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Clinica Familiare

In: Philosophy and Psychology

Submitted By zisho
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La nascita della terapia familiare: precursori e fondamenti epistemologici

La terapia familiare nasce intorno alla metà degli anni '50 in seguito ad iniziative personali ed isolate dei vari terapeuti. Sarà solo nel 1961-62, con la pubblicazione della rivista "Family Process", che avremo una vera e propria fondazione della terapia familiare, in quanto in questa occasione i vari "pionieri" della terapia si riunirono proprio per scrivere il manifesto della disciplina.
Vi sono diversi fattori che hanno favorito in quegli anni la nascita della terapia familiare. * L'ottimismo relativo alla possibilità di curare i disturbi psicologici, fisici e sessuali delle persone; * Lo sviluppo di una cultura della prevenzione, associata ad una concezione della persona come sana o quantomeno risanabile; * La differenziazione tra privato e pubblico; * Il boom economico.

In Italia, negli anni '60 è stata sicuramente la figura di Mara Selvini Palazzoli a portare avanti con successo le prime forme di psicoterapia familiare.

I presupposti teorico pratici da cui la terapia familiare trae le basi: * il movimento di assistenza sociale * la nascita della consulenza matrimoniale * il movimento della terapia sessuale

Dal punto di vista invece più puramente teorico, la nascita della terapia familiare può essere ricondotta ad una generale insoddisfazione di molti clinici nei confronti della psicoanalisi più ortodossa, la quale è sempre stata contraria al coinvolgimento dei membri della famiglia nella terapia, per questioni legate a setting, transfert etc. Ma già con i neofreudiani come Fromm o Sullivan si riconosce un'apertura in questo senso, principalmente considerando l'interazione dell'individuo con l'ambiente, di conseguenza mettendo in discussione il concetto di personalità individuale, a favore di un concetto più relazionale di essa. Ma quest'apertura è comunque imparagonabile con il movimento della terapia familiare reale. Si pensi inoltre ad altri psicologi dinamici come Melanie Klein, Jung, Adler, Bowlby e Winnicott. Tutti questi prendevano fortemente in considerazione le relazioni, ma più che considerare le relazioni reali erano concentrati su processi mentali intrapsichici. Inoltre, le relazioni considerate erano per lo più di tipo diadico.
Quindi, ricapitolando, per la terapia familiare si può e si deve intervenire sulla famiglia e non solo sull'individuo. I precursori di tale terapia sono da un lato l'assistenza sociale, la consulenza matrimoniale e la terapia sessuale, e dall'altro teorie come il culturalismo neofreudiano di Fromm, la teoria delle relazioni oggettuali e quella dell'attaccamento.

L’influenza della Cibernetica e della teoria dei sistemi

La cibernetica rappresenta una matrice epistemologa della terapia familiare in quando studia il controllo e la comunicazione, ed ha come principio fondamentale quello dell'autoregolazione e dell'omeostasi. Insieme ad essa, la teoria dei sistemi, secondo il principio che il sistema, indipendentemente dai suoi componenti, non è semplicemente la sommatoria delle sue parti.

Quindi la famiglia viene vista come un sistema omeostatico con numerose proprietà. Essa tende al mantenimento della propria stabilità, attraverso regole stabilite ed implicite, ed è altro dalla semplice somma delle sue parti.
All'interno della famiglia, la causalità è circolare. Ogni evento produce un effetto, che a sua volta produce un effetto di retroazione. La retroazione, ovvero il feedback, può essere positiva o negativa. Un feedback negativo è orientato verso la morfostasi e quindi la stabilità del sistema. Un feedback positivo invece promuove il cambiamento, orientando il sistema verso la morfogenesi.
L'individuo sintomatico è solo, per l'appunto, un sintomo. Viene trattato il sistema.
Importante è il ruolo di Gregory Bateson e della teoria del doppio legame, elaborata insieme al gruppo di Palo Alto. Il doppio legame è in sostanza un'interazione tra due individui nel quale vi è una contraddizione dei messaggi veicolati.
Nel doppio legame un membro dell'interazione è colui che lega, l'altro è la vittima. L'interazione deve essere ripetuta nel tempo. Vi deve essere quindi una veicolazione di due ingiunzioni, uno negativo, e l'altro in contraddizione con esso. Questo porta ad una terza ingiunzione che pone la vittima senza via d'uscita. Questo schema è autoperpetuante.
Il gruppo di Palo Alto quindi, composto da Bateson, Weakland, Haley e Fry, si concentra inizialmente sulla comunicazione animale, per poi, con l'ingresso di Don Jackson, interessarsi alla clinica e alla comunicazione schizofrenica.
Con la scissione del gruppo, viene costituito il MRI. E assistiamo ad un passaggio dalla cibernetica di primo ordine, basata sul feedback negativo (e quindi sull'omeostasi), ad una cibernetica di secondo ordine, basata sul feedback positivo (e quindi sulla morfogenesi).
Il sistema è quindi ora dinamico, e cambia adattandosi agli eventi critici. Possono esistere cambiamenti di primo ordine, secondo i quali l'equilibrio e le regole di base restano intatte ma cambiano le relazioni tra gli elementi del sistema, e cambiamenti di secondo ordine, più profondi, globali e definitivi. L'osservatore diventa inoltre parte del sistema osservato.

La terapia familiare come genere terapeutico

La terapia familiare è un genere terapeutico, così come lo sono la terapia di gruppo, di coppia o individuale. IL soggetto-oggetto di intervento è la famiglia.
La terapia familiare, nonostante abbia come matrice epistemologica la teoria dei sistemi, non coincide con l'approccio sistemico, poiché esso può essere applicato anche ad altri generi terapeutici. Inoltre anche la terapia familiare stessa fa capo a diverse altre teorie, psicanalitica, cognitivo comportamentale ecc...
Il principio comune ai vari modelli della terapia familiare (per modelli possiamo intendere il modo in cui viene concettualizzata la famiglia) è la centralità delle relazioni. Il luogo della sofferenza non coincide con la persona che presenta il sintomo, ma riguarda la rete relazionale all'interno della quale essa è inserita. Inizialmente, questa concezione ha portato ad una totale esclusione della dimensione individuale, ma più tardi è stata reintrodotta, in un'ottica di complessità e multidimensionalità. Resta comunque una tendenza di molti approcci ad escludere la responsabilità individuale, colpevolizzando totalmente la famiglia per il malessere dell'individuo.
Come già detto però tra i vari approcci e modelli vi sono differenze. Tra queste sicuramente è da ricordare la differenza nel modo in cui viene intesa una relazione. Questa può essere infatti vista sia come relazione in sé, altri invece parlano di interazioni e di scambi tra i partecipanti alle relazioni.

Per una definizione della Clinica

La clinica, come sostiene Cigoli, non consiste solo di presupposizioni concettuali, metodi e tecniche di intervento, ma rappresenta una vera e propria strada da percorrere che abbisogna di un atteggiamento mentale profondamente relazionale. Un buon clinico deve sapersi muovere tra i legami e sapersi muovere per coglierne le connessioni di senso. Vi deve essere una grande attenzione allo scambio tra le generazioni.
La clinica non coincide con la psicoterapia, al contrario la psicoterapia può essere un aspetto della clinica. La relazione, nonostante sia la sede in cui si originano i problemi ha anche il potere curativo di risolvere la situazione.
L'approccio sistemico-relazionale è un concetto piuttosto ampio. Sicuramente, i due approcci hanno in comune nel considerare l'intera famiglia come unità di cura, ma ad esempio, l'approccio sistemico considera la relazione come scambio tra i soggetti, mentre il relazionale la considera per se stessa, anche come dimensione inconscia e simbolica. L'etica alla base dell'approccio sistemico è basata sulla libertà del soggetto, al contrario il relazionale parla della responsabilità che il soggetto ha nei confronti dell'altro.
L'approccio sistemico ha inoltre una visione cibernetica, in primo luogo in senso omeostatico e successivamente in senso morfogenetico. Un concetto fondante è l'interazione tra i soggetti, e trae ispirazione da approcci come il comportamentismo e il cognitivismo. L'approccio relazionale invece ha base psicodinamica, filosofica, anche teatrale. Ha una visione generazionale, e si basa proprio sui passaggi generazionali.

Tra le principali teorie sistemiche ricordiamo quelle dei Modelli Sistemici, ovvero quello di Mara Selvini Palazzoli, i Modelli Strategici, come quello del Mental Research Institute, e i modelli Strutturali come quello di Minuchin.
Tra le teorie relazionali ricordiamo i Modelli intergenerazionali di Bowen e Nagy, quelli Esperienziali di Whitaker, e quelli psicoanalitici di Bentovim.

Terapie Sistemiche
La Scuola di Milano: Il Modello sistemico di Mara Selvini Palazzoli

Il modello conosciuto come sistemico in realtà origina da un percorso diverso. Mara Selvini Palazzoli infatti parte dalla medicina interna, passando per la psicoterapia individuale e la psicoanalisi, per poi approdare alla terapia della famiglia.
Il modello sistemico è scandito in fasi, dalla nascita, all'ipotizzazione, alla divisione in due equipe, al chiarimento e alla divulgazione di esso, all'applicazione del modello ad altri contesti, e alla nascita di nuovi modelli.

