource based suggerisce che la chiave della redditività non è l’imitazione del comportamento dei concorrenti, ma piuttosto lo sfruttamento delle differenze. La ricerca del vantaggio competitivo richiede quindi la formulazione e implementazione di una strategia che sfrutti le sole forze dell’impresa.
Le risorse dell’impresa: è importante distinguere le risorse e le competenze dell’impresa: le risorse sono i beni produttivi posseduti dall’impresa; le competenze sono ciò che un’impresa può e sa fare. Le singole risorse non conferiscono un vantaggio competitivo: esse devono essere integrate tra loro per creare le competenze organizzative.

Risorse tangibili: sono le risorse più semplici da identificare e da valutare: le risorse finanziarie e i beni materiali sono individuati e valutati nei bilanci. L’analisi delle risorse prevede la comprensione dello sfruttamento del loro potenziale per creare vantaggio competitivo, a tal fine dobbiamo rispondere a due quesiti fondamentali: 1. quali opportunità sussistono per realizzare economie nel loro impiego? Potrebbe essere possibile impiegare meno risorse per realizzare lo stesso volume di vendita, o le medesime risorse per realizzare un volume d’affari più elevato. 2. quali sono le possibilità per un migliore impiego delle risorse esistenti?
Risorse intangibili: per la maggior parte delle aziende le risorse intangibili rappresentano una quota molto più elevata del valore totale dei beni patrimoniali rispetto alle risorse tangibili. Tuttavia le risorse intangibili risultano poco visibili nei bilanci. I marchi sono tra le più importanti risorse intangibili in quanto costituiscono il patrimonio di reputazione dell’azienda, il cui valore è fondato sulla fiducia che ispirano ai clienti. Il valore del marchio si riflette nella differenza di prezzo che il consumatore è disposto a pagare rispetto a un prodotto non di marca. Come la reputazione anche la tecnologia è un bene intangibile ( brevetti, copyright, segreti industriali).
Risorse umane: Comprendono l’esperienza e lo sforzo fornito dai dipendenti. Come quelle intangibili, le risorse umane non appaiono nei bilanci aziendali, per la semplice ragione che l’impresa non è proprietaria dei propri dipendenti. La maggior parte dell’impresa dedica grande importanza alla valutazione delle proprie risorse umane, questa valutazione avviene sia al momento dell’assunzione, sia come parte di un continuo processo di valutazione al cui centro si trova l’esame annuale dell’operato del dipendente. Gli obiettivi di tale valutazione sono di quantificare la performance, allo scopo di stabilire retribuzioni e eventuali promozioni. Utile alla valutazione delle risorse umane è il modello di competenze che individua un profilo ideale in termini di competenze, conoscenze, attitudini e valori per una specifica categoria professionale e valuta poi ogni singolo dipendente rispetto a quel profilo. Importante il recente interesse all’intelligenza emotiva del dipendente, che riflette il crescente riconoscimento all’importanza delle qualità e dei valori psicologici e sociali.
Le competenze organizzative
Una competenza organizzativa è la capacità di un’impresa di destinare risorse per raggiungere un obiettivo finale desiderato. Ai fini del nostro studio a noi interessano soprattutto le competenze che possono costituire la base di un vantaggio competitivo. Selznick ha usato l’espressione competenze distintive per descrivere le attività che un organizzazione svolge con particolare abilità, rispetto ai suoi concorrenti. Hamel e Prahalad hanno invece coniato il termine competenze di base per indicare le capacità essenziali per la strategia e la performance di un’impresa. Secondo Hamel e Prahalad sono competenze di base quelle che: - contribuiscono in modo preponderante alla creazione del valore per il cliente - rappresentano le basi per entrare in nuovo mercato.
Per individuare le competenze di un ‘impresa generalmente vengono impiegati due approcci: 1. analisi funzionale: che identifica le competenze organizzative in relazione alle principali aree funzionali dell’impresa. 2. analisi della catena del valore: “ La catena del valore definisce il contributo delle singole attività aziendali alla definizione e allo sviluppo di un sistema di offerta in grado di creare valore per il mercato ed è supportata dalla tecnologia impiegata in azienda.”Tramite la rappresentazione della catena del valore di M. Porter si classificano le attività dell’impresa seguendo un percorso sequenziale. Porter distingue fra : ▪ attività primarie ( quelle che riguardano i processi di trasformazione degli input e l’interfaccia con il cliente) ▪ attività di supporto (quelli che non contribuiscono direttamente alla creazione dell'output ma che sono necessari perché quest'ultimo sia prodotto)

Catena del valore di Porter

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Attività primarie ▪ Logistica in entrata: comprende tutte quelle attività di gestione dei flussi di beni materiali all'interno dell'organizzazione. ▪ Attività operative: attività di produzione di beni e/o servizi. ▪ Logistica in uscita: comprende quelle attività di gestione dei flussi di beni materiali all'esterno dell'organizzazione ( Distribuzione) ▪ Marketing e vendite: attività di promozione del prodotto o servizio nei mercati e gestione del processo di vendita. ▪ Assistenza al cliente e servizi: tutte quelle attività post-vendita che sono di supporto al cliente (ad es. l'assistenza tecnica)
Attività di supporto ▪ Approvvigionamenti: l'insieme di tutte quelle attività preposte all'acquisto delle risorse necessarie alla produzione dell'output ed al funzionamento dell' organizzazione. ▪ Gestione delle risorse umane: ricerca, selezione, assunzione, addestramento, formazione, aggiornamento, sviluppo, mobilità, retribuzione, sistemi premianti, negoziazione sindacale e contrattuale, ecc. ▪ Sviluppo delle tecnologie: tutte quelle attività finalizzate al miglioramento del prodotto e dei processi. Queste attività vengono in genere identificate con il processo R&D (Research and Development). ▪ Attività infrastrutturali: tutte le altre attività quali pianificazione, contabilità finanziaria, organizzazione, informatica, affari legali, direzione generale, ecc.
Limiti del modello: Il modello originale di Porter si adatta prevalentemente a grandi organizzazioni che trattano la produzione di beni. Per le Organizzazioni diverse da quella di produzione di beni (servizi) è tuttavia possibile utilizzare il modello come un valido spunto per l'analisi dei processi. In tal caso occorre provvedere ad un adattamento del modello stesso all'organizzazione oggetto di studio.

Le routine organizzative: sono modelli di comportamento regolari e prevedibili che includono sequenze ripetitive di attività. Le imprese si sviluppano adattando e riproducendo routine. Come le competenze organizzative, le routine organizzative si sviluppano attraverso l’apprendimento sul campo, e sono basate sull’intesa reciproca tra i membri del team, un limite delle routine è però la poca flessibilità, infatti un impresa che opera con routine potrebbe trovarsi in grandi difficoltà in situazioni di cambiamento del mercato, in quanto dovrebbe reagire a situazioni alla quale non ha mai dovuto affrontare in passato.

Le gerarchia delle competenze: Le competenze possono essere disaggregate in competenze più specialistiche, in altri termini si crea una gerarchia delle competenze, in cui le competenze più ampie sono costituite attraverso l’integrazione di competenze più specialistiche.

Risorse, competenze e risultati economici
I profitti che derivano dall’impiego delle risorse e delle competenze dipendono da tre fattori: capacità di conseguire un vantaggio competitivo, capacità di mantenere tale vantaggio, capacità di sfruttare pienamente tale vantaggio competitivo.
Conseguimento del Vantaggio competitivo
Affinché una risorsa o una competenza possa determinare un vantaggio competitivo devono essere presenti due condizioni: ▪ Scarsità: una risorsa o competenza al fine di ottenere un vantaggio competitivo non deve essere largamente disponibile, bensì scarsa, in modo che non tutti possano attingere ad essa. ▪ Rilevanza: la risorsa deve essere rilevante in relazione ai fattori critici di successo del mercato, cioè deve essere determinante al fine del vantaggio competitivo.

Mantenimento del vantaggio competitivo
I profitti derivanti dalle risorse e dalle competenze non dipendono soltanto dalla capacità di creare un vantaggio competitivo, ma anche dalla capacità di mantenerlo nel tempo. Affinché ciò sia possibile le risorse devono essere durature, non imitabili dai rivali ( sono imitabili se sono trasferibili o replicabili) ▪ Durata:Le risorse più durevoli costituiscono una base più solida del vantaggio competitivo, visto i continui mutamenti tecnologici che accorciano la vita utile delle risorse. ▪ Trasferibilità: le risorse che creano base per il vantaggio competitivo sono quelle non trasferibili ( non acquisibili dai concorrenti). La non trasferibilità può dipendere da: non mobilità geografica, incompletezza di informazioni, complementarità fra più risorse, capacità organizzative. ▪ Replicabilita: Sono soprattutto risorse non replicabili quelle basate su routine organizzative, comunque sia anche quando la replicabilità è possibile le imprese con una consolidata presenza nel settore beneficiano dal fatto che risorse e competenze accumulate nell’arco di un lungo periodo di tempo sono spesso meno costose e più produttive rispetto a quelle accumulate rapidamente dagli imitatori. In questo caso si generano : efficienze di massa ( quando una posizione iniziale forte facilità l’accumulazione di risorse future) e diseconomie di compressione del tempo ( sono quei costi addizionali sostenuti dagli imitatori per accumulare rapidamente una risorsa).

Sfruttamento del vantaggio competitivo: Lo sfruttamento del vantaggio competitivo avviene tramite brevetti e marchi, importante anche il potere contrattuale relativo dei dipendenti: più una competenza si identifica nel singolo dipendente, più efficace è il potere contrattuale del dipendente che acquisisce una posizione di rendita. A differenza quanto più una competenza organizzativa è radicata nel sistema aziendale più debole è il rapporto del dipendente.

Applicazione pratica dell’analisi delle risorse e delle competenze

Fase 1 : individuazione delle risorse e delle competenze cruciali: Il primo passo consiste nell’individuare quali sono le risorse e competenze che rendono migliore la performance di un’impresa rispetto alle altre dello stesso settore.
Fase 2: valutazione delle risorse e competenze: In secondo luogo bisogna effettuare una valutazione delle risorse e competenze sulla base di due criteri fondamentali. Il primo è la loro importanza: quali sono le risorse e competenze più importanti per assicurare un vantaggio competitivo duraturo? Il secondo attiene all’analisi dei punti di forza e debolezza nel confronto dei concorrenti. Uno strumento utile a ciò è lo Benchmarking, che permette la valutazione quantitativa della perfomance in rapporto a quella dei propri concorrenti. Molte imprese non hanno successo perché sono prive di competenze distintive, ma per l’incapacità di individuarle e impiegarle nel modo più efficiente.
Fase 3: sviluppo delle implicazioni strategiche: questa fase consiste nello sviluppo della strategia, e bisognerà tener conto di : ▪ Sfruttare i principali punti di forza: assicurarsi che le risorse e competenze che costituiscono i punti di forza dell’azienda vengano impiegati nel modo più efficiente, ▪ Gestione dei punti deboli: Cercare nel lungo periodo di trasformare i punti deboli in punti di forza, spesso una soluzione può essere ad esempio l’esternalizzazione di delle funzioni che rappresentano punti deboli per l’azienda. Una strategia brillane può consentire ad un’impresa l’azzeramento dei suoi punti di forza. ▪ Gestione dei punti di forza superflui: Un modo per affrontare il problema può essere quello di diminuire i relativi investimenti, visto che nonostante siano punti di forza non incidono alla base del vantaggio competitivo.

CAPITOLO 6 LO SVILUPPO DELLE RISORSE E DELLE COMPETENZE

Relazione tra risorse e competenze
Vi è comunemente poca conoscenza del legame che intercorre tra risorse e competenze. Numerose ricerche dimostrano come le imprese che possiedono le migliori competenze non sono quelle che necessariamente posseggono la maggiore dotazione di risorse. Nel calcio europeo, squadre costituite con risorse modeste e senza acquistare calciatori di vertice ( Arsenal, Valencia) ottengono risultati migliori rispetto a club ricchi di star e costruite grazie a massicci investimenti economici ( Chelsea, Real Madrid).
In effetti la risorsa cruciale per lo sviluppo delle competenze è la presenza di dirigenti con conoscenze appropriate rispetto tale scopo. Importante inoltre è quindi l’utilizzo efficiente delle proprie risorse, più che la dimensione delle stesse. In molti casi possiamo far risalire le origini di una particolare competenza alle circostanze che hanno caratterizzato l’avvio o lo sviluppo iniziale dell’azienda, quindi la competenza organizzativa dipende dal percorso (Path dependent) : le competenze attuali di un’impresa sono il risultato della sua storia.

Integrazione fra risorse e competenze
Il coordinamento è l’essenza dell’operato delle organizzazioni e ne esistono due dimensioni: 1. dimensione informale : routine, modelli ripetitivi di attività ecc. 2. dimensione formale: gli individui con una specifica competenza devono essere collocati all’interno di una particolare unità organizzativa.

Competenze rigide: D. Leonard-Barton sostiene che le competenze chiave di un’impresa rappresentino allo stesso tempo rigidità chiave, in grado di inibire la capacità dell’impresa di accedere e sviluppare nuove competenze.
Competenze dinamiche: Il pensiero di Barton è stato criticato, soprattutto visti i comportamenti delle recenti aziende, infatti si sostiene che esistono competenze dinamiche: molte imprese sono capaci di adattarsi a circostanze di cambiamento. Questa stessa capacità può essere considerata una competenza organizzativa.

L’acquisizione di competenze: fusioni, acquisizioni e alleanze
Acquistare o fondersi con un’azienda che ha già sviluppato la competenza desiderata può rappresentare un modo per abbreviare il tortuoso processo di sviluppo delle capacità, tuttavia ciò comporta alcuni rischi rilevanti. Per iniziare le acquisizioni sono costose, visto il premio da riconoscere al venditore, inoltre ancora più importante, una volta completata l’acquisizione, l’impresa compratrice deve trovare un modo per integrare le competenze di quella acquisita con le proprie, e troppo spesso scontri culturali o incompatibilità fra i sistemi di gestione portano alla distruzione di quelle stesse competenze che l’impresa acquisitrice stava cercando. Questi costi e rischi contribuiscono a evidenziare i vantaggi delle alleanze strategiche. L’alleanza strategica rappresenta un rapporto di collaborazione fra imprese che comporta la condivisione delle risorse per il conseguimento di un obiettivo comune. Un problema cruciale posto all’avvio delle alleanze strategiche consiste nel chiarire se il loro obiettivo sia di avere accesso alle competenze dell’impresa partner ( lavorare quindi in comune per il raggiungimento di un obiettivo) o acquisire tali competenze ( scopo quello di conoscere le competenze altrui, spesso si ha una “competizione per le competenze”, che destabilizza la collaborazione). La gestione dei rapporti di alleanza strategica richiede quindi a sua volta una “ competenza relazionale”.

La gestione della conoscenza e “la Knowledge based view ”
L’idea che l’impresa sia costituita dall’assemblaggio di patrimoni di conoscenze il cui valore deriva dalla loro utilizzazione è nota come Knowledge based view of the firm.
Il contributo più utile della gestione della conoscenza alla gestione strategica di risorse e competenze è il riconoscimento del fatto che differenti tipi di conoscenza hanno caratteristiche molto diverse. Una distinzione fondamentale è:
Know-how: è per sua natura una conoscenza essenzialmente tacita: implica abilità che vengono espresse attraverso il loro utilizzo. La conoscenza tacita non può essere codificata in maniera immediata, diventa osservabile solo una volta applicata e può essere acquisita con la pratica, il suo trasferimento da un individuo all’altro, di conseguenza, è lento, costoso e incerto.
Knowing about: è una conoscenza essenzialmente esplicita: comprende fatti, teorie, e insieme di istruzioni. Chiaramente a differenza della conoscenza tacita può essere comunicata fra individui, nel tempo e nello spazio, ad un costo marginale irrisorio. Questa caratteristica rende la conoscenza esplicita un bene pubblico.
Questa distinzione ha conseguenze importanti ai fini strategici. E’ chiaro che la conoscenza esplicita a differenza della tacita non può essere considerata una base per un vantaggio competitivo duraturo vista la sua facile trasferibilità.