Nella prima fase, Selvini Palazzoli, conscia che la psicoanalisi aliena l'individuo dal contesto, si avvicina alla terapia familiare, e pubblica il testo Self Starvation, nel quale si evidenzia come i parenti dei pazienti sostengono sempre che in famiglia va tutto perfettamente, e che il paziente è l'unico fattore disturbante.
Ancora, riconosce che i sintomi sembrano essere una forma di adattamento a condizioni ambientali, ovvero della famiglia, e come le famiglie delle anoressiche sembrino tutte molto simili, con una madre molto potente nei confronti di un padre che vive nell'ombra.
Quindi si concentra sulla psicoterapia della famiglia, sostenendo che, da una prospettiva interpersonale, tutte le forme di malattia mentale sono logici adattamenti a sistemi transpersonali devianti e illogici.
Quindi, l'idea che ogni problema umano sia interpersonale, e che invariabilmente coinvolge altre persone, richiede un cambio di osservazione dall'individuale al sistema delle relazioni. Quindi, ciò che porta un paziente a comportarsi in una data maniera non è qualcosa che accade specificatamente al suo interno, i cui sintomi riflettono la sua dimensione intrapsichica, ma è un problema dovuto a disordini transazionali. In conclusione, gli strumenti concettuali della psicoanalisi non sono in grado di gestire ciò che accade all'interno di un sistema.
La famiglia è un sistema, in cui il comportamento sintomatico è mantenuto da pattern transazionali governati da regole.
La comunicazione patologica è di importanza centrale, così come il potere patologico del sintomo, ovvero il modo in cui influenza gli altri membri della famiglia. Il gioco familiare ha regole implicite, e gli interventi devono cercare di esplicitare tali regole.

Vengono utilizzati i cosiddetti interventi paradossali, ovvero:

* connotazione positiva ; tutti si adoperano per mantenere l'omeostasi * riformulazione paradossale ; si prescrive ai membri della famiglia di persistere nel proprio comportamento per il bene altrui; * rituali familiari; azioni prescritte alla famiglia al fine di cambiare le abituali regole di rapporto, proponendone di nuove ; prescrizione di un cambiamento di comportamento al posto di interpretazione.

La seduta è tipicamente strutturata in cinque parti; * preseduta * seduta * discussione della seduta tra i terapeuti * conclusione della seduta * discussione delle reazioni della famiglia al commento o alla prescrizione

Ma perché usare interventi paradossali? Essi appaiono come delle interpretazioni del perché il paziente ha sviluppato dei sintomi. Si tratta di ridefinizioni relazionali del sintomo come comportamento di protezione/sacrificio da parte del paziente a favore di altri membri della famiglia. Sostanzialmente, pone il sintomo in una dimensione relazionale, agli occhi stessi dei membri della famiglia.

Nella seconda fase il modello sviluppa metodologicamente i principi fondamentali di conduzione della seduta.

* Ipotizzazione ; l'ipotesi formulata dal terapeuta per organizzare le informazioni di cui dispone; * circolarità; il terapeuta conduce la sua investigazione basandosi sulle retroazioni della famiglia alle informazioni da lui sollecitate in termini di rapporti; * neutralità; un effetto pragmatico del comportamento del terapeuta tale per cui, al termine della seduta, ciascun membro della famiglia non sa di chi il terapeuta abbia preso le parti

L'ipotesi, in quanto tale, non è né vera né falsa, ma solo più o meno utile. Anche un'ipotesi che alla verifica risulti errata è comunque portatrice di informazioni, in quanto consente di escludere un certo numero di variabili che erano sembrate possibili.

Ogni ipotesi dovrà essere sistemica, dovrà cioè includere tutti i componenti della famiglia e fornirci una supposizione concernente il funzionamento della relazione globale.

La divisione in equipe della scuola porta una parte ad occuparsi di ricerca e della prescrizione invariabile, l'altro va ad occuparsi di formazione.

La prescrizione invariabile è un metodo sperimentale che viene proposto a tutte le famiglie anoressiche. L'obiettivo è operare sui confini del sistema familiare, proprio per ridefinire i ruoli del sistema genitoriale. I risultati sono stupefacenti, efficace con le famiglie prototipiche di questo disturbo. L'utilizzo di un solo tipo di intervento aiuta a raccogliere una grande quantità di informazioni comparabili sulle reazioni dei membri della famiglia. E si riscopre così l'individuo, riconoscendo il pericolo olistico di perdere di vista l'individualità.

Agli inizi degli anni 90, la scuola sistemica propone un modello diacronico stadiale a sei stadi, per descrivere la genesi delle psicosi a partire dallo stallo di coppia. Il gioco di stallo, è quando la coppia vive una lotta eterna, senza uscita, senza sfoghi catartici né separazioni liberatorie.

Don Jackson: Il modello del Mental Research Institute

Presso il Mental Research Institute viene sviluppato il Brief Therapy Project, un modello generale di formulazione e risoluzione dei problemi in dieci sedute. Gli obiettivi principali del progetto sono quello di ottenere un intervento rapido ed efficace per risolvere i problemi, riuscire a facilitare e promuovere l'insegnamento e studiare il cambiamento nei sistemi umani.
La BT viene usata per il trattamento di problematiche individuali e di coppia. Ciò di cui si lamenta il paziente va considerato come problema, non come sintomo. Ci si concentra sul comportamento, in particolare in riferimento alle interazioni con gli altri. Il comportamento di un individuo è influenzato da quello altrui.
Cosa fa si che il comportamento problematico persista?
Cosa bisogna fare per cambiarlo?

Il gruppo di Palo Alto quindi inizialmente è fondato da Jackson, su ispirazione delle teorie batesoniane. Successivamente si aggiungeranno Watzlawick, Haley e Weakland. Nel 1974, dopo la morte di Don Jackson, viene pubblicato il primo testo della BTP.

Fondamenti del Metodo
Sicuramente la cibernetica e le teorie sistemiche, unite al lavoro fatto dal gruppo sui pazienti schizofrenici. Inoltre, ciò che spinge il gruppo a sviluppare la BTP è il lavoro di Milton Erickson sulla terapia breve, il quale è anche noto per “costruire” un trattamento su misura del paziente. Oltre a questo, importante influenza è anche il lavoro di Von Foerster, esponente del costruttivismo e padre della cibernetica di secondo ordine, ovvero quella che stabilisce che la famiglia è un sistema orientato alla morfogenesi, capace di adattarsi a diversi eventi critici.

All’interno dell’MRI viene considerato centrale il concetto di concettualizzazione del problema. Vengono definiti quattro criteri fondamentali per definire un problema, sulla base di ciò che riferiscono i pazienti:

* Sto male/sono a disagio: è il disagio ad essere il problema, non è un sintomo di un disturbo sottostante. * Attribuisco il mio star male al comportamento di altri o di me stesso: il problema del cliente è connesso a quello di qualcun altro * Ho cercato di cambiare tale comportamento: il problema è in realtà connesso agli stessi comportamenti di risoluzione del comportamento problematico * Ma non ci sono riuscito: individuazione dei comportamenti che concorrono alla persistenza del problema

Un problema tipicamente nasce e si perpetua quando si affrontano in modo scorretto le normali difficoltà della vita (ad esempio le transizioni del ciclo vitale o eventi critici normativi)
La difficoltà diventa un problema quando il cliente, incapace di fronteggiare la situazione, mette in atto ripetutamente la stessa soluzione inadeguata, entrando in un circolo vizioso.
Le soluzioni adottate dai soggetti tipicamente sono congruenti con la cultura e i valori di riferimento dell’individuo.

All’MRI hanno anche provato ad identificare i modi “sbagliati” attraverso i quali i pazienti affrontano male i problemi.

Tentare di essere deliberatamente spontanei: è un comportamento che si attua ogni qualvolta si cerca di forzare se stessi o altri a “sentire” un’emozione o a desiderare qualcosa. Si cerca quindi di forzare la correzione di un problema, invece di attendere la sua autocorrezione spontanea. Spesso questa soluzione è anche incentivata dagli altri es. “tirati su” (viene adottata ad esempio da chi ha problemi di natura sessuale o abuso di sostanze)
Cercare un metodo senza rischi quando qualche rischio è inevitabile: cercando di evitare il problema o soprattutto il probabile fallimento, la persona crea esattamente ciò che cerca di evitare, aumentando il dubbio e l’indecisione, creando terreno fertile per il fallimento stesso. (viene adottato da chi ha difficoltà nella vita, nel lavoro, nel trovare l’amore o prendere decisioni importanti)
Cercare di raggiungere un accordo interpersonale attraverso l’opposizione: viene applicato da chi crede che qualsiasi questione può essere risolta parlando, specialmente i conflitti familiari e/o coniugali. Spesso invece sfocia in ulteriori litigi e critiche.
Confermare i sospetti dell’accusatore con la propria difesa: è un comportamento che porta ad un circolo vizioso. Se la persona A crede che B abbia comportamenti insidiosi ed invadenti, tenderà a mettersi ancora più sulla difensiva, generando ulteriore curiosità ed invadenza nella persona B.

Ovvero, in altre parole:
I quattro criteri fondamentali per definire un problema, secondo il gruppo guidato da Don Jackson, dipendono da ciò che i pazienti riferiscono in seduta. Questi infatti si presentano con una richiesta specifica riguardante una loro condizione di disagio, di malessere, ed è proprio questo disagio ad essere considerato il problema, invece di essere visto solo come sintomo di un disturbo sottostante. Inoltre, i pazienti possono riferire di attribuire il proprio star male a se stessi o al comportamento di altri, suggerendo che il suo problema sia connesso a quello di qualcun altro. Ma la chiave risiede nei tentativi di risolvere il problema, ovvero di superare il disagio. Questi comportamenti di risoluzione del comportamento problematico sono strettamente legati al problema stesso e concorrono alla persistenza di esso. Uno degli obiettivi è quindi identificare tali comportamenti. Quindi secondo il modello del Mental Research Institute, un problema nasce e si perpetua tipicamente proprio quando si affrontano in modo scorretto le normali difficoltà della vita, come ad esempio una transizione del ciclo vitale o eventi critici normativi. Quando queste soluzioni inadeguate vengono messe ripetutamente in atto, il paziente entra in un circolo vizioso da cui non sa uscire. Queste soluzioni inadeguate, tipicamente congruenti con la cultura e i valori di riferimento dell’individuo, sono tipicamente ascrivibili a quattro diverse tipologie, tra cui il tentare di essere deliberatamente spontanei, ovvero cercare di forzare se stessi o altri a provare o a desiderare qualcosa. Si cerca quindi di forzare la correzione del problema invece di attendere la sua autocorrezione spontanea. Altri sono il cercare di trovare una soluzione senza rischi quando il rischio è in realtà inevitabile, cosa che accade tipicamente quando si vuole evitare di fallire a tutti i costi, finendo per aumentare dubbi ed indecisioni, e di conseguenza favorendo le possibilità che il fallimento accada, come ad esempio un individuo che cerca di migliorare i suoi rapporti con le donne, che viene sommerso dai dubbi e dalle incertezze sul modo migliore per tentare un approccio. Una terza tipologia di soluzione inadeguata è invece riscontrabile quando un soggetto tenta di risolvere un problema attraverso l’opposizione, ed è messa in atto da coloro che sono convinti che ogni problema può essere risolto parlando. Spesso tale approccio porta invece ad ulteriori litigi ed incomprensioni. L’ultima categoria identificata dal gruppo dell’MRI è relativa a quel tipico circolo vizioso cui si va incontro nel momento in cui si tende a confermare i sospetti di un accusatore attraverso la propria difesa. Ciò accade ad esempio quando un soggetto A, convinto che un soggetto B sia invadente e attui comportamenti insidiosi nei suoi confronti, decide di chiudersi in se stesso. Questo comportamento in realtà porterà il soggetto B ad essere effettivamente insidioso ed invadente, dando ad A la conferma di ciò che pensava. Una situazione del genere è tipicamente visibile nei rapporti tra genitori e figli adolescenti.

Il terapeuta deve svolgere diversi compiti durante la terapia breve. Innanzitutto, deve occuparsi di identificare il prima possibile i membri della famiglia motivati verso il cambiamento, ovvero coloro che riconoscono il problema quanto lo fa lui.
Deve quindi specificare il problema che si ha davanti, ed esplicitare le soluzioni che sono state applicate, fallendo, per risolverlo. Deve poi definire degli obiettivi e formulare un piano per promuovere il cambiamento, intervenire di fronte a soluzioni errate, valutare l’efficacia del trattamento, e concluderlo.

Il modello di intervento operazionalizzato è quindi limitato a 10 sedute. È articolato in 3 fasi:

1. Preparazione del terreno per il trattamento:
Il trattamento comincia a partire dal primo contatto telefonico
Bisogna prendere atto della prospettiva del cliente rispetto al suo problema e rispetto al trattamento. Ovvero, cosa ne pensa e cosa spera di ottenere.
Il terapeuta deve essere sempre libero di esprimere il proprio giudizio. Inoltre, deve essere chiaro, prendersi del tempo prima di dare direttive, e riuscire ad immaginare di “licenziare” il cliente, per non forzarsi ad avere il cliente a tutti i costi.

2. Raccolta dei dati: a. Far si che i clienti parlino con il terapeuta e non tra loro, cercando di descrivere le interazioni familiari come un copione b. Assumere una posizione one-down, evitando di presentarsi come esperti c. Definire immediatamente il problema, nel qui ed ora d. Individuare i tentativi di risoluzione e. Stabilire un obiettivo minimo e concreto, alla luce del limite di dieci sedute

3. Pianificazione del caso:
Pianificare il modo per interrompere i tentativi di soluzione inadeguati
Trovare una connessione tra tutti i tentativi errati messi in atto dalla famiglia

In sintesi
Riassumendo, la BTP dell’MRI si concentra sul problema, inteso come disagio nel qui ed ora e non come sintomo epifenomenico di qualcosa di intrapsichico. Il problema nasce dai tentativi sbagliati nell’affrontare le difficoltà della vita. Il terapeuta deve essere in grado di identificarli e riconoscere i pattern interattivi tra i membri della famiglia, sperando di arrivare a trovare una connessione tra tutti i tentativi di soluzione messi in atto. L’obiettivo è eliminare il problema.
In questo approccio l’intrapsichico è messo da parte, e concentrandosi sul qui ed ora, viene trascurata anche la dimensione della storia familiare ed individuale. Il terapeuta è fortemente direttivo, prescrive compiti, rituali, esercizi.

Jay Haley e il Modello Strategico

Il modello strategico di Haley può essere riassunto da una sua frase del 1980:

“Il terapeuta della famiglia non si chiede quale tipo di persona essa sia
O quali esperienze passate l’abbiano portata ad un comportamento di
Questo tipo, ma quale funzione svolga la depressione nella situazione
Presente e in che modo si riveli appropriata a ciò che sta avvenendo.”

Haley inizialmente divulga le teorie altrui, ma nel 1976 propone la prima sintesi della terapia strategica, che di fatto è un’evoluzione di quella di Milton Erickson.
È il terapeuta che deve occuparsi di trovare la strategia più adeguata per risolvere i problemi del paziente, problemi che vanno concettualizzati in modo da creare una strategia ad hoc per ciascuno.
La risoluzione del problema è ciò che permette alla famiglia di superare le crisi ed evolvere verso uno uno stadio successivo della vita familiare. Il terapeuta stabilisce obiettivi per far si che ciò avvenga.

Per concettualizzare il problema, Haley propone sei dimensioni:

* Comportamento involontario vs. comportamento volontario: il sintomo viene riformulato come comportamento volontario e sotto controllo del paziente. * Impotenza vs potere: il terapeuta valuta la distribuzione del potere nella famiglia * Sequenze metaforiche vs sequenze letterali: il sintomo non è un problema individuale ma una metafora di altro problema. Il cambiamento va introdotto nella sequenza interattiva e non nel singolo. Ciò che conta è la scansione degli eventi in ottica logica e cronologica. * Gerarchia vs uguaglianza: il sintomo riflette un’incongruenza nell’organizzazione gerarchica della famiglia. Pensare ad esempio alla parentizzazione. * Ostilità vs amore: quale significato hanno le azioni dei membri familiari? Quale motivazione? * Vantaggio personale vs altruismo: la motivazione sottesa al comportamento sintomatico è un vantaggio personale o preoccupazione per l’altro e la richiesta d’amore? Tale risposta è fondamentale per stabilire una strategia terapeutica.

Per Haley, l’origine di tutti i problemi portati in terapia è il dilemma tra amore e violenza. I membri familiari spesso sono ingaggiati in una lotta per essere amati dagli altri, fino alla violenza contro se stessi e contro gli altri. L’amore in famiglia deve essere ridefinito: si deve passare dal desiderio di essere amati al desiderio di amare gli altri. Le interazioni tipiche sono connotate da richieste e critiche eccessive.