Processi relativi alla conoscenza che promuovono lo sviluppo di competenza
E’ cruciale operare una classificazione all’interno dei processi relativi alla conoscenza distinguendo fra quelli che si concentrano sull’acquisizione di nuova conoscenza, e quelli che sfruttano la conoscenza già esistente. Secondo J. March ciò definisce un trade-off fra esplorazione( le organizzazioni acquisiscono nuove conoscenze) e sfruttamento( le organizzazioni riutilizzano conoscenze già possedute).

La conversione della conoscenza
La teoria di Nonaka distingue fra tipi di conoscenza ( tacita e esplicita) e livelli di conoscenza ( individuale e organizzativa). Nonaka sostiene che la conversione della conoscenza da una forma tacita a una esplicita, e dal livello individuale a quello organizzativo, produce una spirale di conoscenza” mediante la quale il patrimonio di conoscenze di un’organizzazione (impresa) si amplia e s approfondisce. La conoscenza esplicita, per esempio, viene internalizzata in conoscenza tacita sotto forma di intuizione, routine, mentre la conoscenza tacita viene esternalizzata in conoscenza esplicita attraverso la codifica.

CAP 7 FORME ORGANIZZATIVE E SISTEMI DIREZIONALI : I FONDAMENTI DELL’IMPLEMENTAZIONE DELLA STRATEGIA

La formulazione della strategia deve tener conto delle capacità dell’organizzazione per realizzarla.
Intorno agli anni ’20 nasce l’impresa multidivisionale, i precursori furono Dupont e General motors. L’impresa multidivisonale è organizzata per prodotto, La Direzione generale di gruppo, guidata da un comitato esecutivo, è responsabile di strategia, collocamento e allocazione delle risorse, le responsabilità operative invece sono attribuite ai direttori delle divisioni. Secondo Mintzeberg ogni attività umana organizzata fa nascere due esigenze fondamentali e opposte: la divisione del lavoro in vari compiti e il coordinamento di questi compiti (da cui derivano i “costi di coordinamento”). Adams Smith affermava che la fonte essenziale di efficienza nella produzione è la specializzazione e soprattutto la divisione del lavoro in compiti separati. La specializzazione chiaramente ha un costo, più un processo produttivo è specializzato, più alti saranno i costi di coordinamento.
Il problema della cooperazione e del coordinamento
L’integrazione degli sforzi dei singoli specialisti comporta due problemi organizzativi: Il problema della cooperazione che consiste nell’allineare fra loro gli interessi di individui dotati di obiettivi discordanti, e il problema del coordinamento, secondo il quale, anche in assenza di obiettivi in conflitto, gli individui possono trovare difficoltà nell’armonizzare le proprie diverse attività.
La direzione aziendale dispone di numerosi meccanismi di controllo per conseguire l’allineamento degli obiettivi all’interno dell’organizzazione: ▪ Meccanismi di controllo: i più tipici sono attuati tramite l’attività di supervisione dei capi, tale attività include il monitoraggio dei comportamenti e delle prestazioni. La supervisione e il controllo esercitati in via gerarchica si fondano su incentivi sia positivi ( promozione) che negativi (licenziamento, rimozione dell’incarico) ▪ Incentivi di performance: collegano i premi ai risultati, nella categoria rientrano il cottimo, le provvigioni. Tali incentivi vengono definiti forti: perché collegano direttamente i premi all’output, e inoltre consentono anche il risparmio di costi di monitoraggio e supervisione. ▪ Valori condivisi: alcune organizzazioni riescono a conseguire elevati livelli di collaborazione a bassi livelli di conflittualità sugli obiettivi in quanto i propri membri operano nella condivisioni di alcuni valori ( comunità religiose, associazioni di volontariato)
Sono invece meccanismi di coordinamento: ▪ Norme e direttive: caratteristica dell’impresa è l’operare sulla base di contratti di lavoro, nel quale l’operario accetta di effettuare determinati compiti, in tal modo i dirigenti possono esercitare la propria autorità ricorrendo a regole generali e direttive specifiche ▪ Routine organizzative: in caso di attività ricorrenti, il coordinamento viene istituzionalizzato attraverso routine: sequenze regolari e prevedibili di azioni individuali coordinate. Sono il fondamento delle competenze organizzative. ▪ Adattamento reciproco: la forma più semplice di coordinamento implica l’adattamento reciproco degli individui impegnati in compiti correlati.

La gerarchia nella progettazione organizzativa
La gerarchia è la caratteristica fondamentale della struttura organizzativa. Essa rappresenta lo strumento principale che consente all’imprese di realizzare la specializzazione, il coordinamento e la cooperazione. Una visione sistemica della gerarchia mette in luce due vantaggi cruciali delle strutture gerarchiche: ▪ Risparmio sul coordinamento : La presenza di gerarchie in un gruppo autorganizzato, permette la riduzione dell’interazioni tra i componenti, che invece di interagire tra loro, dovranno semplicemente interagire personalmente ciascuno con il capo della gerarchia. ▪ Adattabilità: I sistemi gerarchici organizzati in sottosistemi presentano un certo grado di scomponibilità, presentando quindi una certa interdipendenza tra i vari sottosistemi.
Gerarchia e burocrazia
Secondo Max Webber, “ il padre della teoria dell’organizzazione”, la gerarchia era la caratteristica centrale del suo sistema di burocrazia che implicava : “ ogni ufficio di basso livello sotto il controllo e la supervisione di uno di livello più elevato”.
Il modello burocratico ha dominato per tutta la prima metà del diciannovesimo secolo. Presto , tuttavia, fu chiaro che i sistemi burocratici incentivavano anche all’inerzia, l’alienazione e deprimevano l’iniziativa individuale. Durante gli anni ’50 e ‘ 60, la scuola delle relazioni umane riconobbe che la cooperazione e il coordinamento si basavano sui rapporti sociali, soffocati dalla burocrazia. Burns e Stalker studiando imprese ingegneristiche fecero una distinzione tra imprese con forma meccanicistica che operano in ambienti stabili e forma organica che operano in ambienti meno stabili e meno formali :

| |MODELLO ORGANICO |MODELLO MECCANICO |
|CARATTERISTICHE |Il modello organico opera in ambienti imprevedibili, è |Il modello meccanico opera in ambienti stabili,|
| |caratterizzato da una notevole flessibilità: tutti |è dominato dalla burocrazia e quindi |
| |collaborano tra di loro e quindi vi è una molteplicità di |organizzato tramite gerarchie. |
| |interazioni. | |
|VANTAGGI |Notevole flessibilità, capacità di gestire anche |Grande efficienza derivante dalla |
| |situazioni imprevedibili derivanti dall’ambiente esterno |specializzazione e divisone del lavoro |
|SVANTAGGI |Il modello organico spesso vista la sua molteplicità di |Ha lo svantaggio di essere rigido: in seguito a|
| |interazioni tra i soggetti può causare confusione |situazioni di cambiamento dell’ambiente esterno|
| |all’interno dell’azienda. |la mancanza di flessibilità nell’adattarsi crea|
| | |problemi all’intero sistema. |

Ripensare alla gerarchia
Visti i limiti derivanti dalla rigidità del modello meccanico, è stato necessario rendere la gerarchia flessibile ai rapidi cambiamenti dell’ambiente esterno. Soluzioni organizzative possibili sono: riduzione dei livelli gerarchici;decentramento delle decisioni; promozione della comunicazione orizzontale; spostamento di ottica: dalla supervisione alla responsabilità.

Definizioni delle unità organizzative di una struttura gerarchica
Quando si crea una struttura gerarchica, quali sono i criteri in base ai quali gli individui vengono assegnati alle unità organizzative all’interno dell’impresa sono:
Compiti: le unità organizzative vengono create sulla base di compiti comuni: cioè i dipendenti che fanno lo stesso lavoro
Prodotti: se l’impresa offre molti prodotti, la struttura può fare riferimento ad essi.
Ubicazione geografica: nei casi in cui l’impresa serva una molteplicità di mercati locali, le unità organizzative possono essere determinate con riferimento a un criterio territoriale.
Processi: le unità organizzative possono essere determinate con riferimento ai processi: processo sviluppo del prodotto, processo di produzione.

I livelli di Interdipendenza di James Thompson
Per organizzare secondo le necessità di coordinamento e necessario comprendere la natura dell’interdipendenza all’interno di un’organizzazione. James Thompson ha distinto tre livelli di interdipendenza: ▪ Interdipendenza di gruppo ( debole) : gli individui operano indipendentemente, ma dipendono tutti dai risultati degli altri ▪ Interdipendenza sequenziale (intermedia) : l’output di un individuo rappresenta l’input dell’altro ▪ Interdipendenza reciproca ( intensa) : gli individui sono mutuamente dipendenti

LE STRUTTURE ORGANIZZATIVE
Struttura funzionale: Le imprese che operano in una sola area d’affari tendono ad essere organizzate per funzioni. Il raggruppamento di compiti funzionalmente simili offre vantaggi in termini di economie di scala, sviluppo e apprendimento delle conoscenze. Poiché l’integrazione funzionale si realizza al vertice dell’organizzazione, queste strutture premettono un elevato controllo centralizzato. Tuttavia anche le strutture funzionali comportano problemi di cooperazione e coordinamento, i vari dipartimenti funzionali sviluppano propri obiettivi, valori, norme di comportamento che rendono difficile l’integrazione tra le funzioni, e ciò crea maggiore carico di lavoro per la direzione centrale. Inoltre visto che il legame tra le diverse funzioni è forte, le opportunità di decentramento sono limitati. I veri problemi nascono se l’impresa amplia la sua gamma di prodotti, in tal caso è consigliata di una struttura divisionale basata sul prodotto.
Struttura multidivisionale: La struttura multi divisionale è basata sul prodotto. Il vantaggio principale è dato dalla possibilità di decentrare il processo decisionale. I legami all’interno sono deboli, le strategie a livello di area business e decisioni operative possono essere adottate a livello divisionale, mentre le direzione centrale si occupa della pianificazione di gruppo. La grande impresa divisionale è normalmente organizzata in tre livelli: direzione centrale, divisioni e le singole unità di business, ciascuna delle quali rappresenta un’attività distinta per la quale si formulano strategie e si redigono rendiconto finanziari.
Struttura a matrice: Le strutture organizzative che formalizzano il coordinamento e controllo tra più dimensioni sono denominate strutture a matrice. Il problema dell’organizzazione a matrice è che nel tempo tende a concentrare i sistemi formali di coordinamento e controllo su una sola dimensione, lasciando le altre dimensioni prevalentemente informali.

Sistemi direzionali di coordinamento e controllo
I sistemi direzionali forniscono i meccanismi di comunicazione, decisionali e di controllo che consentono alle imprese di risolvere i problemi connessi all’obiettivo di conseguire sia il coordinamento sia la cooperazione. Quattro sistemi direzionali sono di primaria importanza.
Sistemi informativi: gestiscono i flussi di informazione e i fondano sulla presenza di: un feedback informativo sulla performance del dipendente; la rete informativa, che permette un coordinamento volontario senza supervisione gerarchica.
Sistemi di pianificazione strategica: la maggior parte delle grandi aziende prevede un processo di pianificazione strategica regolare. Tale processo, è uno strumento importante per conseguire il coordinamento dell’impresa. Il piano strategico integrato spesso da un business plain contiene generalmente i seguenti elementi: - esplicitazione degli obiettivi che l’impresa mira a conseguire nel periodo di piano - Insieme di ipotesi e previsioni riguardanti i principali sviluppi dell’ambiente esterno - Valutazione qualitativa di come cambierà il profilo aziendale nel corso del piano. - Definizioni di una serie di azioni specifiche in ordine a decisioni e progetti. - Una serie di proiezioni economico-finanziarie
Sistemi di pianificazione finanziaria: Al centro della pianificazione finanziaria c’è il processo di budget. Esso concerne la definizione e il monitoraggio delle stime economico-finanziarie dei ricavi e dei costi in un periodo prefissato, sia riguardo l’impresa nel suo complesso, sia per le divisioni e i dipartimenti. I budget sono in parte anche un obiettivo per le performance aziendali.
Sistemi di gestione delle risorse umane: Gestiscono il sistema degli incentivi per l’allineamento degli obiettivi individuali con quelli dell’impresa, si occupano della gestione dei compensi, promozioni e punizioni, e della gestione del rendimento di quei compiti dove l’output individuale è di difficile identificazione .
Cultura di impresa come meccanismo di controllo: la cultura d’impresa comprende principi, valori e norme aziendali di comportamento che influenzano il modo di pensare e di comportarsi dei dipendenti. E’ radicata nelle culture nazionali, e può svolgere un ruolo importante nel facilitare sia la collaborazione sia il coordinamento.
CAP 8 LA NATURA E LE FONTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO

La creazione del vantaggio competitivo
Per comprendere come si manifesta il vantaggio competitivo, dobbiamo prima capire cosa sia. Una possibile definizione di base è la seguente: “ nel caso in cui due o più imprese competano all’interno dello stesso mercato, un’impresa possiede un vantaggio competitivo sui suoi rivali quando ottiene in maniera continuativa una redditività superiore”. Il vantaggio competitivo però non sempre si manifesta sottoforma di redditività: un’impresa può rinunciare ai profitti attuali per investire in quota di mercato, tecnologia, soddisfazione del cliente, o lussi per i dirigenti.
Il vantaggio competitivo si manifesta in presenza:
- Fonte di cambiamento esterno: al quale le imprese rispondono con un posizionamento strategico, ottenuto tramite le loro risorse e competenze. L’impatto del cambiamento esterno sul vantaggio competitivo dipende anche dalla capacità dell’impresa di reagire al cambiamento stesso, tale capacità è chiamata imprenditorialità. La capacità di reazione ad un cambiamento è la fonte più importante del vantaggio competitivo.
- Fonte di cambiamento interno: il cambiamento interno è generato dall’innovazione, quest’ultima non solo determina il vantaggio competitivo, ma fornisce una base per rovesciare il vantaggio competitivo delle altre imprese. Sebbene l’innovazione venga immaginata sottoforma di nuovi prodotti, una fonte cruciale di vantaggio competitivo è rappresentata dall’innovazione strategica: nuovi approcci al fare affari, compresi nuovi modelli di business. L’innovazione strategica può anche essere basta su una riprogettazione dei processi e su nuove forme di organizzazione.

Come formulare strategie innovative?
Nuovi settori: Alcune imprese lanciano prodotti che creano un mercato completamente nuovo, la creazione di nuovi mercati costituisce la forma più pura di strategia in grado di creare uno spazio di mercato senza rivali.
Nuovi segmenti di clientela: Anche la creazione di nuovi segmenti di clientela per prodotti già esistenti può consentire di accedere a nuovi e ampi spazi di mercati: Apple non ha inventato il pc, ma ha lanciato il mercato dei pc domestici.
Nuovi approcci alla creazione del valore per il cliente: Reinventando continuamente il proprio modello di business, promuovendo la diversità e comunicandola coerentemente ai propri stakeholder; Riconfigurando le catena del valore del settore.

La difesa del vantaggio competitivo
Il vantaggio competitivo acquisito è soggetto all’erosione da parte della concorrenza. La velocità con la quale tale vantaggio viene indebolito dipende dalla capacità dei concorrenti di lanciare una sfida attraverso imitazione o innovazione.
L’imitazione è la forma più diretta di concorrenza, per mantenere nel tempo il vantaggio competitivo quindi, è necessaria la presenza di barriere all’imitazione, chiamate da Rumelt “Meccanismi di isolamento”. Quanto più questi meccanismi sono efficaci, tanto più a lungo può essere difeso il vantaggio competitivo. Per individuare le fonti dei meccanismi di isolamento, dobbiamo esaminare il processo di imitazione competitiva. Per imitare con successo la strategia di un’altra impresa si devono soddisfare quattro condizioni:
1.identificazione (del vantaggio competitivo del concorrente);
2.incentivo (ovvero l’impresa deve ritenere che investendo nell’imitazione anch’essa potrà ottenere un rendimento superiore a quello attuale;
3.diagnosi (della strategia rivale);
4.acquisizione delle risorse (per attuare l’imitazione).