Sintesi
Haley dà grande importanza al potere all’interno della famiglia. Il modo in cui è distribuito e la gerarchia del potere sono molto importanti. Anche il sintomo, per Haley, è un modo per avere potere sugli altri. La struttura familiare si fonda su una gerarchia, e il terapeuta deve assicurarsi di ripristinarla. Il sintomo è uno sbilanciamento nella struttura familiare. La terapia quindi si occupa di ridefinire il problema, concentrandosi sui punti di forza del cliente. Anche in questo caso il terapeuta è direttivo, pragmatico.
Ovvero, in altre parole:
La terapia strategica di Jay Haley si focalizza sul problema, sostenendo che il terapeuta della famiglia deve interrogarsi su quale funzione il problema svolga e in che modo si riveli appropriato alla situazione in corso. Il modello, che ha come basi quello di Milton Erickson, sostiene che il terapeuta sia responsabile di pianificare una strategia efficace per risolvere il problema, che va accuratamente concettualizzato per potere così formulare una strategia ad hoc per il paziente. Per ogni paziente, una strategia. Il comportamento dell’individuo è comprensibile solo alla luce del contesto ambientale, e si cambia al cambiare del contesto familiare. La risoluzione del problema, ottenuta attraverso la ridefinizione di esso e lo stabilimento di obiettivi, permette alla famiglia di uscire dalla crisi e procedere verso il prossimo stadio dell’evoluzione familiare.
Essendo quindi la concettualizzazione del problema il punto centrale, Haley identifica sei dimensioni utili a questo scopo. Innanzitutto, il problema viene ridefinito, si passa dalla visione di esso come comportamento involontario a volontario, sotto controllo del paziente. Il terapeuta inoltre deve valutare la distribuzione del potere all’interno della famiglia, poiché una distribuzione iniqua di esso è spesso fonte di problemi. Anche il sintomo, per Haley, è un modo per avere potere sugli altri. Strettamente collegato al concetto di potere, vi è quello di gerarchia e uguaglianza.
Il sintomo spesso è un riflesso di un disequilibrio o meglio ancora di un’incongruenza nell’organizzazione gerarchica della famiglia, ad esempio una situazione in cui il bambino ha una posizione di leadership rispetto ai genitori. Compito del terapeuta è ristabilire le gerarchie in modo appropriato. Haley parla anche di sequenze metaforiche e letterali, sostenendo che il sintomo non è un problema individuale ma una metafora di un altro problema, relazionale. Il cambiamento quindi va introdotto nella sequenza interattiva e non nel singolo. Infine, concetto cardine della terapia strategica, troviamo la lotta tra ostilità e amore. Il terapeuta quindi nella concettualizzazione del problema deve riconoscere se il comportamento sintomatico è motivato da sentimenti di ostilità o di amore, e se sono legati alla ricerca di un vantaggio personale o di altruismo, ovvero una preoccupazione per l’altro e una richiesta d’amore. Il concetto di richiesta d’amore è fondamentale, infatti Haley sostiene che spesso i membri familiari sono ingaggiati in una lotta per essere amati dagli altri, cosa che spesso porta a comportamenti violenti verso se stessi e gli altri, e quindi l’amore in famiglia va ridefinito, occorre passare da un desiderio di essere amati al desiderio di amare gli altri. La terapia quindi cerca di ridefinire il problema, sfruttando soprattutto le risorse e i punti di forza del cliente. La terapia può essere condotta individualmente e agisce sul qui ed ora, e pone molta importanza su ciò che accade tra le sedute.

Salvador Minuchin e il Modello Strutturale

Per Minuchin, la famiglia è un sistema interpersonale organizzato come nodo di relazioni. La famiglia è la struttura elementare della parentela, che fonda l’unità simbolica e biologica mantenendo strettamente interrelati due livelli di relazione. Il primo livello è generale perché coinvolge le regole universali che governano l’organizzazione familiare. Per esempio, deve esserci una gerarchia di poteri e di responsabilità, in cui i genitori e i figli hanno diversi livelli di autonomia. Il secondo livello invece è specifico delle singole famiglie, e comprende le reciproche aspettative di tutti i componenti della famiglia. L’origine di queste aspettative risale ad anni di negoziati impliciti ed espliciti su quelli che in apparenza sono definiti piccoli eventi quotidiani alla base del mito, ovvero della storia familiare.

Minuchin inizia come psichiatra a New York per il recupero di giovani delinquenti. Nonostante ottenesse risultati incoraggianti nella terapia individuale, al momento del reinserimento in famiglia vi era un ritorno dei sintomi. Quindi decide di adottare una prospettiva familiare. Si rende conto che le famiglie di origine di questi ragazzi erano molto simili tra loro, o quantomeno avevano caratteristiche in comune: * Stile di interazione concreto ed orientato all’azione * Presenza di ruoli mal definiti * Presenza di un sistema di ricompense e punizioni caotico ed imprevedibile

Questi contesti familiari quindi influenzano i figli, portandoli ad avere una scarsa tolleranza alla frustrazione, il predominio dell’azione sul linguaggio, il pensiero concreto, delle relazioni oggettuali finalizzate al soddisfacimento di un bisogno e un acting-out cronico, all’insegna dell’impulsività.
Il contesto familiare quindi, per Minuchin è organizzatore o disorganizzatore per l’individuo. Gli interventi devono necessariamente essere rivolti al contesto.
Iniziando a lavorare con famiglie più eterogenee, scopre che molte famiglie dei bambini con disturbi psicosomatici presentavano delle caratteristiche comuni. Infatti all’interno di queste famiglie vi era un’eccessiva rigidità, iper-organizzazione, un eccesso di stabilità.
L’intervento terapeutico deve essere finalizzato al ridefinire i confini, destrutturazione dei modelli familiari rigidi al fine di costruirne altri più funzionali.
Nella sua prima formulazione sistematica del modello della terapia familiare strutturale, Minuchin ovviamente sposta il luogo della patologia nella famiglia piuttosto che nell’individuo, e decide di concentrarsi molto più sul qui ed ora anziché nella storia passata. La famiglia in questo momento viene vista come organismo vivente che si sviluppa e si adatta all’ambiente che cambia.

Per Minuchin, una famiglia ben funzionante non è una famiglia priva di stress, conflitti e problemi, ma per le modalità efficaci con cui li gestisce, e queste modalità dipendono dalla struttura e dalla adattabilità della famiglia stessa. L’adattarsi alla propria famiglia non impedisce la differenziazione dell’individuo, che avviene, per Minuchin, all’interno del gruppo familiare e non in opposizione ad esso.

Riguardo alla struttura della famiglia, Minuchin parla di limitazioni, che possono essere generiche o particolari, e rappresentano le regole/aspettative, esplicite o più spesso implicite, che si sviluppano all’interno della famiglia. Inoltre, l’adattamento reciproco dei componenti di ciascun membro della famiglia (genitore buono/severo) viene definito come complementarietà, concetto che descrive la famiglia come un puzzle, un team famiglia ben funzionante. I sottosistemi sono presenti in tutte le famiglie, ciascuno con una propria funzione. Esiste ad esempio il sottosistema coniugale, basato sul sostegno reciproco o sulla squalifica, il sistema genitoriale, fraterno. I sottosistemi sono definiti dai confini, ovvero le regole che stabiliscono chi deve essere in contatto con chi e su cosa. I confini devono essere chiari e flessibili, non devono essere né troppo rigidi, né troppo permeabili.
Introduce anche il concetto di olone, il quale rappresenta sia la parte che il tutto. La famiglia nucleare è un olone della famiglia estesa, che a sua volta lo è della comunità.
Anche Minuchin riconosce delle sorte di fasi del ciclo di vita, o stadi evolutivi, e discute dell’adattabilità della struttura familiare ai nuovi bisogni, derivanti da transizioni critiche normative.
Questi stadi sono: * Formazione della coppia * Nascita di un bambino -> famiglia con figli piccoli * Figli in età scolare / adolescenti * Figli adulti

Le strutture devono essere in grado di cambiare ed evolvere.
Minuchin in sostanza è stato uno dei primi a riconoscere che l’apertura di un sistema, in modo comunque funzionale, permetteva un influsso di energia in grado di suscitare delle modifiche nel sistema stesso, un nuovo regime dinamico che corrisponde ad un nuovo stato di complessità.

Per Minuchin, la famiglia disfunzionale è quella famiglia che non sa provvedere alla crescita dei suoi componenti.

La disfunzionalità si basa su tre elementi fondamentali:

* Descrizione delle strutture disfunzionali
Fondamentale è l’asse disimpegno/invischiamento, ovvero la rinuncia alle funzioni genitoriali vs un eccesso di preoccupazione.

* La famiglia disimpegnata è quella famiglia i cui confini sono troppo rigidi, ovvero ognuno pensa per sé e non è coinvolto nella vita degli altri. Vi è un eccesso di distanza emotiva, e nessun sostegno reciproco. Le funzioni di accudimento sono insufficienti, e si accompagnano ad un’eccessiva tolleranza verso la devianza. Le reazioni sono ritardate e vi è una scarsità di contatti. * La famiglia invischiata, al contrario, ha confini deboli e troppo permeabili, vi è un eccesso di prossimità dei membri, e l’eccessivo legame tra i membri della famiglia si accompagna ad una chiusura di essa nei confronti del mondo esterno. L’eccessiva vicinanza dei membri della famiglia si traduce in scarsa differenziazione individuale, scarsa autonomia, intensa reazione alla devianza, e una stretta interdipendenza. Ovviamente, vi è un eccesso di preoccupazione, in particolare una fortissima resistenza al cambiamento.

Ovviamente si tratta di tipi ideali. Nella realtà le famiglie presentano caratteristiche di entrambe le tipologie.

* Spiegazione della disfunzione familiare
La disfunzione è determinata dal fallimento da parte della famiglia nell’affrontare gli elementi stressanti, interni od esterni, che gli si parano davanti.

* Descrizione della relazione tra disfunzione familiare e sintomi individuali
Il contesto si adegua passivamente al sintomo, che non viene messo in discussione. La struttura ha un ruolo attivo nella genesi del sintomo , impedendo lo sviluppo di comportamenti più maturi. La famiglia è il “beneficiario” del sintomo, perché ne incoraggia la manifestazione. Il sintomo ha una funzione di regolazione delle interazioni familiari.