La tabella mostra i vari stadi e le forme di isolamento relative a ogni stadio:

|REQUISITI PER L’IMITAZIONE |MECCANISMI DI ISOLAMENTO |
|Identificazione |Occultare risultati eccellenti, consiste nel nascondere la redditività superiore alla media dell’impresa (|
| |più facile per le non quotate in borsa |
|Incentivo |Scoraggiare l’imitatore tramite: |
| |-Dissuasione: segnalare intenzioni aggressive agli imitatori |
| |-Anticipazione: sfruttare tutte le opportunità di investimento disponibili: proliferazione di varietà |
| |prodotti, molteplicità dei brevetti, forti investimenti nella capacità produttiva. |
|Diagnosi |Utilizzare tutte le fonti di vantaggio competitivo per determinare “ambiguità causale”: quanto più il |
| |vantaggio competitivo di un’impresa è basato su un complesso di risorse e competenze più l’imitabilità per|
| |i concorrenti sarà incerta |
|Acquisizioni di risorse |Basare il proprio vantaggio competitivo su risorse e capacità Non trasferibili e non replicabili |

Le tipologie di vantaggio competitivo : Costo e Differenziazione
Due sono i modi in cui un’impresa può realizzare maggiori profitti dei concorrenti: 1. fornendo un’ identico prodotto o servizio a un prezzo inferiore;
2. fornendo un prodotto o servizio differenziato in modo tale che il cliente sia disposto a pagare un differenziale di prezzo maggiore del costo della differenziazione.
Nel primo caso, l’impresa ha un vantaggio di costo, nel secondo caso un vantaggio di differenziazione.
Le due fonti di vantaggio competitivo definiscono due approcci fondamentali e differenti alla strategia di business.
Porter considera la leadership di costo ( vantaggio di costo) e la differenziazione ( vantaggio di differenziazione) come strategie che si escludono reciprocamente. Tuttavia al giorno d’oggi nuove tecniche di management hanno reso possibile riconciliare le due strategie. Per esempio, la gestione della qualità totale ha smentito la leggenda secondo la quale esisteva un conflitto fra qualità elevata e basso costo.

CAP 9 LA LEADERSHIP DI COSTO – VANTAGGIO DI COSTO

La leadership di costo è una strategia competitiva che indica nel vantaggio di costo la principale fonte del vantaggio competitivo in un settore. L’obiettivo della strategia è appunto quello di ottenere una maggiore efficienza di costo rispetto alle imprese concorrenti al fine di poter posizionare la propria impresa come Price leader in un determinato settore, ovvero essere l’azienda che vende un determinato prodotto al prezzo più basso. Affinché si possa adottare una strategia di leadership di costo è chiaro che l’impresa debba agire in un settore-mercato, in cui il prodotto sia standardizzato, cioè una commodity ( es: posate di plastica), infatti è solo nel caso in cui il consumatore effettua la propria scelta solo sulla base del prezzo e non della qualità del prodotto che la strategia di leadership di costo possa risultare vincente. Durante gli anni ’70 e ’80 , l’analisi del vantaggio di costo si concentrò sulla curva di esperienza, che relaziona i costi unitari con il volume complessivo della produzione, nello specifico il Boston Consulting Group( BCG) osservò una regolarità nella riduzione dei costi unitari associata all’incremento della produzione cumulata: il costo unitario del valore aggiunto ( dato dal costo totale per unità di produzione meno il costo dei componenti e dei materiali di approvvigionamento per unità di produzione) di un prodotto si riduce, secondo una percentuale normalmente compresa tra il 20 e 30%, ogni volta che la produzione cumulata raddoppia. I fattori principali dei costi unitari di un’impresa sono i seguenti, che prendono l’espressione di determinanti di costo: 1. Le economie di scala: si manifestano quando un aumento degli input impiegati nel processo produttivo provoca una riduzione del costo unitario. Esse derivano da tre fonti principali: - relazioni tecniche tra input- output: in molte attività, aumenti di output non richiedono aumenti proporzionali di input; - Indivisibilità: Molte risorse e attività sono indivisibili, pertanto generano economie di scala le imprese che sono in grado di distribuire i costi di queste risorse su volumi di output più elevati; - Specializzazione: una maggiore scala di produzione permette di realizzare una specializzazione delle mansioni più articolata,che si manifesta in una divisione del lavoro più spinta, la specializzazione promuove l’apprendimento, evita le perdite di tempo favorendo l’automazione. 2. Le economie di apprendimento: Un’impresa che sfrutta la ripetizione di mansioni e le routine organizzative è in grado di ottenere vantaggi di costo in termini di tempo e affidabilità del prodotto ( evitare costi per difettosità dei prodotti) 3. Progettazione del processo e riconfigurazione dei processi aziendali: Un processo è superiore a un altro quando, per ciascuna unità di prodotto, impiega una minor quantità di uno specifico input senza utilizzare maggiori quantità di altri fattori. Una nuova tecnologia di processo, o spesso anche la sola riorganizzazione del processo può ridurre radicalmente i costi, permettendo lo sfruttamento del vantaggio competitivo di costo. 4. Progettazione del prodotto: La progettazione di prodotto tesa a facilitare il processo produttivo può offrire un sostanziale risparmio di costo. 5. Utilizzazione della capacità produttiva: Una migliore utilizzazione della capacità produttiva è determinante per ottenere una efficienza di costo, infatti per esempio la sottoutilizzazione causa un aumento del costo unitario, perche i costi fissi devono essere ripartiti su un minor numero di unità di prodotto. Allo stesso tempo anche operare al di sopra della propria capacità produttiva crea delle inefficienze, in quanto aumenta i costi unitari a causa della remunerazione del lavoro straordinario, aumento costi manutenzione ecc. 6. Costi di approvvigionamento: La determinazione di un prezzo più basso deriva senza dubbio dai costi di approvvigionamento, cioè i costi per disporre degli input. Spesso le imprese di uno stesso settore non pagano lo stesso prezzo per disporre di input identici. Ciò deriva da differenze nei prezzi dovute alla localizzazione geografica, lavoro non sindacalizzato, differenza del potere contrattuale tra imprese dello stesso settore. 7. Efficienza residuale: dipende dalla capacità dell’impresa di eliminare le risorse in eccesso, ovvero tutti quei costi superflui che impediscono all’impresa di operare in condizioni di massima efficienza. Eliminare questi costi è difficile, le aziende che ci riescono sono quelle che hanno incorporato nella loro cultura aziendale la ricerca dell’efficienza di costo ( Ikea, Ryanair) 8. Economie di scopo: si ottiene un’efficienza di costo dalla produzione congiunta di due prodotti, in questo modo l’impresa ripartisce i costi fissi su maggiori output. 9. Economie re plicative: L’impresa tramite la replicazione del proprio prodotto ottiene economie di scala, ciò avviene nel caso delle case editrici, discografiche.

Oltre al controllo delle determinanti di costo, al fine di poter adottare una strategia di leadership di costo è importante anche la configurazione della catena del valore di Porter dell’impresa. Lo stesso Porter afferma che un'impresa ha un vantaggio di costo se i suoi costi cumulati per realizzare tutte le attività generatrici di valore sono più bassi di quelli dei suoi concorrenti. E’ necessaria quindi ai fini di ottenere un vantaggio di costo l’analisi dei costi di ogni attività dell’impresa. Per effettuare ciò è necessario la disaggregazione della catena del valore al fine di poter individuare: • L’importanza relativa di ciascuna attività in rapporto al costo totale; • Le determinanti di costo di ciascuna attività; • L’influenza dei costi di un’attività sui costi di un’altra attività; • Le attività da svolgere all’interno dell’impresa e le attività che dovrebbero essere svolte all’esterno ( esternalizzazione: l’azienda deve valutare se è più conveniente affidare a terzi lo svolgimento di un’attività, ad esempio distribuzione, controllo).

L’adozione e il relativo successo da parte di un’impresa di una strategia di leadership di costo, determina la redditività-attrattività di un settore. Infatti, per esempio trattandosi di un settore di un prodotto standardizzato, per i nuovi entranti nel settore è chiaro che debbano valutare bene se possano competere con l’impresa price leader in termini di costi di produzione del prodotto, visto che magari l’impresa price leader sfrutta un vantaggio di costo derivante dal fatto che sia entrata per prima nel settore, le imprese entranti inoltre,dovranno progettare una catena del valore che sia più efficiente rispetto le imprese concorrenti. In definitiva l’esistenza di un’impresa che abbia una leadership di costo può scoraggiare l’ingresso nel settore in particolare, riducendone quindi l’attrattività.

CAP 10 IL VANTAGGIO DELLA DIFFERENZIAZIONE

Un’impresa si differenzia dai propri concorrenti “quando offre qualcosa di unico e apprezzato dagli acquirenti, che va ben oltre la semplice offerta a basso prezzo”. Il vantaggio della differenziazione si realizza quando un’impresa riesce a conseguire, grazie alla differenziazione, un premio sul prezzo che eccede il costo sostenuto per realizzarla. Tutte le imprese hanno l’opportunità di differenziare la propria offerta al cliente, anche se in misura differente a seconda delle caratteristiche del prodotto, è chiaro che un’automobile offre più possibilità di differenziazione rispetto ad un prodotto standardizzato come lo zucchero o il grano, quest’ultimi prodotti prendono il nome di commodity.
La differenziazione si divide in : differenziazione dal lato dell’offerta (l’impresa) che indica ciò che l’impresa può fare per creare un prodotto unico nel suo genere; e differenziazione dal lato della domanda ( clienti) che indica ciò che i consumatori-clienti vogliono, la differenziazione per essere profittevole: deve essere riconosciuta dal cliente e creare valore per il cliente.
Nell’analisi delle opportunità di differenziazione, una distinzione fondamentale è quella tra aspetti Tangibili e intangibili. La differenziazione tangibile riguarda le caratteristiche visibili del prodotto o del servizio che assumono rilievo nelle preferenze dei consumatori: la forma, il peso, il colore o anche performance in termini di affidabilità, sapore, velocità, sicurezza. Le opportunità di differenziazione intangibile nascono perché il valore che percepisce il cliente non dipende esclusivamente dai suoi aspetti tangibili, considerazioni sociali, emotive psicologiche, il desiderio di status esclusività ( possedere Iphone Apple) sono determinanti ai fini della scelta del consumatore. La differenziazione d’immagine è molto importante per quei prodotti che qualità e performance sono difficili da individuare al momento dell’acquisto come per esempio : profumi, cosmetici, questi prodotti vengono chiamati “experience goods”.
La differenziazione rappresenta una base del vantaggio competitivo più sicura rispetto al vantaggio di costo. La crescita della concorrenza internazionale ha rivelato quanto fossero fragili le posizioni apparentemente solide di leadership di costo. Il vantaggio di costo è molto vulnerabili anche rispetto a fattori imprevedibili o alla introduzione di nuove tecnologie. Ne risulta pertanto che una redditività sostenibile nel lungo periodo deriva dalla leadership basata sulla differenziazione.

L’analisi della differenziazione : la domanda
L’analisi della domanda ci consente di determinare le caratteristiche del prodotto che permettono di creare valore per i clienti, la disponibilità dei clienti a pagare per avere un bene differenziato. L’elemento fondamentale per una differenziazione di successo è : capire i consumatori.
Vi sono diverse tecniche per analizzare le preferenze dei consumatori rispetto a determinati attributi di prodotto: ▪ Multidimensional scaling: permette di rappresentare graficamente le percezioni dei consumatori sulle somiglianze e differenze esistenti tra prodotti concorrenti, e di interpretare le dimensioni dell’analisi in termini di caratteristiche fondamentali del prodotto ▪ Conjoint analysis: è uno strumento efficace per analizzare l’intensità delle preferenze del consumatore per i diversi attributi del prodotto. La tecnica comporta dapprima l’identificazione degli attributi critici del prodotto, e in secondo luogo la classificazione dei prodotti ipotetici che possiedono differenti combinazioni di tali caratteristiche. I risultati possono essere usati per capire quanti clienti preferirebbero un nuovo ipotetico prodotto ad altri prodotti concorrenti già sul mercato. La conjoint analysis è utile per la progettazione di nuovi prodotti ▪ Analisi prezzi edonistici: La domanda di un prodotto può essere vista come la domanda per le caratteristiche costitutive del prodotto stesso. Il prezzo di un prodotto viene calcolato come la somma complessiva del valori derivanti da ciascuna di queste caratteristiche individuali. L’analisi dei prezzi edonistici studia le differenze di prezzo tra prodotti concorrenti e calcola il prezzo di mercato implicito di ogni caratteristica. ▪ Analisi della curva del valore: La scelta della combinazione ottima di caratteristiche di prodotto dipende: da ciò che il cliente apprezza; da ciò che la concorrenza già fornisce. La curva del valore identifica le combinazioni innovative di caratteristiche del prodotto che possono creare un nuovo spazio di mercato per l’impresa. ▪ Ruolo dei fattori sociali e psicologici: Una ricerca di mercato che vada oltre le caratteristiche del prodotto deve considerare fattori sociali e psicologici che influiscono nella scelta del consumatore. Per la maggior parte dei beni, il valore del marchio dipende più dallo status e dell’identità che dalla performance tangibile del prodotto. Harley-Davidson riconosce esplicitamente che la sua attività consiste nel vendere uno stile di vita, non un mezzo di trasporto.

I fattori di unicità di Porter
La differenziazione consiste nell’offrire unicità. Porter individua una serie di fattori di unicità che costituiscono le variabili decisionali dell’impresa. ▪ Caratteristiche e prestazioni del prodotto ▪ Servizi complementari ( consegna, riparazione) ▪ Intensità delle attività di marketing ( livello investimenti pubblicitari) ▪ Tecnologia impiegata nella progettazione e produzione ▪ Qualità input-output ▪ Procedure che influenzano la gestione di ciascuna attività ( per esempio rigore nel controllo qualità) ▪ Competenze ed esperienze dei dipendenti ▪ Collocazione geografica ▪ Livello integrazione verticale

Integrità del prodotto: Si riferisce alla coerenza della differenziazione di un’impresa; indica la misura in cui un prodotto riesce a realizzare un equilibrio complessivo tra le diverse caratteristiche. Dalla coerenza interna ed esterna dipende credibilità del presenza .

Segnali e reputazione: Quanto più è difficile valutare la prestazione prima dell’acquisto di un prodotto, tanto è più importante il ruolo dei segnali. I segnali sono utili al fine di creare un’ottima reputazione dell’azienda, le strategie per creare reputazione hanno fatto emergere alcune considerazioni: I segnali di qualità sono importanti per i prodotti il cui il livello qualitativo può essere valutato solo dopo l’acquisto; l’investimento pubblicitario è un mezzo efficace per segnalare un alto livello di qualità.

Marchi:Per molte imprese produttrici di beni di consumo, il marchio è l’attività patrimoniale più importante. Funzioni dei marchi: garanzia di responsabilità, incentivo a mantenere la qualità del prodotto, grande rilevanza nel commercio elettronico .

Costi della differenziazione: la differenziazione comporta maggiori costi. I costi diretti della differenziazione comprendono gli input per garantire la maggiore qualità, la migliore formazione dei dipendenti, costi di promozione più elevati, migliore assistenza post-vendita. I costi indiretti della differenziazione derivano dall’interazione delle variabili di differenzazione con le variabili di costo. Se la differenziazione circoscrive l’ambito di mercato e di prodotto dell’impresa , po’ limitare anche lo sfruttamento delle economie di scala o di apprendimento. Un modo per conciliare differenziazione con efficienza di costo è posticipare la differenziazione negli stadi finali della catena del valore dell’impresa.

CAP 11 L’EVOLUZIONE DEL SETTORE E IL CAMBIAMENTO STRATEGICO

Tutto è costantemente in evoluzione, l’ambiente economico in cui operano le imprese in particolare. La sfida più grande del management consiste nel fare in modo che l’azienda sia in grado di adattarsi ai mutamenti che si verificano nel suo ambiente.
Cosa determina il cambiamento del settore? ▪ Concorrenza: comportamento delle altre imprese ▪ Domanda: comportamento dei consumatori ▪ Tecnologia: endogena( strategie competitive delle imprese) esogena ( le imprese la recepiscono dall’esterno) ▪ Fattori di contesto: tutti gli altri fattori che possono incidere nel cambiamento es: politici ( una nuova legge)
E’ possibile prevedere il cambiamento? Dipende dall’informazione, dal livello di conoscenza delle imprese.
Reazione dell’imprese al cambiamento? Paura, incertezza, inerzia
Atteggiamento dell’imprese al cambiamento? ▪ Passivo: subisce il cambiamento ▪ Adattivo: tenta di adeguarsi al cambiamento ▪ Attivo: governa il cambiamento ▪ Proattivo: anticipa, promuove il cambiamento

Il ciclo di vita di un settore
Il ciclo di vita di un settore è l’equivalente del ciclo di vita del prodotto dal lato dell’offerta. Quindi, nella misura in cui un settore produce una gamma e una sequenza di prodotti, è probabile che il ciclo di vita del settore abbia durata superiore a quella dei singoli prodotti.
Il ciclo di vita presenta quattro stadi che al suo interno sono influenzati dal tasso di crescita del settore nel tempo. Il profilo caratteristico di tale sviluppo è rappresentabile con una curva a S.