Sintesi
Il modello di Salvador Minuchin è concreto, pragmatico, facilmente trasmissibile perché insegna cose e non teorie. Il terapeuta, anche qui, è direttivo, ma caldo. Il terapeuta è agente del cambiamento, si occupa di “far accadere”.

Confronti Minuchin VS Haley
Molti hanno paragonato la terapia strutturale di Minuchin con la terapia strategica di Haley. In effetti, le due terapie hanno svariate somiglianze, nei presupposti, tra le quali ricordiamo: * Il comportamento dell’individuo può essere compreso solo nel suo contesto ambientale * Il comportamento individuale cambia al cambiare del contesto familiare * La famiglia come sistema gerarchico governato da regole * La famiglia è un sistema normativo e dinamico, in evoluzione, scandito da un ciclo di vita

Nella tecnica anche riusciamo a riconoscere delle somiglianze. Entrambe le terapie sono brevi, pragmatiche, focalizzate solo sul qui ed ora, con l’obiettivo di cambiare comportamenti ripetitivi. Il terapeuta, che fa uso di prescrizioni e paradossi, è direttivo in entrambe le terapie.
Ma ovviamente tra i due modelli esistono anche numerose differenze. Per la terapia strutturale la retroazione è negativa, al contrario è positiva per Haley.
Minuchin si concentra sulla struttura della famiglia, al contrario il focus per Haley è sul sintomo/problema. Per Haley si può lavorare solo con un membro della famiglia, mentre Minuchin lavora con la famiglia intera e dà importanza a ciò che succede durante la seduta, per Haley è importante anche ciò che accade tra una seduta e l’altra. La terapia strutturale, inoltre, è molto sensibile al contesto sociale.

I modelli Narrativi e Costruzionisti di White e Ugazio

I cambiamenti socio-culturali e politici a cavallo degli anni ’90, uniti alla diffusione delle tecnologie di “saturazione sociale”, dove ciascuno è immerso in una molteplicità di messaggi che veicolano incessantemente modelli di vita diversi e addirittura contraddittori, hanno prodotto una perdita di unità e di coesione del Sé, che è diventato quindi instabile, frammentato, impossibilitato di produrre una narrazione coerente.

Proprio il narrativismo è un concetto emergente nella terapia familiare. Le persone costruiscono le proprie vite in forma di storie. La terapia narrativa di Michael White, prevede che l’intervento terapeutico oggettivi l’esperienza delle persone, traducendola in storie modificabili poi dai clienti. Il costruzionismo invece, sostiene che il sé non sia lavoro di costruzione individuale ma interattivo, come risultato di scambi e conversazioni cui partecipiamo. Il focus è in particolare sulla costruzione sociale fatta attraverso il linguaggio. L’identità deriva dalle narrazioni scritte da ciascuno all’interno di questi scambi conversazionali.

La terapia sistemica individuale di Valeria Uguazio invece stabilisce che l’identità dell’individuo viene costruita e ricostruita attraverso la partecipazione ad un certo tipo di conversazione familiare, tale per cui ciascuno di con-pone con gli altri e organizza la realtà coerentemente con la posizione che occupa rispetto ad altri membri. Ogni conversazione familiare si organizza intorno a polarità semantiche legate al contesto socio-culturale, rispetto alle quali ciascun membro di con-pone e co-costruisce la propria identità. La diagnosi è un processo interattivo, e la terapia promuove la co-costruzione di nuovi significati e di un nuovo contesto. Pertanto, il terapeuta deve mantenere una posizione esterna alla famiglia.

Terapie Relazionali

Il Modello Intergenerazionale di Murray Bowen

Un concetto fondamentale del modello di Bowen è la differenziazione. Per Bowen, una persona poco differenziata può sembrare normale in condizioni non ansiogene, ma è la prima a manifestare i sintomi abituali man mano che i livelli di ansia aumentano.

Bowen ricerca i principi che accomunano tutti i sistemi naturali (teoria della vita). Inoltre, critica il “terapeuta specializzato”, definendo la terapia come un antibiotico ad ampio spettro. Per quanto riguarda la tecnica, la terapia viene svolta su singoli individui, per favorire la differenziazione dai membri familiari. Propone inoltre il genogramma, un utile strumento per cogliere le ripetizioni transgenerazionali.
La teoria di Bowen non riguarda solo la famiglia, ma la vita, il fenomeno umano nel suo complesso. Lo studio della famiglia permette di mantenere la comprensione dei sistemi naturali globali, di cui la famiglia fa parte.
Bowen prova a rendere continuo (continua universali) ciò che tipicamente viene dicotomizzato. L’accento viene posto sulle forze emozionali comuni a tutte le forme del protoplasma. L’unità di osservazione e di cura è la famiglia nel suo intero, l’approccio sottolinea le forze emozionali comuni a tutte le famiglie.

Il concetto base della teoria, come già detto è la differenziazione. Esso è un processo che dura tutta la vita, ed è fortemente relazionale, in opposizione col concetto di autonomia. Il sintomo si manifesta in tre diversi luoghi.
La relazione coniugale, la salute fisica-mentale di uno dei due partner, e la salute dei figli. Il focus non è né sul sintomo, né sul problema, ma sui fattori emozionali sistemici. Le forze sistemiche, sia della famiglia nucleare sia transgenerazionali.
Bowen pone un grande accento sullo sviluppo personale del terapeuta, poiché il paziente non può maturare oltre il livello di maturità del terapeuta. La differenziazione è vista come tecnica, ovvero il terapeuta deve lavorare sulla propria differenziazione perché la capacità di applicare la terapia dipende da essa.
Per Bowen il movente principale di tutti i sintomi è l’ansia cronica, che ha una trasmissione generazionale. La differenziazione è l’antidoto ad essa, un processo duraturo che permette al soggetto di essere, pur continuando ad “appartenere”. La famiglia è un sistema emozionale, i cui membri hanno una interdipendenza emozionale. Essa influenza il funzionamento dei membri, ed è importante la posizione che essi occupano al suo interno.

Bowen propone il concetto di triangolo emozionale, ovvero una tripartizione di ogni sistema emozionale. Il triangolo è l’unità di base per mantenere la stabilità del sistema.
La trasmissione è multigenerazionale, le generazioni appartengono ad un processo naturale continuo. Sono quindi importanti le famiglie di origine.

Ponendo su due assi la differenziazione (ordinata) e la “condizione” di crisi (ascissa), Bowen identifica tre quadranti. Nel quadrante uno, con alta differenziazione e bassa crisi, ovviamente non c’è patologia. Il quadrante due rappresenta una condizione di pericolo, poiché vi è bassa differenziazione e quindi una situazione di rischio potrebbe portare alla patologia rappresentata nel quadrante quattro. Nel quadrante tre, c’è funzionalità. L’alta differenziazione permette di gestire la crisi.

Terapia
Per Bowen, non esistono distinzioni tra teoria e pratica. Pensare la teoria è già pratica. Il terapeuta, visto come agente di cambiamento, ha un ruolo fondamentale, in quanto egli può promuovere la differenziazione nella famiglia solo fino al punto in cui egli ha maturato la sua differenziazione personale. Quindi, il funzionamento emozionale del terapeuta è centrale.
L’obiettivo della terapia è insegnare alle persone a far emergere il proprio sé ed essere più obiettivi su di sé in relazione al proprio ambiente.

I principi della terapia sono tra loro interdipendenti. Essi sono la prossimità, l’obiettività e la guarigione come fenomeno autogenerativo.

* La prossimità è un concetto legato ai confini. Il problema delle famiglia è riuscire a capire dove ciascuno inizia e l’altro finisce. Questo è ovviamente legato al concetto di differenziazione e al suo opposto, la fusione. A prescindere dalla natura del sintomo bisogna promuovere la differenziazione del portatore, poiché esso influenza profondamente la famiglia.

* L’obiettività pone il terapeuta fuori dal transfert, ovvero esterno al triangolo familiare. Egli deve farsi piccolo, non partecipare. Deve essere un catalizzatore, cioè sollecitare una reazione negli elementi impossibile in sua assenza. E inoltre, come già detto deve fare domande. Deve restare in contatto con le persone senza farsi coinvolgere.

* La guarigione è un fenomeno autogenerativo, autoresponsabile, e autorealizzantesi. Assumersi la responsabilità della propria esistenza dà origine al sé. E ciò è una risorsa necessaria alla sopravvivenza.

Guarigione e patologia sono spinte dalle stesse forze universali. La crisi e la malattia sono opportunità di differenziazione. La patologia esiste perché l’organismo la replica, e la tollera. Lo sviluppo dell’autoregolazione è ciò che conduce alla salute dell’organismo.

Esistono due processi nei sistemi naturali, che hanno ricadute nella terapia.
La vita si muove sempre verso la vita. Il terapeuta deve scoprire quali forze fanno procedere la vita e allineare il funzionamento del cliente a queste forze. Attraverso tali forze si può inibire l’ansia cronica, e stimolare le risorse proprie dell’organismo.

I processi di maturazione hanno una propria cornice temporale, ovvero, richiedono tempo. Esso non può essere imposto o accelerato. La frequenza e la durata del colloquio sono influenzate da questo. È più importante il tempo del processo della differenziazione che la frequenza delle sedute, che non devono essere più di una ogni due settimane.
Per cambiare una famiglia sono necessari quattro anni, e la valutazione richiede una prospettiva di diverse generazioni. Se il cambiamento della famiglia va di pari passo con quello fatto da un partner con la sua famiglia d’origine, è un cambiamento fondamentale ed importante. Se invece esiste perché è un adattamento al sintomo, esso ha una minore possibilità di durare.

Il Modello Contestuale di Boszormenyi-Nagy

La terapia contestuale si concentra sulle risorse relazionali su cui far leva per il cambiamento. Le risorse della cura, dell’attenzione, e del legame.
Una persona riceve dal suo passato e dai suoi genitori e dà attraverso i suoi figli e il suo futuro. Ogni atto che salda gli obblighi contratti reciprocamente aumenterà i livello di lealtà e fiducia nel rapporto.

Nagy parla dell’etica delle relazioni, dando attenzione alla responsabilità individuale e all’etica multilaterale. Il sé è inseparabile dalla relazione, ma al tempo stesso vi è interesse per la soggettività. È l’individuo ad essere destinatario dell’azione terapeutica.
Il concetto di lealtà è molto importante. Gli obblighi di realtà e le realtà condivise sono impegni di lealtà, come fibre invisibili.
Il contratto terapeutico è multilaterale, esiste un’equità della relazione terapeutica ed un evitamento, da parte del terapeuta , di posizioni colpevolizzanti e/o passivizzanti.

Dopo il riconoscimento dei limiti del modello di psicoterapia individuale, Boszormenyi-Nagy sviluppa un modello di terapia familiare sulla base del concetto che il sé è inseparabile dalle relazioni. La terapia non si concentra più solo sulla famiglia nucleare e sul qui ed ora, ma vengono sperimentati modelli di collegamenti multigenerazionali.

Boszormenyi-Nagy parla di quattro dimensioni relazionali per descrivere il funzionamento familiare: * I fatti
Tutto ciò che proviene dal destino. Possono essere inevitabili, ovvero provengono dal caso o dal destino (identità etnica, di genere) o evitabili, rappresentati dalla realtà originata e costruita dalla comprensione, dall’azione e dalle scelte * La psicologia
Ciò che accade all’interno di una persona. È una dimensione fondata sull’individualità. * Le transazioni * Ovvero i modelli di organizzazione della famiglia (strutture, nomi, alleanze) * L’etica relazionale multilaterale
È la pietra angolare del modello. È una forza dinamica fondamentale che tiene insieme le relazioni familiari e sociali attraverso l’affidabilità e l’attendibilità. È un processo che porta a raggiungere il giusto equilibrio di equità tra le persone. Per valutare l’equilibrio è necessario un processo multilaterale, ovvero la considerazione, da parte di ciascun membro della famiglia, degli interessi di tutti i familiari, unitamente ad una condivisione reciproca di tali considerazioni. Sul versante della terapia, l’etica si esplica nella parzialità multidiretta, il principio in base al quale il terapeuta promuove la considerazione degli interessi di tutte le persone coinvolte nell’intervento.
La fiducia è un aspetto fondamentale della relazione e consente il dialogo rispetto ad obblighi e diritti di ciascuno; rappresenta un traguardo etico e deriva dalla relazione: si tratta di preoccuparsi ed esprimere adattamento funzionale. Il riconoscimento di un debito e l’esercizio del proprio diritto ad estinguerlo sono passi fondamentali per costruire la fiducia.

Il contesto relazionale di base del modello di Boszormenyi-Nagi si basa su una prospettiva multigenerazionale, per la quale è necessario considerare una cornice di almeno tre generazioni, la quale comprenda il contesto storico e sociale di ciascuna generazione. L’eredità è l’insieme delle aspettative di ognuno, ed esse influiscono sulla discendenza.
Rappresentano l’imperativo genitoriale che porta a ribaltare le ingiustizie del passato a beneficio delle generazioni successive. Le origini delle ingiustizie ereditarie sono multigenerazionali.
Il registro è l’insieme dei debiti e dei crediti personali: ciò che è stato dato e ciò che si riceve in cambio, ciò che si è ricevuto e che si deve restituire. Riguarda l’equilibrio tra due componenti etiche, la lealtà fililale e il merito.

La famiglia viene rafforzata da spostamenti ricongiuntivi e indebolita da spostamenti disgiuntivi.
La stagnazione relazionale è determinata da qualsiasi tipo di disimpegno familiare rispetto all’equità, ovvero gli spostamenti ricongiuntivi vengono bloccati, danneggiando la fiducia ed aprendo un credito distruttivo, acquisito a seguito di sofferenze legate ad ingiustizie passate.
La relazione genitore-figlio è asimmetrica, ma si tratta di un’asimmetria equa. La maggior parte del “dare” fluisce dai genitori verso i figli, e ciò costituisce l’ancoraggio della fiducia multigenerazionale. Le relazioni coniugali, invece, sono “salutari” nel momento in cui esiste una simmetria di diritti e di responsabilità, ma se i loro interessi si scontrano diventano necessari il negoziato ed il compromesso. Nella situazione sana ciascuna coppia sceglie e negozia le proprie consuetudini, basandosi sulla complementarietà a livello transazionale, in una interazione continua.
La lealtà è una dinamica fattuale, relazionale, centrale per il funzionamento del bambino anche quando diventa adulto, che gli permette di possedere una riserva di fiducia da cui può alimentare la fiducia nei confronti dei genitori. Il diritto a dare del figlio, unitamente all’obbligo che deriva dal debito figliale, contribuiscono a creare la lealtà.
L’individuazione è l’obiettivo che viene raggiunto sia attraverso la capacità di definizione di un sé oggettuale, sia mediante la convalida del sé nella relazione con l’altro. È importante un impegno responsabile all’interno della relazione, attraverso un dialogo relazione maturo e multilaterale.

L’approccio contestuale ha anticipato il concetto di sé relazionale, ha evidenziato la prospettiva multilaterale, ed ha posto l’accento sull’equità, valori assimilabili a quelli femministi.
I problemi sono onnipresenti e spesso generano conflitti, il processo attraverso cui vengono affrontati è deciso dalla definizione contestuale delle relazioni.
L’affetto e la sessualità sono grandi risorse nelle relazioni, e non sono secondarie rispetto a fiducia ed equità.
Il desiderio di equità è fondamentale ed universale, anche se ne esistono varie forme, determinate dal contesto, sia sociale, ma anche interno alle famiglie.

L’interesse per i posteri è un aspetto transgenerazionale anche nelle relazioni con i partner, che le generazioni future non possono ignorare.

Il modello contestuale non fa della patologia la linea guida primaria: il focus è sulle risorse relazionali della famiglia, su cui fare le va per il cambiamento. La famiglia non va considerata come causa delle difficoltà individuali, essa è la fonte di risorse, anche se sono presenti al suo interno mancanze gravissime. La giustizia distributiva è determinante. La prevenzione della disfunzione e il rafforzamento del sistema “immunitario” della famiglia sono gli obiettivi da raggiungere.

La disfunzione familiare è caratterizzata e perpetuata dalla disperazione, vale a dire la perdita di speranza e di fiducia nei legami. Essa risulta nella stagnazione etica, che implica una forma di giustificazione chiamata credito distruttivo, un credito fondato sulle ingiustizie realmente subite in passato. In tal modo si crea una spirale distruttiva a livello di fiducia-reciprocità, che potrebbe trasformarsi in auto-distruttività.
Il concetto di stagnazione indica i tentativi non validi di risolvere i problemi interni alla famiglia, i quali caratterizzano la disfunzionalità. Al contrario, indice di un buon funzionamento familiare sono gli equilibri relazionali.

L’approccio contestuale identifica strutture e configurazioni relazionali che sono elementi chiave per il buon funzionamento familiare, le quali possono essere considerate sia potenziali risorse che fonte di disfunzionalità.

La disfunzionalità si può esprimere attraverso diversi processi:

Lealtà divisa: quando i genitori vivono in uno stato di estrema sfiducia reciproca, il figlio si trova a poter offrire lealtà solo ad uno dei due. Può arrivare ad esprimere un sintomo per far riavvicinare i genitori. È importante in questo caso riconoscere la situazione e promuovere le alleanze positive.
Lealtà invisibile: la lealtà filiale, che origina dalla radice del merito genitoriale e dal diritto a dare specifico della prole, può essere celata, e in tal caso può dare forma a patologia.
Mistificazione del figlio: al figlio non viene dato modo di accedere alla conoscenza diretta dei termini del registro multigenerazionale e per questo può credere che l’obbligo nei confronti dei genitori sia inestinguibile. La lealtà indiretta verso un genitore distante può essere espressa attraverso la slealtà nei confronti del proprio coniuge.
Piattaforma girevole e credito distruttivo: nella piattaforma girevole i modelli relazionali vengono replicati da una generazione a quella successiva, creando una catena distruttiva che blocca il rimorso e di conseguenza la guarigione. Ciò attanaglia tutte le generazioni. Comportarsi diversamente sarebbe una costrizione ad uscire dalla propria radice generativa. Questo aspetto è rafforzato dal credito distruttivo ed è il fattore principale di disfunzione familiare e coniugale.
La terapia non può annullare il credito distruttivo, ma può aiutare le persone a fare meno affidamento su di esso; la liberazione dalla spirale autodistruttiva può avvenire solo attraverso la scoperta di risorse di lealtà concreta e affidabilità Architravi del bisogno interconnesso: accordi collusivi tra i coniugi, che li tengono bloccati finché uno dei due non presenta un sintomo, essi possono coinvolgere il figlio al quale attingono per salvare la relazione
Sfruttamento: il figlio è vulnerabile alla definizione di ciò che è giusto data dalla famiglia e ciò assicura ai genitori ampi margini di sfruttamento
Parentificazione: il figlio compensa le mancanze dei genitori, che prendono da lui troppe risorse, impedendogli una crescita normale e provocando problematiche relazionali anche future.