Introduzione Sviluppo Maturità Declino
|[pic] |

V
E
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E TEMPO
Analisi delle fasi

▪ Introduzione: La concorrenza sarà molto limitata. Le vendite sono limitate e il tasso di penetrazione del mercato è basso, perché i prodotti sono poco noti e il numero dei clienti è limitato. Importante in questa fase l’innovazione del prodotto, prodotto che all’inizia sarà in continua evoluzione in cerca di un modello dominante. La produzione avverrà in piccole quantità, la manodopera e la distribuzione è specializzata. La commercializzazione del prodotto avverrà nei paese economicamente più avanzati ▪ Sviluppo: questa fase è caratterizzata da una penetrazione del mercato sempre più rapida, via via che i miglioramenti tecnologici e l’aumento dell’efficienza consentono di accedere al mercato di massa. Emerge un modello dominante di prodotto e in questa fase iniziano ad esserci più concorrenti nel settore. La manodopera e la distribuzione non sono più specializzate, Il prodotto viene commercializzato nel resto del mondo. ▪ Maturità: Si ci trova nel vero e proprio mercato di massa, dove i clienti sono sensibili al prezzo. In questa fase è molto importante la continua ricerca di un’innovazione di processo e miglioramenti tecnologici. Il prodotto è ampiamente standardizzato, si cerca la differenziazione tramite marchio, qualità , vendita a pacchetto. La produzione avviene in grandi quantità. ▪ Declino: Questa fase è caratterizzata da una forte riduzione di domanda. Vi è poca innovazione di processo e di prodotto. Eccesso cronico di capacità produttiva, si ritorna alla distribuzione per canali specializzati. Avviene un’esportazione del prodotto nei paesi con i costi più bassi di lavoro e si lotta con la concorrenza con vere e proprie guerre di prezzo.
Definizioni di Modello dominante e standard tecnico
Un modello dominante è un architettura di prodotto che definisce l’aspetto, la funzionalità e il metodo di produzione di un bene, accettata dal settore nel suo complesso.
Uno standard tecnico è una tecnologia o una specificazione importante per la compatibilità. Un modello dominante potrebbe incorporare uno standard tecnico.

Dall’innovazione di prodotto all’innovazione di processo
L’emergere di un modello dominante segna un punto di svolta nel processo di evoluzione di un settore. Non appena un settore si aggrega a un modello o tecnologia dominante, avviene il passaggio dall’innovazione radicale a quella incrementale del prodotto. Un’innovazione di processo può comportare: riduzione di costi, migliore disponibilità del prodotto, aumento del tasso di penetrazione del mercato.

Teorie evoluzionistiche
Ecologia delle organizzazioni: I settori si sviluppano e crescono attraverso nuovi ingressi: stimolati dal desiderio di imitare il successo delle prime imprese entrate. Secondo questa teoria il processo di competizione mette in moto un meccanismo di selezione: le imprese le cui caratteristiche rispondono alle esigenze dell’ambiente in cui operano possono attirare risorse, mentre quelle che non lo fanno vengono eliminate. Sopravvive quindi chi si “adatta”.
L’economia evoluzionistica e routine organizzative: ritiene che i principali agenti dell’evoluzione siano le singole imprese stesse. Il processo di variazione, selezione, assimilazione ha luogo a livello delle routine organizzative, provocando l’abbandono di quelle che non hanno successo e inducendo la replica all’interno di quelle che lo hanno. Chiaramente quanto più sono sviluppate le routine, tanto più è difficile svilupparne di nuove, di conseguenze le imprese sono vittime di trappole organizzative nelle quali le “competenze cruciali” si trasformano in “rigidità cruciali”.

Le tecnologie di rottura
La capacità di un’impresa di adattarsi al cambiamento dipende dalla natura del cambiamento stesso.
Alcuni mutamenti valorizzano le competenze delle aziende, altri possono distruggerle o vanificarle.
Clay Christensen sostiene che la capacità delle imprese consolidate di adattarsi con successo alla nuova tecnologia dipende dal fatto che quest’ultima sia di rafforzo, cioè che arricchisca le caratteristiche di performance già presenti, oppure, di rottura, cioè presentano caratteristiche radicalmente diverse da quelle esistenti. Anche le imprese esistenti riconoscono il potenziale di una nuova tecnologia: spesso però non riescono a ottenere le competenze per adottarla e svilupparla con successo. A volte il first mover ( colui che effettua la prima mosssa) che adotta una tecnologia di rottura non trova beneficio economico dalla sua operazione di introduzione.

La gestione basata su una strategia duale
Il problema da considerare per un’impresa è quello di in che modo gestire le attività che ha attualmente in corso e allo stesso tempo sviluppare nuove iniziative che formeranno la base delle sue attività in futuro. Alla luce della sfida complessiva rappresentata dal competere oggi e allo stesso tempo sviluppare risorse, competenze necessarie per poter competere in futuro tutte le imprese devono perseguire strategie duali: che prevede una pianificazione a breve termine che si concentra sui risultati e sull’adattamento strategico relativi a un periodo di uno o due anni, e una pianificazione a più lungo termine, necessaria per sviluppare una visione, ristrutturare il portafoglio delle attività aziendali. Dato che le imprese preferiscono utilizzare le risorse e le competenze di cui già dispongono per approfittare delle opportunità di cui sono a conoscenza, la sfida per l’alt dirigenza consiste nel spostare l’enfasi sullo sviluppo di nuove opportunità e competenze per il futuro.

CAP 12 TECNOLOGIA E GESTIONE DELL’INNOVAZIONE

Il vantaggio competitivo nei settori ad alta tecnologia
Il collegamento principale fra la tecnologia e il vantaggio competitivo è rappresentato dall’innovazione. Le imprese investono in innovazione perché sono alla ricerca del vantaggio competitivo; ed è l’innovazione che è responsabile sia della nascita di nuovi settori, sia dal fatto che alcune aziende giungono a dominare i propri.
Invenzione: è la creazione di nuovi prodotti e nuovi processi attraverso lo sviluppo di nuova conoscenza o nuove combinazioni delle conoscenze esistenti.
Innovazione: è la commercializzazione iniziale di un’invenzione attraverso la produzione e la vendita di un nuovo bene o servizio, o attraverso l’utilizzo di un nuovo metodo di produzione. Una volta introdotta un’innovazione si diffonde: dal lato della domanda con l’acquisto dei beni e dei servizi da parte dei clienti, dal lato dell’offerta con l’imitazione da parte dei concorrenti

Redditività dell’innovazione
La redditività di un’innovazione per il suo autore dipende dal valore creato dall’innovazione e dalla percentuale di quel valore di cui l’innovazione riesce ad appropriarsi. Il valore creato dall’innovazione di distribuisce tra una molteplicità di parti differenti. I soggetti possono trarre beneficio da un’innovazione sono: Clienti, Innovatore, fornitori, imitatori. Ogni soggetto trae il proprio beneficio in funzione del regime di appropriabilità.L’espressione regime di appropriabilità è utilizzata per descrivere le condizioni che influenzano la distribuzione della redditività derivante dall’innovazione. In un regime di appropri abilità forte, l’innovatore è in grado di catturare una quota sostanziale del valore creato, al contrario di un regime di appropri abilità basso dove le altre parti in causa ottengono gran parte del valore. Quattro sono i fattori fondamentali che determinano la misura in cui gli innovatori sono in grado di appropriarsi del valore delle proprie innovazioni: diritti di proprietà, codificabilità e complessità della tecnologia, il vantaggio temporale e le risorse complementari.
Diritti di proprietà nell’innovazione: L’appropriazione di rendimenti derivanti dall’innovazione dipende in gran parte dalla capacità di affermare diritti di proprietà sull’innovazione stessa. Ne fanno parte: ▪ Brevetti: che attribuiscono diritti esclusivi su un prodotto, processo o progetto che sia nuovo e utile. ▪ Diritti d’autore: assegnano diritti esclusivi di produzione, pubblicazione, vendita ai creatori di lavori artistici, letterari, musicali ecc. ▪ Marchi: simboli, parole o segni utilizzati per distinguere il proprio prodotto o azienda. Vengono registrati ▪ Segreti industriali: che offrono una modesta tutela legale per ricette, formule, processi industriali e conoscenze sviluppate nello svolgimento dell’attività di business.
Pur tutelando i diritti di proprietà brevetti e diritti d’autore hanno lo svantaggio di rendere pubblica l’informazione, per questo spesso le aziende ricorrono a segreti industriali.
Codificabilità: In assenza di un’efficace tutela legale, la misura in cui un’innovazione può essere imitata dipende dalla facilità con cui la tecnologia può essere codificata e quindi replicata. Un’innovazione più è complessa e difficile da codificare, più alte sono le possibilità che non venga imitata.
Vantaggio temporale “lead time”: Il lead time è il tempo necessario di cui gode l’innovatore affinché venga raggiunto dagli imitatori. La sfida per l’innovatore è quindi quella di usare il vantaggio iniziale in termini di tempo per costruire le competenze e la posizione di mercato per consolidare la leadership del settore, trasformando magari tale vantaggio in vantaggio di costo. Il lead time infatti consente ad un’impresa di percorrere la propria curva di apprendimento prima dei concorrenti.
Risorse complementari: Sono le risorse e le capacità necessarie per finanziare, produrre e commercializzare l’innovazione. Non sempre infatti l’innovatore dispone di queste risorse, alle quali è possibile accedere attraverso alleanze con altre imprese. In tal caso fondamentale è la natura della risorsa, se è specializzata darà maggiore potere nella spartizione del valore ai fornitori, se è generica permettono all’innovatore di appropriarsi maggiormente del valore.

Scelte alternative per lo sfruttamento dell’innovazione

| |LICENZA |ESTERNALIZZAZIONE DI DETERMINATE |ALLEANZE STRATEGICHE |JOIN VENTURES |COMMERCIALIZZAZIONE |
| | |FUNZIONI | | |INTERNA |
|RISCHIO E |Investimento ha rischio |Limita gli investimenti di capitale |Benefici della |Condivisione del |Elevato livello di |
|REDDITIVITA’ |ridotto ma anche la |ma può generare una dipendenza |flessibilità, rischi |rischio |investimento necessario e |
| |redditività è modesta. |fornitori/partner |derivante dalla struttura |dell’investimento. |rischi conseguenti. |
| |Rischio che il | |informale |Possibilità di |Benefici derivanti dal |
| |licenziatario abbia scarsa| | |disaccordo tra i |controllo |
| |motivazione o rubi | | |partner e scontro di| |
| |l’innovazione | | |culture | |
|FABBISOGNO RISORSE |Scarso |Consente di accedere alle risorse e |Consente di riunire le risorse e le competenze |Fabbisogno considerevole |
| | |competenze esterne |di più di un’impresa |in termini di finanza e |
| | | | |competenze. |

Innovatori o imitatori: la scelta del tempo
Il vantaggio dell’essere fra i primi ad entrare in un settore dipende dai seguenti fattori: 1. possibilità di tutelare l’innovazione attraverso diritti di proprietà e/o lead time: se è possibile difendere l’innovazione attraverso brevetti, diritti d’autore o vantaggio temporale dell’apprendimento, essere pionieri è certamente vantaggioso. 2. Importanza delle risorse complementari: quanto maggiore è l’importanza delle risorse complementari per lo sfruttamento di un’innovazione, tanto maggiori sono i costi e i rischi assunti dall’impresa innovatrice. 3. Il potenziale per la creazione di standard tecnici: Quanto maggiore è l’importanza degli standard tecnici, tanto più grandi sono i vantaggi associati nell’essere fra i pionieri e poter influenzare questi standard, acquisendo così il controllo del mercato necessario a raggiungere una posizione di leadership. Una volta fissato uno standard, infatti, la sua sostituzione diventa assai difficile.

La gestione del rischio nei settori emergenti
Due sono le fonti principali di incertezza nei settori emergenti:
Incertezza tecnologica: che discende dall’imprevedibilità dell’evoluzione tecnologica e dalle complesse dinamiche attraverso cui sono selezionati gli standard tecnici o modelli dominanti.
Incertezza del mercato: relativa alle dimensioni e ai tassi di crescita dei mercati dei nuovi prodotti. Prevedere la domanda di nuovi prodotti è rischioso, dato che tutte le previsioni si fondano su modellizzazione di dati passati. Per gestire il rischio sono necessarie prontezza e capacità di reazione. Alcune strategie utili per limitare il rischio sono: ▪ Collaborare con gli acquirenti principali: valutare quindi le tendenze del mercato e le richieste dei consumatori per rispondervi adeguatamente ▪ Limitare l’esposizione al rischio: Evitare di ricorrere all’indebitamento e cercare di mantenere costi fissi bassi. Esternalizzazione e alleanze possono contribuire a limitare i rischi finanziari ▪ Flessibilità: l’incertezza richiede risposte rapide a eventi imprevisti, quindi una buona strategia per limitare i rischi sarebbe quella di tenere aperte più opzioni e ritardare l’adozione di un impegno vincolante verso una specifica tecnologia fino a quando il suo potenziale non è diventato chiaro.

Tipi di standard
Uno standard è un formato, un’interfaccia o un sistema che permette interoperabilità. All’impresa che li detiene offrono rendimenti superiori di quelli derivati da qualsiasi altro vantaggio competitivo. Gli standard possono essere: Standard pubblici (aperti): sono quelli disponibili a tutti gratuitamente o a un costo irrisorio, solitamente sono stabiliti da enti pubblici, o a volte sono i privati che ne rendono libero l’accesso( Linux); Standard privati ( chiusi): sono quelli nei quali le tecnologie e i modelli sono di proprietà dei privati. Se possiedo una tecnologia che diventa uno standard, posso incorporarla in un prodotto in vendita o cederla in licenza; Standard obbligatori: quelli che vengono fissati dai governi e imposti per legge ( es : standard relativi alle norme di sicurezza per le autovetture); Standard de facto: emergono dall’adozione volontaria da parte di produttori e utenti.

Esternalità di rete
Gli standard emergono nei mercati caratterizzati dalla presenza di esternalità di rete. Esiste un’esternalità di rete quando il valore di un prodotto o servizio dipende dal numero di utenti che lo adottano. L’ esempio classico è il telefono, dato che c’è poca soddisfazione nel parlare da soli all’apparecchio. Perché vi siano esternalità di rete, non importa che tutti adottino lo stesso prodotto, ma piuttosto che i diversi prodotti siano tra loro compatibili, attraverso un’interfaccia comune (compatibilità tra i vari gestori telefonici : Vodafone, Tim, ecc.). La presenza di circoli virtuosi permette al sistema con maggiore diffusione di attrarre una percentuale più elevata di nuovi acquirenti: Tipping.

Vincere la guerra sugli standard
Secondo Shapiro e Varian, per vincere una guerra sugli standard è necessario:
Radunare gli alleati prima di partire: l’impresa avrà bisogno del sostegno dei consumatori, dei fornitori e persino dei concorrenti.
Prevenire il mercato: occorre entrare presto, realizzare un ciclo rapido di sviluppo del prodotto, stringere immediatamente accordi con i clienti fondamentali e adottare una strategia id penetrazione del mercato
Gestire le aspettative: l’aspetto fondamentale è convinvere clienti, fornitori, produttori di beni complementari che la propria impresa sarà la vincitrice.
Le guerre sugli standard sono rischiose e costose, il vantaggio va tipicamente al concorrente che adotta una strategia evolutiva (compatibilità a ritroso), piuttosto che una strategia rivoluzionaria. ( es: vittoria di Microsoft su Apple). Shapiro e Varian identificano le seguenti risorse per vincere la guerra sugli standard:
1. il controllo su di un bacino d’utenza consolidato;
2. la titolarità della proprietà intellettuale della nuova tecnologia;
3. la capacità di innovare, al fine di ampliare e adattare gli iniziali progressi tecnologici;
4. il vantaggio della prima mossa;
5. una posizione di vantaggio negli standard complementari;
6. la reputazione e il marchio.