All’interno della famiglia, la sede delle risorse risiede nel successo o nel fallimento del dialogo tra le persone, e l’analisi delle relazioni comprende tutte e quattro le dimensioni identificate dal modello contestuale: * Contesto fattuale * Psicologia individuale * Transazioni osservabili * Etica relazionale
Ciò che viene considerato per la valutazione sono gli aspetti qualitativi delle relazioni familiari: il clima di fiducia, la disponibilità reciproca, le colpe e le accuse, la condivisione di benefici e problemi. Se le lagnanze, che sono una risorsa perché indice di speranza nelle relazioni, e le questioni relative alla giustizia vengono evitate, non è un segno prognostico favorevole.

Le interruzioni emozionali, ovvero le relazioni interrotte rispetto alla famiglia d’origine, rappresentano indizi di lealtà invisibili e di stagnazione relazionale.
In presenza di bambini piccoli in famiglia, è necessario condurre una valutazione completa del figlio sintomatico. Gli strumenti di valutazione possono diventare distruttivi se pongono il bambino in una posizione di slealtà rispetto ai genitori, ma sono anche risorse preziose se si presta attenzione agli interessi della famiglia.
Il terapeuta deve essere guidato dalla parzialità multidiretta. Inoltre, egli utilizza genogrammi e resoconti verbali per indagare il contesto etnico, sociale, razziale e politico della storia familiare. Le risorse familiari rappresentano il nucleo centrale della valutazione e le reazioni del sistema familiare di fronte alle questioni etiche sollevata dal terapeuta guidano il comportamento successivo di quest’ultimo.

Secondo il modello contestuale, la relazione tra valutazione e trattamento è dialettica e si snoda lungo un processo continuo.

La terapia
La terapia si basa su diversi concetti chiave: * Centralità delle risorse relazionali * Prevenzione * Promuovere la responsabilità * Contratto terapeutico multilaterale * Terapeuta come catalizzatore di risorse * Terapeuta parziale in modo multidireazionale

L’obiettivo terapeutico primario è il ricongiungimento dei membri del sistema familiare attraverso un aumento di fiducia, che deriva dalla capacità di dialogare e dalla responsabilizzazione reciproca. Inoltre, gli obiettivi di cura basati sull’eredità, fondamentali ed universali, sono la prevenzione del sintomo sia per la generazione attuale che per quelle future, il procurare beneficio alle persone interessate al risultato della terapia (parzialità multidiretta), riduzione del malessere, ottenere un cambiamento fondamentale nella capacità di relazionarsi nei membri della famiglia.

Gli obiettivi di cura basati sull’autoconvalida, il principio universale relativo al ricevere attraverso il dare o l’accudire, riguardano il tentativo di ricongiunzione, ovvero trovare opzioni per realizzare il principio stesso dell’autoconvalida. La terapia contestuale permette ai membri della famiglia di affrontare e poi rinunciare al senso di colpa per poter aumentare la fiducia, affermare i proprio diritti ed il proprio valore attraverso il lavoro sulla reciprocità.

Altri obiettivi riguardano il mantenere una struttura familiare adeguata all’età, fondata sul ruolo, sul genere e con potere distribuito equamente tra i generi e le generazioni.

Il contratto multilaterale è la base su cui vengono fondate sia le premesse teoriche che il metodo clinico. L’accordo su sedute individuali, congiunte o trigenerazionali dipende dalle risorse potenziali ottimali di ciascun sistema, atte ad aumentare l’affidabilità reciproca e l’autoconvalida.
È desiderabile poter iniziare la terapia con tutti i membri della famiglia, riunendo tutte le persone che possono veramente lavorare insieme per il beneficio di tutti. È necessario garantire la sicurezza e la riservatezza a tutti i membri della famiglia. Non c’è differenza tra terapia individuale e di coppia.

Secondo la prospettiva multigenerazionale, il lavoro terapeutico individuale è definito dallo stesso contesto che è in gioco quando partecipano diversi membri della famiglia. La sistemazione spaziale non è da considerare quale elemento significativo, e la frequenza delle sedute non è rigida ma valutata caso per caso.
La parzialità multidiretta è quella secondo cui il terapeuta sostiene tutti color che si trovano nella famiglia estesa multigenerazionale, trovando e utilizzando le risorse di fiducia all’interno della famiglia stessa. Egli non è imparziale ma appunto, parziale in modo multidirezionale ed empatico, creando alleanze prima con una persona e poi con l’altra. Non partecipa alle battaglie collusive, ma assegna ai membri della famiglia il compito di definire i problemi che hanno distrutto la fiducia tra loro. L’obiettivo è permettere a ciascuno di diventare responsabile verso l’altro.
Il terapeuta si occupa anche di portare i legami multigenerazionali in superfice, per indagare le esperienze di ingiustizie passate.

Il contesto di lealtà della terapia è anche un concetto importante. Deve rispettare la devozione familiare, e non interferire con il processo di accusa, deve porre la lealtà su basi sicure solo dopo aver intrapreso l’esplorazione dei torti.
È fondamentale ottenere la disponibilità del figlio ad impegnarsi nel processo di assoluzione dei suoi genitori, è necessario affrontare le lealtà invisibili inconsce e le resistenze a riguardo.
Le tecniche terapeutiche hanno lo scopo di sollecitare il pensiero dei membri della famiglia e permettere il riconoscimento di risorse di fiducia inutilizzate.
La responsabilità relazionale viene considerata come strumento della terapia.

È necessario: * Esplorare ed indagare le realtà iniziali * Rendere i familiari responsabili delle proprie posizioni rispetto all’equità * Guidare senza assumere una posizione rigida e promuovere alleanze flessibili * Ignorare il transfert, di cui bisogna solo essere consapevoli
Evitare di: * Etichettare * Porsi in una posizione rigida * Prescrivere compiti di potere o su base transazionale * Esplorare la patologia in sé * Interpretare a partire da informazioni intrapsichiche e allargare sempre al contesto relazionale

Il terapeuta è una figura attiva, che solleva questioni relative agli equilibri relazionali
È un catalizzatore di risorse già presenti nella famiglia, e guida la famiglia nella conversazione. Propone confronti diretti in modo aperto quando la fiducia tra i membri familiari aumenta. Sostiene l’azione dei membri della famiglia e aiuta a superare i crediti distruttivi, facendo capire al soggetto cosa sia disposto ad investire nel tentativo di cambiare la relazione, indipendentemente dall’esito della sua azione.
Sostiene empaticamente.
Crea alleanze e dialoghi.

ll modello simbolico-esperienziale di Carl Whitaker

Il terapeuta deve essere coinvolto nella famiglia ed essere distaccato. Deve avere una sua entità ed al tempo stesso essere un membro del gruppo. Deve sapersi identificare con i figli, senza divenire un figlio egli stesso. Deve stare con i genitori, ma non essere un genitore.

Le caratteristiche distintive del modello di Whitaker vedono la terapia come un’esperienza emotiva, all’interno del quale la famiglia d’origine ha una grande importanza, e dove il terapeuta tende ad esasperare la follia.

Il modello si è sviluppato a partire dall’incontro con famiglie psicotiche e stressate. Il punto di partenza è la psicoanalisi, per comprendere se questi sintomi manifestati fossero collegati a modelli interattivi disfunzionali interni alle famiglie. Gli interventi sono situati nel qui ed ora, con attenzione alle dinamiche emotive durante la seduta. Il terapeuta è prossimale e rassicurante, e fondamentali sono le esperienze simboliche emotive, fattori fondamentali nel processo di ogni cambiamento individuale e del cambiamento terapeutico.
L’esperienza emotiva ha quindi un ruolo centrale, formativo, richiede che il terapeuta assuma un impegno affettivo nei confronti della coppia/famiglia in terapia.

Originariamente, come detto, si trattava di un modello psicoanalitico, che vedeva il terapeuta come alleato. In un secondo momento, viene focalizzata l’attenzione sugli affetti, sul qui ed ora, e sui sintomi emotivi, senza più essere guidati dalla teoria psicoanalitica sulla formazione del sintomo. Successivamente, Whitaker comincia a vedere i sintomi psicotici come tentativo di raggiungere l’adattamento oppure ottenere la padronanza delle relazioni.