Innovazioni organizzative:
Gruppi interfunzionali di sviluppo del prodotto: creazione di un gruppo di sviluppo del prodotto composto da specialisti provenienti dai vari dipartimenti e guidati da un responsabile di gruppo
Product champions: permette agli individui che sono all’origine di idee creative di guidare i gruppi che sviluppano queste idee.
Acquisire l’innovazione: acquisire l’innovazione da altre aziende (es: startup ad alta tecnologia)
CAP 14 L’ANALISI DELL’INTEGRAZIONE VERTICALE

Impresa, mercato e costi di transazione
Che cosa determina le attività svolte all’interno di un’impresa e quelle esternalizzate al mercato? La risposta è i costi di transazione. I mercati non sono privi di costi: effettuare un’ acquisto o una vendita comporta costi in termini di ricerca dei fornitori, di definizione e stipulazione del contratto, di monitoraggio dell’adempimento del contratto stesso. Sono tutti esempi di costi di transizione. Se i costi di transazione associati al coordinamento operato del mercato sono maggiori dei costi amministrativi del coordinamento interno dell’impresa, possiamo aspettarci un processo di integrazione di queste attività all’interno dell’impresa stessa.
Per la maggior parte del ventesimo secolo, l’opinione prevalente era che l’integrazione verticale fosse in generale vantaggiosa, perché consentiva un miglior coordinamento e una riduzione del rischio. Gli ultimi 25 anni sono stati caratterizzati da una profonda trasformazione: è stato sostenuto che l’esternalizzazione rafforza la flessibilità e consente all’imprese di concentrarsi sulle attività per le quali dispongono di maggiori competenze. Molti dei benefici di coordinamento associati all’integrazione verticale,inoltre, possono essere realizzati con la collaborazione fra aziende collegate in senso verticale.

L’integrazione verticale
Con l’espressione integrazione verticale ci si riferisce all’internalizzazione di una serie di attività verticalmente correlate. Quanto maggiori sono la proprietà e il controllo esercitato da un’impresa su fasi successive della catena del valore, tanto maggiore è il grado di integrazione verticale dell’impresa stessa, misurato dal rapporto tra il valore aggiunto creato dall’impresa e i suoi ricavi di vendita. L’integrazione verticale può essere a monte, quando l’azienda assume il controllo e la proprietà della produzione delle proprie componenti o di input, o a valle, quando l’azienda assume il controllo e la proprietà di attività precedentemente svolte dai propri clienti. L’integrazione può essere distinta anche in integrazione completa o parziale.

Le fonti dei costi di transazione
Quando un fornitore negozia con un acquirente, non esiste un prezzo di equilibrio: tutto dipende dal relativo potere contrattuale. Queste contrattazioni sono probabilmente costose: la dipendenza reciproca delle due parti dà luogo a comportamenti opportunistici e a dissimulazione strategica, perché ciascuna parte cerca di accrescere e sfruttare il proprio potere contrattuale a danno dell’altra.
Colpevoli di questa situazione sono gli investimenti specifici per la particolare transazione, in alcuni mercati gli impianti dell’ impresa sono costruiti in modo da corrispondere a quelli dell’impresa fornitrice, e viceversa, quindi ogni venditore è legato a un unico acquirente, e ciò crea l’opportunità per comportamenti opportunistici . Per esempio, gli investimenti specifici creano costi di transazione a causa delle difficoltà associate alla stesura di un contratto completo e ai rischi di controversie e comportamenti opportunistici che insorgono in presenza di contratti che non coprono ogni possibile eventualità.

I costi amministrativi dell’internalizzazione
La presenza di costi di transazione nei mercati intermedi non implica necessariamente che l’integrazione verticale sia una soluzione efficiente. L’integrazione infatti permette di evitare i costi connessi al mercato, ma l’internalizzazione delle attività comporta costi amministrativi. L’entità di questi costi dipende:

▪ Differenze nella scala efficiente minima: supponiamo che Federal Express abbia bisogno di autocarri specificamente progettati e prodotti per venire incontro alle sue esigeneze. Nella misura in cui il produttore di autocarri deve compiere investimenti specifici, Federal Express potrebbe avere un incentivo a produrre internamente i propri veicoli per evitare l’insorgere di costi di transazione. Sarebbe una soluzione efficiente? Quasi certamente no: i costi di transazione evitati da Federal Express sarebbero ben poca cosa rispetto alle inefficienze generate dalla produzione interna, Federal Express infatti acquista oltre 40.000 camion ogni anno, ben al di sotto dei 200.000 che rappresentano la scala minima efficiente di un impianto produttivo. ▪ Sviluppo competenze distintive: Un vantaggio fondamentale di un’impresa specializzata in poche attività è la sua capacità di sviluppare competenze distintive in queste ultime. Se esiste una relazione fra tali competenze, l’integrazione verticale può favorire lo sviluppo di competenze distintive. ▪ Gestione strategica di attività differenti: I problemi legati ai due punti affrontati precedentemente possono essere considerati parte di un più ampio insieme di problemi che derivano dal gestire imprese verticalmente integrate dalle caratteristiche strategiche differenti. Uno dei fattori perché Federal Express non possiede un impianto di produzione di veicoli è che le competenze organizzative e i sistemi gestionali necessari sono sensibilmente differenti da quelli richiesti dal settore delle consegne espresso. Tali considerazioni spiegano perché l’integrazione tra aziende di produzione e distribuzione non sia frequente ( coca-cola company e Coca cola enterprises. Le imprese che integrano design, produzione e distribuzione, come Zara e Gucci sono rare. ▪ Il problema degli incentivi: L’integrazione verticale altera gli incentivi tra attività verticalmente collegate. Con l’integrazione verticale, le relazioni interne tra fornitori e cliente sono soggette a incentivi deboli, mentre si è reso conto che gli appaltatori di servizi esterni sono spesso molto più sensibili alle nostre richieste di quanto lo siano i fornitori di servizi interni: incentivi forti. ▪ Gli effetti competitivi dell’integrazione verticale: L’integrazione verticale può essere utilizzata per estendere una posizione di monopolio da uno stadio della catena del valore di un settore a uno stadio contiguo. Tuttavia questi sono casi rari, infatti situazione più comune è quella di un’azienda che danneggia la propria posizione di forza in uno stadio verticale ricorrendo all’integrazione verticale. I fornitori e i clienti dell’azienda sono meno disposta collaborare con l’impresa se quest’ultima, effettuando un’integrazione verticale, diventa concorrente. L’acquisizione di Disney del network televisivo ABC ha danneggiato i rapporti con gli altri network televisivi. ▪ Flessibilità: L’integrazione verticale e le transazioni di mercato presentano vantaggi in relazione a diversi tipi di flessibilità. Quando la flessibilità richiede rapidità di reazioni alle incertezze di domanda, le transazioni di mercato si mostrano più efficienti rispetto l’integrazione verticale che in questo caso mostra rigidità. L’integrazione verticale inoltre può rivelarsi svantaggiosa in termini di rapidità di reazione alle opportunità di sviluppo di nuovi prodotti che richiedano nuove combinazioni di competenze tecniche. ( Ipod Apple prodotto tramite contratto di fornitura). Per contro quando è richiesta una flessibilità diffusa a livello di sistema, l’integrazione verticale può garantire velocità e coordinamento dell’effettuare adattamenti simultanei a tutti i livelli. Zara come già detto è un’azienda di abbigliamento, integrata verticalmente, che ha ridotto la durata del ciclo produttivo-distributivo e massimizzato la velocità di risposta al mercato, facendo dell’integrazione verticale il tema centrale dell’identità del marchio. ▪ Gestione dei rischi dell’integrazione: Dato che l’integrazione verticale lega saldamente un’impresa ai suoi fornitori, genera anche una commistione di rischi, dal momento che un qualsiasi problema a monte si ripercuote su tutti gli stadi successivi della produzione. Questi problemi diventano gravi quando la tecnologia o le preferenze dei consumatori cambiano rapidamente.

La natura e la forma delle relazioni verticali
Acquirenti e venditori possono interagire e coordinare i propri interessi attraverso una varietà di relazioni. Queste relazioni possono essere classificate sulla base di due caratteristiche. I primo luogo, la misura in cui acquirente e venditore impegnano risorse nella relazione: Livello di coinvolgimento. In secondo luogo le caratteristiche formali della relazione: contratti a lungo termine o franchising comportano generalmente accordi scritti di notevole complessità, i contratti occasionali pressoché alcuna documentazione, sono regolati dal diritto commerciale.

Diversi tipi di relazione verticale
Diversi tipi di relazione verticale presentano differenti combinazioni di vantaggi e svantaggi. Si considerano per esempio i seguenti:

▪ Contratti a lungo termine vs contratti spot: le transazioni di mercato possono consistere sia di contratti di spot ( unica transazione) sia contratti a lungo termine ( serie di transazioni durante un dato arco di tempo e specificano le condizioni di vendita). I contratti di spot vanno bene in condizioni di libera concorrenza e quando a nessuno delle due parti è richiesto un investimento specifico. Se sorge la necessità di uno stretto legame tra acquirente e fornitore ( in particolare se sono richiesti investimenti specifici) allora occorre stipulare un contratto a lungo termine per evitare comportamenti opportunistici e che dia sicurezza per effettuare l’investimento richiesto. Tuttavia i contratti a lungo termine talvolta possono essere o troppo vincolanti, o troppo vaghi, lasciando spazio a comportamenti opportunistici. ▪ Partnership con i fornitori: riguarda strette relazioni di collaborazione che molte imprese intrattengono con i loro fornitori, ottenendo vantaggi basati su fiducia e comprensione reciproca. ▪ Franchising: è un accordo contrattuale fra il proprietario di un’impresa e un marchio registrato. Il Franchiser permette al franchisee di produrre e commercializzare il proprio prodotto o servizio in una determinata aerea. Il franchising mette in contatto il marchio, le competenze di commercializzazione e i sistemi operativi dei grandi gruppi con l’imprenditorialità e la conoscenza del territorio delle piccole imprese.

CAP 15 STRATEGIE GLOBALI E IMPRESE MULTINAZIONALI

Concorrenza Internazionale e analisi di settore
L’internazionalizzazione è la forza più pervasiva alla base della ridefinizione dell'ambiente competitivo verificatisi durante l'ultimo mezzo secolo. Essa avviene attraverso due meccanismi: Il commercio ( vendita e trasferimento di beni e servizi da un paese a un altro) e l’investimento diretto ( creazione o acquisizione di attività produttive in un altro paese. Su questa base , è possibile individuare diversi tipi di settore, a seconda del grado e modalità del processo di internazionalizzazione.

Settori protetti: Sono serviti esclusivamente da imprese nazionali. Presentano un basso grado di commercio internazionale e un altrettanto basso grado di investimento diretto.
Settori internazionali: L’internazionalizzazione si manifesta attraverso le importazioni e le esportazioni. Presentano quindi un alto grado di commercio internazionale un basso grado di investimento diretto.
Settori multidomestici: Si internazionalizzano prevalentemente attraverso l’investimento diretto, o perché il commercio non è praticabile, o perché i prodotti sono differenziati a livello nazionale.
Settori globali: Presentano un alto grado sia di commercio internazionale sia di investimenti diretti.
Chiaramente l’identificazione di alcuni mercati all’interno di questi settori è oggettiva, infatti vi è la possibilità che un prodotto appartenente ad un settore multidomestico in seguito al cambiamento di alcune variabili possa diventare globale.
Si può notare come l’internazionalizzazione aggiunge un significativo grado di complessità alla nostra analisi strategica: amplia la dimensione dei mercati e complica l'analisi del vantaggio competitivo. L’internazionalizzazione implica di norma una maggiore concorrenza e una minore redditività del settore, possiamo utilizzare il modello delle cinque forze di Porter per analizzare l’impatto che essa ha sulle cinque componenti, le quali tre maggiormente vengono influenzate.
Concorrenza dei potenziali entranti: gli ostacoli frapposti all’ingresso dei mercati nazionali si sono ridotti, l’abbassamento delle tariffe, dei costi di trasporto, l’omologazione degli standard internazionali hanno effettivamente eroso le barriere nazionali all’entrata.
Concorrenza tra le imprese esistenti: il processo di internazionalizzazione accresce la rivalità tra le imprese esistenti, soprattutto perché aumenta il numero delle aziende che competono nel mercato nazionale; accresce la diversità fra concorrenti per quanto riguarda obbiettivi, strategie e strutture di costo; nel caso di investimenti diretti, aumenta l'eccesso di capacità produttiva.
Potere contrattuale degli acquirenti: la globalizzazione dei mercati è uno strumento efficace per la riduzione dei costi di approvvigionamento, ciò determina l’aumento del potere contrattuale dei grandi acquirenti.

Il vantaggio competitivo nel contesto internazionale : Il vantaggio comparato
Nei settori internazionali, il vantaggio competitivo dipende non solo dalle risorse e competenze interne di un’azienda, ma anche dalle condizioni dell’ambiente nazionale, in particolare dalla disponibilità di risorse nei paese in cui operano. L’effetto della disponibilità di risorse a livello nazionale nella competitività internazionale è oggetto della teoria del vantaggio comparato, secondo la quale un paese gode di un vantaggio comparato nella produzione di quei beni la cui produzione richiede un uso intensivo delle risorse di cui il paese ha una dotazione relativamente più abbondante. Ad esempio il Bangladesh che dispone di un’abbondante manodopera non specializzata, ha un vantaggio comparato nella produzione di beni che richiedono un uso intensivo di manodopera non specializzata, come abiti, prodotti di artigianato ecc. L’espressione vantaggio comparato si riferisce all’efficienza relativa nella produzione di beni diversi. Quindi fintanto che i tassi di cambio rimangono stabili, il vantaggio comparato si traduce in vantaggio competitivo nazionale. La teoria tradizionalmente ha posto l'accento su fonti come le risorse naturali e la manodopera per determinare il vantaggio competitivo. Oggi invece si evidenziano le risorse "sviluppate internamente" e quelle necessarie a commercializzarle.

Il diamante nazionale di Porter
Porter ha approfondito la nostra comprensione del vantaggio competitivo esaminando le dinamiche attraverso le quali alcuni settori all’interno di un paese sviluppano le risorse e le competenze che consentono di raggiungere un vantaggio competitivo internazionale. Il modello di Porter identifica quattro fattori chiave alla base del vantaggio competitivo di un paese all’interno di uno specifico settore.

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Condizioni dei fattori: Porter mette in evidenza il ruolo delle risorse altamente specializzate, molte delle quali “sviluppate internamente” piuttosto che disponibili come dotazione preesistente. Nell’analizzare la posizione dominante di Hollywood nella produzione di film, per esempio, Porter sottolinea l’importanza della concentrazione locale di manodopera altamente specializzata, grazie alla vicinanza delle scuole cinematografiche.
Settori correlati e di sostegno: Porter afferma che per ciascun settore, i settori ad esso strettamente collegati rappresentano fonti di risorse e competenze critiche.
Condizioni della domanda: costituiscono il principale stimolo alle innovazioni e al miglioramento della qualità. Per esempio, la supremazia svizzera nel settore degli orologi, è sostenuta dall’ossessione degli abitanti di quel paese per la puntualità.
Strategia, struttura e concorrenza: La performance competitiva di un paese in un determinato settore è inevitabilmente collegata alle strategie e alla struttura delle imprese operanti in quel settore. Porter evidenzia in particolare il ruolo della concorrenza nel mercato interno come principale stimolo all’innovazione, all’efficienza e alla ricerca del vantaggio competitivo. Il successo internazionale dei giapponesi nei settori delle macchine fotografiche ha le sue radici nel fatto che il settore comprende almeno sei produttori di rilievo tutti altamente competitivi tra loro.

Vantaggio nazionale e localizzazione internazionale della produzione
Per comprendere come le condizioni nazionali delle risorse influiscono sulle strategie di internazionalizzazione, dobbiamo esaminare due tipi di decisione strategica: dove localizzare la produzione, e secondo come entrare in un mercato straniero.
Le determinanti della localizzazione geografica: le decisioni circa la localizzazione geografica devono tenere conto di tre insiemi di fattori: 1. Disponibilità di risorse a livello nazionale: Se la disponibilità o il costo delle risorse fondamentali nella produzione variano da un paese all’altro, le imprese dovrebbero localizzare la produzione dove le condizioni sono più favorevoli. Nella maggior parte delle attività produttive, il trasferimento all’estero è stato determinato in primo luogo da un minor costo del lavoro. 2. Specificità del vantaggio competitivo: Per le imprese il cui vantaggio competitivo è generato da risorse e competenze interne, la localizzazione ottimale dipende da dove sia possibile reperire quest’ultime e da quale sia il loro grado di mobilità. 3. Trasferibilità dei beni: Quanto più difficile è trasportare un prodotto e tanto maggiori sono le barriere commerciali che gravano su di esso, e tanto più sarà necessario che la produzione avvenga all’interno del mercato locale.

Una caratteristica fondamentale del recente processo di internazionalizzazione è stata la frammentazione su scala internazionale delle catene del valore, le imprese hanno cercato di localizzarsi nei paesi in cui la disponibilità di risorse i livelli di costo si adattano meglio a ciascuno stadio della catena del valore. Il costo, tuttavia, è solo uno dei fattori da considerare nelle decisioni di trasferimento all’estero. I vantaggi di costo sono vulnerabili a fronte di oscillazioni di tassi di cambio e per questo motivo è importante tenere in considerazione anche disponibilità e qualità di risorse e competenze. I benefici associati alla frammentazione della catena del valore hanno come controparte i costi supplementari generati dalla necessità di coordinare le varie attività disperse su scala mondiale. La pianificazione just-in-time richiede spesso che le attività produttive vengono svolte a stretto contatto l’una con l’altra. Le aziende che competono sulla base della rapidità e affidabilità delle consegne ( Zara) rinunciano di solito ai vantaggi di costo di una catena del valore dispersa nel mondo, preferendo organizzare le operazioni in maniera integrata, garantendosi così di poter raggiungere rapidamente il mercato finale.

Vantaggio nazionale e investimenti esteri
Le imprese entrano nei mercati esteri alla ricerca di redditività. Quest’ultima dipende dal grado di attrazione di quel mercato e dal fatto che l’impresa possa svilupparvi un vantaggio competitivo. Per un’impresa, la possibilità di creare un vantaggio competitivo ha importanti implicazioni sulle modalità con le quali essa entra in un mercato estero. La distinzione fondamentale riguarda l’ingresso tramite rapporti commerciali( esportazioni, concessione di licenze, franchising) piuttosto che investimenti diretti . L’impresa deve valutare quindi i vantaggi e gli svantaggi relativi a ciascuna opzione. A tale scopo sono importanti cinque insiemi di considerazioni. 1. Il vantaggio competitivo è specifico all’azienda o è legato a risorse del paese ospitante? Se il vantaggio competitivo dell’impresa è legato al proprio paese di origine, il miglior modo di sfruttare la possibilità di internazionalizzazione è l’esportazione dei beni. Se il vantaggio competitivo deriva invece dalle risorse del paese in cui si vuole entrare si dovrà optare per un investimento diretto. 2. Il prodotto è trasferibile, esistono ostacoli al commercio? Se il prodotto non è trasferibile a causa di limitazioni nel trasportarlo o a vincoli di esportazioni, l’entrata nel mercato richiede un investimento diretto nella realizzazione di impianti produttivi o la cessione di licenze ad aziende locali. 3. L’azienda possiede una gamma completa di risorse e competenze per stabilire un vantaggio competitivo nel mercato estero? Per competer in un mercato estero, è probabile che l’impresa debba acquisire nuove risorse e competenze, in particolare quelle relative al marketing e ai processi distributivi in un paese straniero. L’accesso a queste risorse risulta più agevole se si creano relazioni con le aziende locali (es una joint ventures ). 4. L’impresa può appropriarsi facilmente dei rendimenti delle proprie risorse? La decisione tra concessione in licenza dell’uso delle risorse e sfruttamento diretto delle stesse (esportazione o investimento diretto in loco) dipende, anche se non esclusivamente, da considerazioni di appropri abilità. Nei settori che offrono buone garanzie di protezione legale come quello farmaceutico la concessione di licenze ai produttori locali rappresenta un valido strumento. Nei settori mentre meno tutelati come i software uno strumento più valido è l’esportazione. 5. Qual è la natura dei costi di transazione? Un problema fondamentale che sorge in caso di concessione di licenze di marchi o tecnologie riguarda i costi di transazione legati alla contrattazione, al monitoraggio e al controllo dell’effettivo rispetto dei termini dell’accordo, rispetto ai costi connessi alla costituzione di una consociata ( creazione di un’azienda in loco). Le imprese multinazionali tendono a prevalere quando : sono importanti risorse intangibili e specifiche dell’impresa, come marchi e tecnologia ( gli alti costi di transazione relativi alla concessione in licenza consigliano l’investimento diretto);le esportazioni sono soggetti a elevati costi di transazione; le preferenze dei consumatori di paesi diversi sono relativamente simili.

I vantaggi della strategia globale
Una strategia globale considera il mondo come un unico, seppur segmentato, mercato. La superiorità delle strategie globali si basa su due punti. Primo, produrre per il mercato mondiale consente di accedere a economie di scala nello sviluppo, produzione commercializzazione del prodotto. Secondo. Sono stati individuati alcuni principali benefici dalla strategia globale. 1. Economie di scala e di replicazione: Le grandi imprese per ammortizzare gli enormi investimenti effettuati nello sviluppo di nuovi prodotti, devono necessariamente operare su scala globale. Nei settori nei quali l’internazionalizzazione si verifica mediante investimento diretto, anziché esportazione, le principali efficienze di costo derivanti dall’operare su scala internazionale derivano dalle economie di replicazione di attività basate sulla conoscenza. 2. Essere al servizio di clienti globali: In diversi settori ( banche d’investimento, pubblicità) la determinante principale dell’internazionalizzazione è stata la necessità di poter essere un fornitore di clienti globali. 3. Lo sfruttamento delle risorse naturali e i benefici dell’apprendimento: La strategia globale permette come già detto, lo sfruttamento di risorse del paese straniero,oltre a ottenere benefici in termini di apprendimento del paese estero. questo è uno dei motivi principali per cui adotta una strategia globale. 4. Competere strategicamente: Le aziende multinazionali possono impegnarsi in battaglie competitive di conquista nei singoli mercati nazionali usando le proprie risorse ( liquidità finanziaria) generate in altri mercati nazionali. Questi sussidi incrociati che permettono di sostenere le manovre competitive in un mercato grazie ai profitti di altri mercati implicano politiche di prezzo predatorie: tagliare i prezzi in modo da spingere i concorrenti fuori dal mercato.

La necessità della differenziazione locale
Nonostante tutti i vantaggi delle strategie globali, l’ultimo decennio ha mostrato che le differenze tra le preferenze dei consumatori di paesi diversi continuano a esercitare una forte influenza nella maggior parte dei mercati. Molte imprese multinazionali hanno tutt’oggi difficoltà nel superare la competizione da parte di specialisti nazionali e regionali. Un aiuto comunque certamente però a superare questi ostacoli è stato dato dai sistemi di produzione flessibile che hanno ridotto i costi richiesti per adattare il prodotto alle preferenze di un particolare segmento della clientela. Le scelte relative alla strategia di internazionalizzazione possono essere considerate come tentativi di raggiungere un compromesso fra i benefici dell’integrazione globale e quelli dell’adattamento all’ambiente nazionale. I settori caratterizzati da enormi economie di scala e omogeneità delle preferenze dei consumatori richiedono una strategia globale, i settori con rilevanti preferenze nazionali e in cui la personalizzazione del prodotto non è troppo costosa privilegiano una strategia multidomestica.

Strategia e organizzazione nelle imprese multinazionali e della struttura
Durante periodi diversi le imprese internazionali hanno adottato strategie e configurazioni strutturali diverse. Barlet e Ghoshal identificano tre epoche nello sviluppo delle imprese multinazionali: 1. L'inizio del ventesimo secolo: il modello europeo-federazioni decentrate: Aziende come shell, Philips furono tra le prime ad esplorare la possibilità di espansione internazionale. Queste imprese crearono federazioni multinazionali : ogni consociata nazionale era autonoma da un punto di vista operativo e si occupava dell’intera gamma di funzioni, comprese lo sviluppo del prodotto, la produzione e la commercializzazione. 2. Il secondo dopoguerra: il modello americano-federazioni coordinate: In quei anni le multinazionali statunitensi come coca-cola, Ford dominavano i mercati. La loro struttura prevedeva sempre la divisione in federazioni coordinate, con una parziale autonomi, ma sempre sotto il controllo della casa madre in termini di capitale. 3. Gli anni ’70 e ’80: il modello giapponese- fulcri centralizzati: Le multinazionali giapponesi come Honda, Toyota, perseguivano strategie globali da basi nazionali centralizzate. R&S e produzione erano concentrate in Giappone, le sussidiarie si occupavano solo di vendita e distribuzione.

Il modello transazionale
Nasce dalla necessità di conciliare integrazione globale e differenziazione locale. È più una direzione di sviluppo, che una precisa forma organizzativa. Il modello transnazionale sostiene che:
1)ogni nazione è fonte di idee 2)le unità nazionali realizzano economie di scala a livello globale 3) il centro deve assumere un complesso ruolo di coordinamento delle relazioni

CAP 16 LA STRATEGIA DI DIVERSIFICAZIONE

La strategia di diversificazione rientra nel corporate strategy ( strategia di gruppo). Il nostro obiettivo è determinare quali sono le basi per decisioni di strategia di gruppo che creano valore anziché distruggerlo. E’ meglio essere specializzati o diversificati? Esiste un livello ottimo di diversificazione? Quali sono i tipi di diversificazione maggiormente in grado di creare valore?
L’era della diversificazione
Gli anni ’70 sono stati caratterizzati dal punto più alto della fase di crescita della diversificazione, con l’emergere di una nuova forma aziendale, l’impresa conglomerata. Queste aziende altamente diversificate furono create attraverso un gran numero di acquisizioni fra loro scollegate. La loro esistenza rifletteva il punto di vista secondo il quale l’alta dirigenza non doveva più necessariamente disporre di esperienze squisitamente settoriali: la gestione del gruppo richiedeva semplicemente l’utilizzo delle nuove tecniche di gestione finanziaria e strategica.
Dopo il 1980 la tendenza alla diversificazione ha fatto registrare una brusca inversione di marcia. Le attività “secondarie” non redditizie furono dismesse e molte aziende diversificato caddero preda di acquirenti che immediatamente le ristrutturarono. Il motivo principale è stato la maggiore attenzione nei confronti della redditività anziché la semplice crescita. Questa nuova enfasi sui profitti era a sua volta il frutto di una concomitanza di fattori. La crescita fiacca e gli alti tassi d’interesse hanno evidenziato la scarsa redditività di molte grandi imprese diversificate.

L’evoluzione delle teorie di gestione aziendale
L’opinione ottimistica secondo la quale i nuovi strumenti e sistemi di gestione finanziaria e strategica avrebbero permesso alle imprese di occuparsi di un gran numero di attività diverse fra loro è stata sostituita dall’ammissione che il vantaggio competitivo richiede di concentrarsi sul punto di forza fondamentali di risorse e competenze. Se risorse e competenze chiave possono essere impiegate in mercati di prodotti differenti, esiste la possibilità di operare una diversificazione redditizia. Di conseguenza l’obiettivo del’analisi della diversificazione è stato quello di identificare le circostanze nelle quali l’operare in più settori può creare valore.

Motivi della diversificazione: crescita – riduzione del rischio- redditività
Crescita
In assenza di diversificazione le imprese sono prigioniere del proprio settore, il che costituisce una prospettiva deprimente per le aziende che operano in settori stagnanti o in declino. Per queste aziende diventa molto interessante l’idea della diversificazione
Riduzione del rischio
Riunire attività diverse in unica struttura proprietaria riduce la varianza del flusso di liquidità complessivo. Questa riduzione del rischio, tuttavia è più interessante per i dirigenti che per i proprietari. Gli azionisti possono diversificare il rischio investendo in portafogli diversificati. La diversificazione aziendale non ha perciò valore per gli azionisti, se non nello specifico caso in cui il costo di diversificazione dell’impresa è inferiore a quello dei singoli investitori.
Redditività
Porter propone tre test essenziali da eseguire per decidere se la diversificazione creerà effettivamente valore per gli azionisti: 1. Test di attrattività (analisi del settore): I settori scelti per la diversificazione devono essere strutturalmente attrattivi o in grado di essere resi attrattivi. 2. Test costo di entrata( analisi delle barriere): riconosce che per gli outsiders il costo di’ingresso può controbilanciare l’attrattività del settore. I potenziali entranti devono scegliere tra due alternative: acquistare un attore consolidato, pagando un prezzo che quasi certamente rifletterà completamente le prospettive di redditività dell’impresa obiettivo. O l’impresa può direttamente entrare nel settore tramite la creazione di una nuova impresa, confrontandosi però con le barriere all’entrata del settore. 3. Better-off test: si basa sul principio stesso del vantaggio competitivo: infatti si valuta se la diversificazione abbia capacità di accrescere il vantaggio competitivo dell’imprese acquirente, di quella acquisita o di entrambe. N ella maggior parte dei casi il “better-off” è il test più importante, perché quasi sempre il test di attrattività e quello del costo di entrata si bilanciano l’un con l’altro. ( Se i costi di entrata sono alti, di conseguenza l’attrattività del settore diminuisce).

Diversificazione e vantaggio competitivo
Se la principale fonte del vantaggio competitivo derivante dalla diversificazione è lo sfruttamento dei legami tra attività differenti, quali sono questi legami e come è possibile sfruttarli?
Economie di scopo
L’argomento più generale a favore della diversificazione si concentra sulla presenza di economie di scopo nelle risorse comuni: “esistono economie di scopo quando vi sono vantaggi di costo derivanti dall’utilizzare una risorsa in molteplici attività condotte congiuntamente anziché indipendentemente
La differenza fondamentale tra economie di scopo e di scala è che le economie di scala si riferiscono a risparmi di costo generati dall’aumentare la scala di produzione di un singolo prodotto, le economie di scopo invece sono risparmi di costo generati da un aumento dell’output di più prodotti. La nature delle economie di scopo varia a seconda del particolare tipo di risorsa o competenza: Risorse tangibili quali sistemi informativi, reti distributivi permettono di raggiungere economie di scopo tramite la condivisione nell’ambito unità di business differenti: Risorse intangibili quali i marchi, la reputazione sono soggetti a economie di scopo nella misura in cui possono essere trasferite da un’area d’affari a un’ altra a un basso costo marginale. Lo sfruttamento della forza di un marchio attraverso l’introduzione di nuovi prodotti è chiamata estensione del marchio; Competenze organizzative quali competenze manageriali, possono essere trasferite all’interno dell’impresa diversificata, esempio Lvmh il più grande e più diversificato produttore al mondo di articoli di lusso.

Economie generate dall’internalizzazione delle transazioni
Anche se le economie di scopo consentono si realizzare risparmi di costo attraverso il trasferimento e la condivisone di risorse e competenze, occorre diversificare per poter sfruttare queste opportunità? La risposta è no. Le economie di scopo possono essere sfruttate tramite la vendita o la cessione in licenza delle risorse e competenze a un’altra impresa (Walt Disney sfrutta l’enorme potenziale dei suoi marchi, nel 2005 la concessione di licenze gli ha fruttato oltre 2 miliardi di dollari).
In che modo lo sfruttamento delle economie di scopo è più efficace: all’interno dell’impresa, mediante la diversificazione o al suo esterno, attraverso contratti di mercato con aziende indipendenti? Il problema chiave è quello dell’efficienza relativa: quali sono i costi di transazione dei contratti di mercato rispetto ai costi amministrativi associati allo svolgimento di attività diversificate? I costi di transazione includono quelli generati dalla stesura, negoziazione, supervisione e del far rispettare un contratto. I costi di internalizzazione consistono nei costi gestionali associati all’istituzione e al coordinamento delle attività diversificate. E’ difficile trovare una risposta giusta alla domanda se diversificare o stipulare contratti di mercato per ottenere un vantaggio competitivo, possiamo dire però in linea generale che se la risorsa può essere scambiata o ceduta in licenza ad un prezzo prossimo al suo valore reale, non è necessario avviare altre attività per appropriarsi della redditività addizionale. Se, d’altro canto, la risorsa non può essere ceduta facilmente, come nel caso di competenze gestionali, allora per generare la redditività addizionale sarà necessario entrare nel nuovo mercato, e la teoria del vantaggio della capogruppo ( la quale afferma che se le competenze della società madre aggiungono valore a nuove attività, la scelta esatta è la diversificazione) spiega quasi tutte le diversificazioni di successo.

I vantaggi informativi delle imprese diversificate
I vantaggi informativi delle imprese diversificate sono davvero rilevanti. Il management del gruppo ha accesso a maggiori informazioni rispetto a quelle disponibili nei mercati esterni. Specialmente con riferimento ai mercati interni del lavoro l’impresa diversificata ha notevoli vantaggi: uno dei problemi fondamentali nell’assumere personale esterno non è tanto il costo quanto la mancanza di informazioni. Un curriculum e alcune referenze danno solo una scarna indicazione delle capacità di un perfetto sconosciuto nello svolgere una determinata mansione. L’impresa diversificata impegnata nello spostamento dei propri dipendenti da una posizione o un’unità interna all’altra dispone di informazioni dettagliate sulle competenze e sulle caratteristiche dei propri occupati. Di conseguenza, nello sfruttamento di una nuova opportunità di business un’impresa consolidata è in posizione più vantaggiosa rispetto a una nuova azienda che deve selezionare da zero i propri dipendenti.

La performance delle imprese diversificate e specializzate
Nonostante i numerosi studi empirici non è ancora emersa alcuna relazione sistematica e coerente tra performance economica e grado di diversificazione. Oltre una certa soglia, un grado elevato di diversificazione tende a essere associato a una minore redditività, probabilmente a causa della complessità generata dalla diversificazione. Secondo Mckinsey , la diversificazione ha più senso quando un’azienda ha esaurito le opportunità di crescita nei suoi mercati attuali, e può replicare le competenze di cui dispone nelle opportunità che emergono al loro esterno. La performance derivata dalla diversificazione dipende in grande parte anche da come essa è attuata.

Diversificazione correlata e non correlata
Data l’importanza delle economie di scopo nella condivisone di risorse e competenze, sembra più probabile che la diversificazione in settori correlati sia più redditizia di quella in settori non correlati. La ricerca empirica, inizialmente, sembrava avvalorare questa ipotesi. Rumelt ha rilevato che le imprese che si sono diversificate in attività strettamente correlate al loro core business (business principale) facevano registrate performance sensibilmente superiori rispetto alle imprese che avevano intrapreso una diversificazione non correlata. Studi successivi hanno reso meno chiaro il quadro complessivo: affermando che la diversificazione non correlata può essere più redditizia di quella correlata, in quanto la diversificazione correlata può portare svantaggi in termini di collegamenti gestionali più complessi. Inoltre bisogna capire il vero e proprio significato di correlazione nella diversificazione, correlazione che può dipendere dalle strategia e dalle caratteristiche delle singole aziende. Fra champagne e valigie è difficile immaginare una correlazione naturale, eppure Lmvh applica a entrambi competenze di gestione del marchio analoghe.

Significato di correlazione nella diversificazione
La correlazione può essere classificata come:
1.operativa: somiglianza tra settori, in termini di tecnologia e mercato. Le somiglianze si riferiscono a produzione, marketing, distribuzione ecc.;
2.strategica: necessità di medesime competenze manageriali, di gestione strategica nell’allocazione delle risorse e attività differenti. La correlazione strategica è la fonte principale di creazione del valore all’interno di un’impresa diversificata. Le basi di questi legami strategici è la capacità di applicare le stesse strategie a tutte le attività del portafoglio dell’impresa. C’è da dire quindi che le decisioni di diversificazione avvengono sulla base di correlazione percepita dai manager e non effettiva ( logica dominante).

CAP 17 APPLICARE LA STRATEGIA DI GRUPPO: LA GESTIONE DELLE IMPRESE DIVERSIFICATE

La caratteristica comune all’imprese diversificate è la loro multidivisionalità (essere divise in un elevato numero di divisioni e filiali, e a loro volta suddivise in aree d’affari distinte) All’interno dell’impresa diversificata (multibusiness) , la direzione si occupa della strategia di gruppo e il management della strategia di business. La separazione fra dirigenti di gruppo e dirigenti di divisione e quella tra dirigenti e proprietari è alla base dei problemi causati dalle differenze esistenti fra gli obiettivi perseguiti dai diversi gruppi, normalmente indicati come problemi di agenzia. I numerosi scandali aziendali degli ultimi anni ( Parmalat), che hanno gettato luce sulle operazioni di acquisizione portate a termine da diversi amministratori delegati e che hanno portato a una massiccia distruzione del valore, hanno destato molti dubbi a proposito dell’efficacia della gestione a livello di gruppo.
Teoria dell’impresa M-FORM
Williamson individuò quattro vantaggi critici in termini di efficienza dell’impresa divisionale ( M- Form): 1. Adattamento alla razionalità limitata: La struttura multidivisonale evita all’alta direzione di farsi carico dell’intero processo decisionale e organizzativo, dando possibilità ai manager di avere poteri decisionali, si ottiene un decentramento delle responsabilità decisionali. 2. Allocazione del processo decisionale: Il modello M-Form separa le responsabilità decisionali (operative e strategiche) in ragione della frequenza con cui tali decisioni vengono prese. 3. Minimizzazione costi di coordinamento: Nell’impresa M-form non è necessario uno stretto coordinamento tra le diverse aree d’affari, gran parte del processo decisionale relativo ad una specifica attività può essere delegato a livello di divisione, riducendo l’onere informativo e decisionale a carico dell’alta direzione. 4. Evitare conflitto fra obiettivi: Nelle organizzazioni funzionali, i capi di divisione privilegiano gli obiettivi funzionali a discapito degli obiettivi dell’organizzazione. Nell’impresa multidivisionale e più facile che i direttori di divisione, nella veste di direttori generali, perseguano obiettivi di profitto coerenti con gli obiettivi di performance dell’impresa.
Williamson riteneva che l’impresa multidivisionale rappresentasse una soluzione a due problemi fondamentali della gestione a livello di gruppo: 1. Migliore allocazione delle risorse: Nell’impresa multi divisionale nella misura in cui è in grado di creare un mercato concorrenziale interno in cui il capitale è allocato sulla base di criteri strategici e finanziari, può evitare gran parte della politicizzazione tipica dei sistemi puramente gerarchici. L’impresa può pervenire a questo risultato istituendo un mercato finanziario di tipo concorrenziale, in cui i budget sono collegati alla redditività passata e attesa delle varie divisioni, e i singoli progetti sono sottoposti a un processo di valutazione standardizzato. ▪ Soluzione problemi di agenzia: Il problema di agenzia fondamentale è dovuto al fatto che i proprietari (azionisti) puntano alla massimizzazione del valore dell’impresa, mentre i loro agenti ( i dirigenti) sono più interessati a stipendi, sicurezza e potere. Nell’impresa diversificata per l’alta direzione è più facile controllare la performance dei manager, essendo che ad ogni divisione sono assegnate delle responsabilità. Questo completo accesso alle informazioni permette all’alta dirigenza di sostituire i manager di divisione in modo più semplice.
Tuttavia l’evidenza empirica evidenzia come nonostante ciò tutt’oggi nelle imprese diversificate esistano problemi di agenzia.
Mintzeberg evidenzia due problemi relativi all’impresa multidivisionale: ▪ Limiti al decentramento: Anche se le divisioni di un’impresa M-form godono di autonomia operativa, la singola divisione è spesso caratterizzata da un potere fortemente accentrato, in parte dovuto alla responsabilità del dirigente di divisione nei confronti dell’alta direzione. Inoltre la libertà operativa del management di divisione è garantita solo nella misura in cui il top management è soddisfatto della sua performance. ▪ Standardizzazione della gestione a livello divisionale: Spesso nella realtà accade che vi è una spinta alla standardizzazione nella gestione, a discapito dell’autonomia delle singole divisioni.

Il ruolo dei vertici di gruppo
La teoria del vantaggio di capogruppo afferma che un’azienda deve diversificare quando è in grado di aggiungere alle proprie aree operative più valore di quanto potrebbero fare le rivali.
Le attività attraverso le quali la gestione di gruppo aggiunge valore all’interno di un’impresa diversificata sono: ▪ Gestione del portafoglio complessivo dell’impresa ▪ Gestione delle interdipendenze tra le diverse attività ▪ Gestione del cambiamento

Le decisioni di portafoglio
Le domande fondamentali della strategia di gruppo sono : “ quale dovrebbe essere il nostro ambito di attività?” e “come dovremmo gestire le aree d’affari in cui ci impegniamo per generare da esse più valore possibile?”. I modelli di pianificazione di portafoglio possono aiutare i dirigenti ad affrontare entrambi quesiti.
L’idea fondamentale di un modello di pianificazione di portafoglio è quella di rappresentare graficamente le singole aree d’affari dell’impresa diversificata in termini delle principali variabili strategiche che determinano il loro potenziale di generazione di profitto. Quest’ultime sono di solito: grado di attrazione del mercato, e vantaggio competitivo dell’impresa all’interno del mercato. Quest’analisi può fornire indicazioni per quanto riguarda: ▪ Allocazione delle risorse: fra le diverse aree operative sulla base dell’attrattività del loro mercato e la loro posizione competitiva all’interno di quest’ultimo; ▪ Formulazione di strategia di business: confrontando il posizionamento strategico delle diverse aree possono emergere eventuali opportunità di posizionamento ( compreso il disinvestimento): ▪ Analisi di bilanciamento del portafoglio: un quadro complessivo di tutte le attività permette di valutare il bilanciamento complessivo del portafoglio in termini di generazioni dei flussi di liquidità e di prospettive di crescita; ▪ Determinazione degli obiettivi di performance: sulla base del grado di attrazione e della posizione competitiva di ciascun business ( area o attività stesso significato).

Matrice crescita/ quota di mercato del Boston consultino group (Bcg)
La matrice Bcg utilizza l’attrattività del settore e la posizione competitiva per confrontare il posizionamento strategico di diverse aree d’affari. Per misurare l’attrattività del settore utilizza come indicatore il tasso di crescita del mercato, per misurare la posizione competitiva utilizza la quota di mercato relativa ( il rapporto tra la quota di mercato del business e quella del principale concorrente). La matrice inoltre considera il contributo di ogni singolo business all’impresa, tale elemento è misurato in termini di fatturato ed è rappresentato dall’area dei cerchi indicanti i singoli business dell’azienda. Il portafoglio di business rappresentato nella matrice Bcg è suddiviso in quattro quadranti, che prevedono l’evoluzione futura dei profitti e dei flussi di cassa e forniscono suggerimenti sulle strategie da adottare.

[pic]
STAR
▪ Alto grado di attrattività e forte posizione competitiva ▪ Generazione di una forte quantità di cassa, ma necessità di ingenti investimenti per mantenere la propria forza competitiva ▪ Cash-flow: alquanto limitato (o positivi o negativi) ▪ Utili : elevati ▪ Strategia : investire nella crescita

QUESTION MARKS ▪ Costituiscono opportunità non ancora sfruttate (in quanto il tasso di crescita del mercato è elevato) ,ma l’impresa non ha ancora raggiunto una presenza rilevante nel mercato (= bassa quota di mercato relativa). ▪ Necessità di operare una selezione per individuare i business che possono diventare davvero trainanti. ▪ Cash flow: fortemente negativo, a causa degli investimenti da effettuare. ▪ Utili : bassi ▪ Strategia: analizzare il sistema per capire se l’attività si tramuterà in star (investire) o dog (disinvestire)

CASH COW ▪ Si caratterizzano per un’enorme forza competitiva all’interno di un mercato in declino, per cui generano un flusso di cassa maggiore rispetto ad ogni possibile reinvestimento al loro interno. ▪ Cash flow: costituiscono una sicura fonte di cassa da investire nello sviluppo degli altri business dell’azienda. ▪ Utili: alti ▪ Strategia: mungere

DOG ▪ Business in grave perdita, con scarsa attrattività e profonda debolezza. ▪ Cash flow: negativi o al massimo molto limitati, che risultano appena sufficienti per mantenere l’attività. ▪ Utili: bassi ▪ Strategia: Se non ci sono possibilità di crescita, la strategia più opportuna pare essere quella della mietitura o del disinvestimento

Qual è il portafoglio ideale?
Costituito essenzialmente da stars e cash cows, in grado di alimentare una o più question marks.
Attenzione però al ciclo del prodotto: le star diventano tali solo dopo essere state delle question marks, e bisognerà prepararsi a gestire il loro declino fino a quando diventano dogs. E’ possibile quindi utilizzare la matrice BCG per ripercorrere concettualmente il ciclo di vita di un prodotto/business:
Fase I: New entry nel mercato, Question Mark
Fase II: Crescita, Star
Fase III: Maturità, Cash Cow
Fase IV: Declino, Dog

Vantaggi e limiti della matrice Bcg
I vantaggi della matrice Bcg senza dubbio sono la sua versatilità, e la facile interpretazione. Gli svantaggi sono costituiti da un approccio troppo schematico alle determinanti dell’attrattività di settore e del vantaggio competitivo, altri problemi sono legati alla definizione di mercato. Per esempio , il business automobilistico di Bmw è un “cane”, dato che la sua quota nel mercato automobilistico mondiale è inferiore al 2%, o una “mucca” generatrice di liquidità, essendo leader di mercato nel settore delle auto di lusso? Un problema ancora maggiore è l’assunto implicito che tutte le attività nel portafoglio siano fra loro indipendenti, il che rappresenta la negazione della giustificazione fondamentale alla base dell’impresa diversificata: l’esistenza di sinergie fra i business.

La matrice Ge/ Mckinsey
La matrice Mckinsey nasce come critica alla matrice Bcg e utilizza a differenza di qest’ultima variabili aggregate, ossia un insieme di elementi che caratterizzano l’attrattività del settore ( asse dell’ordinate) e vantaggio competitivo ( asse dell’ascisse).
L’attrattività del settore è data da: dimensione del mercato, tasso di crescita del mercato, redditività del settore , ciclicità , reattività all’inflazione , importanza dei mercati esteri.
La posizione competitiva viene calcolata in base a: posizione di mercato ,posizione competitiva, redditività delle vendite (ROS) .
Le implicazioni strategiche sono illustrate nella matrice:

VANTAGGIO COMPETITIVO DELL’AREA D’AFFARI Basso Medio Alto

A Bassa T T R . S Media E T T O Alta R E

Alta priorità d’investimento Media priorità d’investimento Bassa priorità d’investimento
Limiti della matrice McKinsey
•Semplificazione dei fattori che determinano l’attrattività dei settori e la posizione competitiva;
• Limiti di misurazione per il posizionamento all’interno della matrice es. misurazione della quota dipende dalla definizione dei confini del mercato;
• Indipendenza dei business – è necessario definire e misurare le correlazioni;
• Le attività non vanno valutate in modo statico ma nella loro evoluzione;
• L’uscita dal mercato o il disinvestimento non sempre avviene perché talora si può trattare di attività “sicure” oppure ci sono barriere all’uscita.

Il sistema di pianificazione strategica
Nella maggior parte delle imprese diversificate a struttura divisionale, il processo iniziale di formulazione della strategia è a carico dei manager di divisione, mentre al top management spetta il compito di valutare, rettificare e approvare le proposte. La sfida per il management a livello di gruppo è creare un processo di formulazione della strategia che permetta di conciliare un processo decisionale decentrato, necessario per garantire la flessibilità, la capacità di reazione e un senso di appartenenza a livello di unità di business, con la capacità dell’alta dirigenza di far valere le proprie conoscenze, la propria lungimiranza e la propria responsabilità nei confronti degli azionisti. Raggiungere il giusto equilibrio tra iniziativa a livello divisionale e guida e disciplina a livello di gruppo è una grande sfida per le imprese diversificate (successi di Samsung, General Electric).

Il controllo sui risultati e il processo di budgeting
La maggior parte delle imprese multi business adotta un duplice processo di pianificazione: la pianificazione strategica che si concentra sui risultati di medio e lungo periodo, e la pianificazione finanziaria che esercita una funzione di controllo sui risultati di breve periodo. Generalmente il primo anno del piano strategico include la pianificazione finanziaria per l’anno entrante con un budget operativo, un budget degli investimenti e obiettivi strategici in termini di quota di mercato, livelli di output e di occupazione. I piani annuali sono approvato congiuntamente dai responsabili di gruppo e delle aeree d’affari, vengono monitorati su base mensile o trimestrale e al termine di ciascun anno finanziario vengono giudicati e valutati nel corso di incontri di discussione dei risultati tra i manager delle aree d’affari e quelli di gruppo.

L’equilibrio fra pianificazione strategica e controllo finanziario
Un’implicazione del tradeoff tra controllo degli input (decisioni) e controllo degli output ( performance) è che le imprese devono individuare un punto di equilibrio fra pianificazione strategica e controllo finanziario. Goold e Campbell hanno classificato gli stili di direzione strategica in due categorie: o Aziende a pianificazione strategica:
-coinvolgimento del vertice nella pianificazione delle singole unità di business
-ottica del lungo periodo
-limitata indipendenza dei manager di divisione
-ridotto senso di appartenenza
-tipico di aziende con numero limitato di attività altamente tecnologiche od operanti in mercati internazionali o Aziende a controllo finanziario:
-scarso coinvolgimento del vertice nella pianificazione delle singole unità di business
-ottica del breve periodo
-indipendenza dei manager di divisione
-alto senso di appartenenza dei manager e ambiente stimolante
-tipico di aziende diversificate, con bassa intensità tecnologica, che operano in mercati con bassa competitività internazionale

L’analisi Pims (Profit Impact of Market Strategies)
Il progetto Pims offre ai dirigenti di un gruppo diversificato un insieme di tecniche per valutare i risultati delle diverse aree operative e formularne le strategie. Pims ha le sue origini nel database interno di General Electric, ed è ora gestito dallo Strategic Planning Institute
I dati Pims vengono utilizzati in tre aree di gestione aziendale:
1.definizione degli obiettivi e delle aree d’affari (calcolo del Par ROI);
2.formulazione delle strategie delle unità di business
3.allocazione delle risorse tra le aree d’affari (esame strategico dell’attrattività).

La gestione delle interdipendenze fra le aree d’affari ( business)
Le maggiori opportunità per la creazione di valore in un’impresa multi business sorgono dalla possibilità di sfruttare economie generate dalla condivisione di risorse e dal trasferimento di competenze tra i diversi business. Questa condivisione ha luogo sia attraverso l’accentramento di servizi comuni a livello d’impresa, sia attraverso le interdipendenze dirette tra le unità di business.
Condivisione di servizi la forma più semplice di condivisione di risorse in un’impresa multi divisionale è l’accentramento delle strutture preposte all’erogazione di funzioni e servizi di interessi generale. Questi includono la pianificazione strategica, il controllo finanziario, la gestione della tesoreria e del rischio, la revisione contabile interna, l’area fiscale, le relazioni con gli enti pubblici e le relazioni con gli azionisti. Possono inoltre riguardare quei servizi che sono forniti in modo più efficiente quando sono gestiti in maniera accentrata, come la ricerca, la progettazione, la gestione delle risorse umane ecc. Nella pratica, i benefici offerti dall’accentramento delle strutture di servizio tendono a essere inferiori alle aspettative dei dirigenti. La fornitura centralizzata evita la duplicazione dei costi, ma la direzione di gruppo e le unità specializzate possono essere scarsamente incentivate a venire incontro ai bisogni dei loro colleghi a livello di business. In molte aziende è stato osservato che il personale della direzione tende a crescere per inerzia e che le economie generate dall’erogazione accentrata dei servizi sembrano essere di scarsa entità.
Di conseguenza molte imprese decisero di separare la direzione generale in due sezioni:
-Unità di gestione a livello di gruppo: con mansioni di supporto alle attività distintive della direzione ( pianificazione strategica, finanziaria, legale)
-Organizzazione di servizi: preposta all’erogazione di servizi di utilità generale quali ricerca, sviluppo e progettazione.
Le interdipendenze tra le attività e le strategie di gruppo secondo Porter
Michael Porter sostiene che il modo in cui un’impresa gestisce le interdipendenze tra attività, determini la sua capacità di creare valore per gli azionisti. Egli identifica quattro tipi di strategia di gruppo: ▪ Gestione del portafoglio: è la forma più limitata di condivisione delle risorse, in cui la società madre acquisisce un portafoglio di imprese attrattive e ben gestite, permette loro di operare autonomamente e crea interdipendenze tra loro attraverso un efficiente mercato dei capitali interno. ( holding finanziaria) ▪ Ristrutturazione: le aziende conglomerate creano valore prevalentemente attraverso la ristrutturazione: acquisendo aziende gestite male e successivamente intervenendo per nominare un nuovo gruppo dirigente, dismettere i business con risultati inadeguati, ristrutturare i bilanci e tagliare i costi. ▪ Trasferimento di competenze: è possibile trasferire competenze organizzative tra le diverse unità di business. Lvmh trasferisce competenze nella gestione dei marchi e nel campo della distribuzione fra le proprie numerose attività nel settore dei marchi di lusso ▪ Condivisione delle attività: Porter sostiene che la più importante fonte di valore è lo sfruttamento delle economie di scopo generate dalla condivisione delle risorse e competenze. Il presupposto per la realizzazione di queste economie è che la direzione di gruppo ricopra un ruolo chiave di coordinamento. Porter sostiene che il valore aumenta nel passaggio progressivo da una strategia di “libera gestione di portafoglio” a una strategia di “interrelazione tra le attività”, ma per ottenere il successo è necessario che le attività siano sufficientemente simili tra loro a livello strategico per permettere al management di utilizzare una logica dominante comune.

La gestione del cambiamento nell’impresa diversificata
Nel corso di questo decennio la sfida principale per l’impresa diversificata è stata, in primo luogo, quella di creare valore sfruttando i collegamenti fra le varie attività e migliorando l’integrazione all’interno del gruppo,in secondo luogo, aumentare la velocità di reazione al cambiamento esterno e accelerare il ritmo dell’evoluzione organizzativa.

La creazione di valore attraverso la ristrutturazione aziendale: Il pentagono di Mckinsey
Verso la fine degli anni ’80 e per tutti gli anni ’90 un gran numero di grandi gruppi nord americani ed europei hanno attraversato fasi di intensa trasformazione, scatenate di solito da un declino della performance finanziaria o da qualche minaccia esterna. Per la maggior parte delle imprese diversificate il sentiero dello sviluppo è consistito in una serie di iniziative strategiche incrementali; per questo motivo una periodica ristrutturazione del gruppo, basata su un esame approfondito delle diverse unità d’affari e una riconsiderazione del portafoglio complessivo di attività può rappresentare un momento critico del tentativo di rivitalizzare l’azienda.
Il modello del pentagono di Mckinsey propone un approccio sistematico all’analisi del potenziale aumento del valore di mercato di un’impresa diversificata mediante una ristrutturazione del gruppo. L’analisi è composta da cinque passagi:

Valore di mercato attuale

Valore ideale dopo la
Valore dell’impresa ristrutturazione così com’è MODELLO DI RISTRUTTURAZIONE

Valore potenziale con Miglioramenti interni Valore potenziale con Miglioramenti esterni

1 – Il valore di mercato corrente dell’impresa: il punto di partenza dell’analisi è il valore di mercato corrente dell’impresa, che comprende il valore del capitale proprio e del debito
2 – Il valore dell’impresa così com’è: esiste la possibilità di incrementare il valore di mercato semplicemente modificando le percezioni sulle prospettive future dell’impresa, senza alcun cambiamento strategico o operativo
3 – Il valore potenziale dell’impresa in seguito a miglioramenti interni: come già visto la direzione di un’impresa può aumentare il valore complessivo dell’impresa attraverso miglioramenti strategici e operativi delle singole attività allo scopo di massimizzare i flussi di cassa. Questi miglioramenti possono includere occasioni di crescita su scala globale, esternalizzazione di alcune attività e opportunità di riduzione di costi
4 - Il valore potenziale dell’impresa in seguito a miglioramenti esterni: dopo aver quantificato il valore dei singoli business, la direzione deve determinare se le variazioni del portafoglio di attività portino ad un incremento del valore complessivo dell’impresa. Quindi valutare opportunità di cessioni o acquisizioni.
5 – Il valore ideale dell’impresa dopo la ristrutturazione: i quattro passaggi precedenti definiscono il possibile massimo valore raggiungibile dell’impresa. Se questi interventi possono essere effettuati anche da un altro proprietario dell’azienda, la differenza fra il massimo valore potenziale dell’impresa ristrutturata e il valore di mercato corrente rappresenta il potenziale di profitto a disposizione di un raider esterno.

Materiale integrativo: teorie delle finalità imprenditoriali

L’attività d'impresa è l'espressione di una volontà imprenditoriale, difatti l'impresa in quanto tale non ha proprie finalità, i fini sono il frutto delle decisioni di coloro che la gestiscono.
Ciò implica che tutte le imprese non hanno un unica e uguale finalità, che varia a seconda della volontà dell'imprenditore o manager. A tal proposito vi sono diversi contributi teorici.
Teoria della massimizzazione del profitto: il comportamento dell'imprenditore è orientato al conseguimento del più ampio divario tra ricavi e costi di gestione. Il profitto è inteso come un entità composta dal : compenso spettante all'imprenditore per l'organizzazione dei fattori produttivi, la quota destinata a ripagare il rischio corso nell'attività aziendale e il premio spettante per la sua attività di innovazione ;
Teoria della sopravvivenza aziendale: il fine dell' imprenditore è quello di assicurare la continuità dell'organismo aziendale, il profitto è visto come un mezzo per la sopravvivenza e per rafforzare la struttura patrimoniale dell'impresa. Indicatori di sopravvivenza sono : ruolo dell'impresa nel mercato, innovazioni, risorse umane e finanziare e redditività dell'impresa ;
Teoria creazione e diffusione valore : la finalità è quella di accrescere il valore economico dell'impresa nel tempo, e quindi di produrre risultati sempre migliori nel tempo;
Teoria manageriale dello sviluppo dimensionale: le finalità di tale teoria sono quelle di espandere l'impresa, il profitto anche qui ha un ruolo strumentale, svolge infatti una funzione di autofinanziamento che permette all'impresa di ingrandirsi, e chiaramente un maggiore fatturato permette retribuzioni più alte alla componente management;
Teoria dei limiti sociali alla massimizzazione del profitto: Tale teoria afferma che il massimo profitto non può ottenersi a causa di vincoli sociali e non, il reddito quindi, è un risultato che deriva da accordi di cooperazione o dalla composizione di conflitti interni ed esterni. La sua misura non è mai liberamente determinabile dall'imprenditore e il fine del massimo profitto diviene, così, il fine del massimo profitto condizionato.
Teoria del successo sociale e i rapporti con l'etica d'impresa: tale teoria allarga il concetto della teoria di creazione del massimo valore economico ,infatti evidenzia come talvolta il fine economico diviene un mezzo per il raggiungimento di obiettivi morali e sociali. In ordine crescente quindi l'imprenditore si pone innanzitutto l'obiettivo di assicurare la sopravvivenza della propria azienda ( Teoria della sopravvivenza aziendale ) e inoltre punta all'affermarsi nella comunità e di assumere con la sua impresa un ruolo di preminenza nel mercato. La finalità imprenditoriale di questa teoria può sintetizzarsi semplicemente in 3P : che rappresentano in scala crescente,anche in base al tempo, profitto, potere, prestigio, infatti valori economici e morali nel lungo periodo tendono a convergere. Riflettendo su questa teoria si nota come essa si rispecchia nella realtà attuale, infatti forse oggi più che mai nella società del terzo millennio l'essere umano tende sempre più al successo sociale che gli si può facilmente essere riconosciuto tramite i mezzi di informazione: televisione, radio, internet. Al giorno d'oggi forse proprio la voglia di successo ha invertito in alcuni casi i valori della scala , a volte si accettano incarichi per prestigio, non guardando inizialmente al profitto.
Un successo aziendale per poter essere solido e per poter ricadere sullo status sociale dell’imprenditore deve poggiare senza dubbio sul rispetto di equilibri economici e di valori morali, infatti è proprio in questi casi che l' immagine dell'imprenditore si rivela determinante ai fini aziendali.
Toccando con mano la realtà a mio parere un esempio lampante è il caso di Steve Jobs, fondatore dell'azienda Apple, scomparso recentemente il 5 Ottobre 2011. La sua scomparsa ha provocato un terremoto emotivo in tutto il mondo provocando uno stravolgente boom di vendite dei prodotti Apple già poche ore dopo la sua morte , è stata quasi una sorta di riconoscimento alla grande persona che ha cambiato il mondo tecnologico, e le persone non hanno potuto fare a meno di avere l'onore di possedere un prodotto che portasse il suo marchio. Da ciò si può notare come il successo sociale di un imprenditore fondato sul rispetto di valori morali possa avere una funzione aziendale e risultare una componente determinante ai fini aziendali. C'è da aggiungere che al giorno d'oggi le persone si ritrovano nel mercato moltissimi prodotti simili con stesse caratteristiche e la scelta spesso non è semplice, ed è proprio in questi casi che il consumatore è portato a scegliere quel prodotto marchiato dall'azienda che rispetta l'etica d'impresa sentendosi più sicuro della propria scelta fatta.

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Settori multidomestici - cibo confezionato - hotel - banche

Settori protetti - ferrovie - lavanderie - parrucchieri - latte

Condizioni della domanda

Strategia, struttura, concorrenza

Settori correlati e di sostegno

Concorrenti del settore

Rivalità tra imprese esistenti

Acquirenti

Fornitori

Prodotti sostitutivi

Potenziali entranti

Condizioni dei fattori

Concorrenti del settore

Rivalità tra imprese esistenti

Acquirenti

Fornitori

Prodotti sostitutivi

Potenziali entranti

Prodotti complementari

Settori globali - automobili - petrolio - semiconduttori

Settori Internazionali - aerospaziale - agricoltura - estrazione diamanti

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Mietere

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...Complete a simulation and then write a paper that analyzes the decisions you made. You are in charge of fictitious health care organization facing financial difficulties. In the simulation, you will complete the following tasks: • Bridge a working capital shortage. • Evaluate funding options for acquiring medical equipment. • Evaluate funding options for capital expansion. Part I below explains how to successfully complete the simulation and prepare for writing the paper. Part II explains the paper requirements. Part I Complete the following tasks before beginning the simulation: • Save this document to your desktop. You will need to reference it as you complete the simulation. • Print this document before beginning the simulation for easy reference. • Review the paper requirements listed in Part II and have an extra sheet of paper ready for taking notes as you complete the simulation. Complete the Health Care Financial Accounting simulation. A link is provided on the student website. To get the most out of the simulation, consider the following tips: • The minimize icon ( ), shown in the upper-right side of the simulation may not function on your computer. Once you begin the simulation, you may not be able to access your desktop or other applications without ending the simulation. To end the simulation, click on the exit icon ( ), shown in the upper-right side of the screen. • The decision-making portion of the simulation begins on the...

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Week 4 Simulation Relation

...University of Phoenix Material Simulation Review Complete a simulation and then write a paper that analyzes the decisions you made. You are in charge of fictitious health care organization facing financial difficulties. In the simulation, you will complete the following tasks: Bridge a working capital shortage. Evaluate funding options for acquiring medical equipment. Evaluate funding options for capital expansion. Part I below explains how to successfully complete the simulation and prepare for writing the paper. Part II explains the paper requirements. Part I Complete the following tasks before beginning the simulation: Save this document to your desktop. You will need to reference it as you complete the simulation. Print this document before beginning the simulation for easy reference. Review the paper requirements listed in Part II and have an extra sheet of paper ready for taking notes as you complete the simulation. Complete the Health Care Financial Accounting simulation. The simulation can be access by clicking on the ‘Simulation’ tab under the ‘Healthcare Accounting – Financial Indicators simulation’. To get the most out of the simulation, consider the following tips: The minimize icon ( ), shown in the upper-right side of the simulation may not function on your computer. Once you begin the simulation, you may not be able to access your desktop or other applications without ending the simulation. To end the simulation, click...

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