L’approccio esperienziale quindi distingue: * L’organizzazione strutturale della famiglia: confini, relazioni, appartenenze a sottogruppi, ruoli, distribuzione della responsabilità * Il processo interpersonale ed affettivo della famiglia: dinamiche emozionali, intimità, attaccamento, empatia, sessualità e tolleranza del conflitto

Si parla di disfunzione quando le strutture e i processi disfunzionali persistono nel tempo e interferiscono con i compiti vitali della famiglia acquistando un alto voltaggio e creando una forte intensità emotiva o disorganizzazione comportamentale.

Per Whitaker la famiglia va incontro a tre fonti di stress: * Ambiente esterno (perdita di lavoro) * Stress evolutivi della famiglia (figlio che esce di casa) * Stress transgenerazionali nella famiglia (morte antenato)

Gli stress di ogni area diventano empasse attraverso un interscambio dinamico e circolare tra lo squilibrio situazionale, le pressioni evolutive e le forze transgenerazionali.

I sintomi si sviluppano invece in tre contesti:

* Interpersonale: il soggetto viene costantemente squalificato e sminuito * Avere la sensazione di “stare impazzendo” : il soggetto è in uno stato temporaneo di disorganizzazione/confusione * Stress intollerabile

Il paziente identificato, ovvero il portatore del sintomo, espelle la tensione proveniente dalla famiglia disfunzionale senza creare un conflitto aperto relativo all’organizzazione e al sistema di credenze della famiglia stessa.
La diagnosi permette di espandere la visione che la famiglia ha del paziente designato in termini di più relazioni, considerando anche le generazioni precedenti.

Le caratteristiche strutturali della famiglia sana riguardano confini, sia interni che esterni, permeabili. Alleanze diadiche e coalizioni flessibili, che possono aiutare la famiglia nella risoluzione dei problemi. La flessibilità è presente anche nei ruoli, il prodotto delle interazioni e delle percezioni di altri membri della famiglia. La flessibilità permette agli individui di esprimere le differenze e di modificare il comportamento senza essere squalificati. Inoltre la famiglia sana è caratterizzata dall’adattamento ai mandati intergenerazionali, che danno forma al comportamento individuale e possono essere negoziati e discussi all’interno della famiglia.
Inoltre, le caratteristiche processuali della famiglia sana riguardano il legame e l’intimità tra i membri della famiglia, la differenziazione e l’individuazione, la tolleranza del conflitto, l’empatia, la sessualità mantenuta anche dopo la nascita dei figli, e l’abbondanza delle interconnesioni. Anche l’autonomia individuale, la lealtà, la capacità di risoluzione dei problemi, l’umorismo, l’adattamento ai mandati familiari, la creatività, sono caratteristiche di una famiglia sana.

Al contrario, le caratteristiche di una famiglia disfunzionale riguardano i confini interni troppo rigidi e fusionali, e i confini esterni rigidi e malfunzionanti, che isolano la famiglia. I sottosistemi anche possono essere disfunzionali, ad esempio i coniugi hanno problemi di coppia, i figli sono parentificati. Un’altra caratteristica sta nella rigidità dei ruoli, e una serie rigida e limitata di soluzioni dei problemi. Interconnessioni troppo scarse.

In una famiglia disfunzionale esiste il comportamento sacrificale e quello di codipendenza, e la mancanza di empatia. Il conflitto è respinto perché percepito come pericoloso.

La valutazione del funzionamento familiare avviene utilizzando una teoria esplicita del funzionamento sano: gli aspetti strutturali e processuali vengono misurati nel contesto delle competenze e delle risorse utili al cambiamento. Il focus non è sul problema.

È necessario collocare i problemi sempre sullo sfondo dello stadio evolutivo in cui la famiglia si trova, e passare da un livello macro, la famiglia, ad uno micro, il paziente designato, cogliendo forme sempre più piccole del contesto. Occorre esplorare il livello inferiore dei triangoli fissi e delle triadi.
Il modello ipotizza che ogni membro della famiglia abbia una sua costruzione esclusiva del problema.

La metodologia di valutazione si basa sul colloquio diretto e sull’utilizzo di informazioni sia a livello verbale che non verbale. Le sedute sono quindi strutturate in forma di intervista, e la valutazione viene fatta solitamente in una delle prime tre sedute, in un periodo definito come lavoro di prova.
Durante il lavoro di prova il terapeuta può osservare le reazioni della famiglia all’intervento esterno, e i suoi obiettivi sono quelli di comprendere i ruoli, le credenze, i valori, la storia evolutiva, i modelli di interazione presenti nella famiglia. Inoltre, è suo obiettivo produrre la massima disorganizzazione per creare un contesto terapeutico che comprenda curiosità e sorpresa.

Il modello inoltre prevede obiettivi più ampi, applicabili alla maggior parte di coppie/famiglie e obiettivi legati al problema specifico.
La scelta degli obiettivi centrali parte dall’individuazione delle aree dominanti di malessere. Inoltre, essi sono fissati in collaborazione con i membri della famiglia e posti in ordine di priorità.

Tra questi obiettivi più ampi evidenziamo:

* Aumentare il senso di coesione e di appartenenza * Aumentare la capacità di sostenere la realizzazione dei compiti evolutivi di ciascun membro, ovvero sostenere l’individuazione

Altro tipo di obiettivo importante è quello intermedio: generalmente riguarda la creazione di un nuovo ambiente terapeutico, in cui l’interazione familiare viene modificata per produrre un’esperienza affettiva diversa da quella sperimentata. Essi comprendono:

* Disorganizzare il ciclo d’interazione rigido e ripetitivo nei pattern relazionali in modo tale da creare spazio per risposte alternative al comportamento fonte di disagio * Attivare e consentire l’ansia costruttiva nei membri della famiglia diversi dal portatore del sintomo, per riformulare positivamente i sintomi. * Espandere il problema presentato per esaminare la partecipazione di ciascun membro della famiglia alle tensioni sistemiche. * Incoraggiare e sostenere qualsiasi nuova decisione che sia coerente con le credenze dominanti, i valori e le tradizioni di ogni famiglia estesa. * Creare confini transgenerazionali in modo tale che i membri della famiglia siano consapevoli della loro interconnessione reciproca. * Creare un sovrasistema terapeutico ovvero sviluppare un sistema di significati condivisi e di alleanze per permettere alla famiglia di evolvere verso nuove posizioni.

Gli obiettivi finali vengono elaborati dal sovrasistema terapeutico e ruotano attorno ai seguenti assi: autorità, intimità e autonomia. In alcuni casi, essi sono poco chiari o inconsci, questo perché gli individui non sono necessariamente orientati in senso cognitivo verso la fonte del loro malessere.

Il sovrasistema terapeutico è costituito dal sistema famiglia unito al sistema co-terapeutico. Quest’ultimo crea alternative esperienziali possibili per la famiglia, così da portare al cambiamento. L’obiettivo è non solo la remissione del sintomo, ma anche il cambiamento dei modelli intergenerazionali che lo producono.
La “follia terapeutica” è un comportamento imprevedibile dei terapeuti attuato con lo scopo di disorganizzare la famiglia, per portare alla modifica dei comportamenti intergenerazionali.

Il terapeuta assume il ruolo di consulente, istruttore, sostegno al cambiamento. Non orienta il contenuto e fissa gli obiettivi ma facilita il cambiamento attraverso l’uso del sé. È un terapeuta attivo, ma non direttivo. Indaga apertamente il sintomo, cercando anche precedenti tentativi di cambiamento. Il terapeuta ha inoltre una stretta aderenza all’iniziativa del paziente, seguendo molto da vicino i progressi della famiglia e facendo in modo che sia la famiglia stessa a sviluppare una nuova organizzazione. Il terapeuta inoltre cercherà di creare una tetrade fin dalla prima seduta, la quale permette ai terapeuti di adottare parzialità/alleanza temporanea con i singoli, creando una serie di interscambi in cui ognuno usa il suo stile e la sua personalità.

L’osservazione partecipe riguarda la responsabilità della famiglia rispetto al cambiamento. La responsabilità terapeutica invece riguarda come si struttura la terapia, come intervenire, chi far partecipare alle sedute, la padronanza delle tecniche, il superamento delle empasse.

Il concetto di autosvelamento è molto importante. È necessario fornire alla famiglia un modello di separazione/avvicinamento intermittente, ed accentuare le osservazioni terapeutiche caricandole di affetti. Ciò crea mutamenti nella stabilità della famiglia ed insegna ai membri ad individuarsi per far emergere la propria soggettività. L’autosvelamento può essere metaforico, mirato o drammatico. Esistono due tipi di autosvelamento, uno verso i membri della famiglia, che aumenta la prossimità, e uno al co-terapeuta.
La prossimità del terapeuta mostra alternative interazionali, mentre la sua distanza rafforza i confini tra i sottosistemi.

Lo scambio di ruoli con altri membri della famiglia e la conseguente capacità di vedersi in modo differente, consente al soggetto di ottenere nuove informazioni su di sé. Deriva da un insight, e viene considerato come fonte importante del cambiamento.
Il cambiamento esperienziale deriva da una crescita maturativa del soggetto.

Altro fattore importante è la posizione personale del terapeuta all’interno della propria famiglia nucleare ed estesa.

Il modello focale di Arnon Bentovim

La primaria influenza per il modello focale di Bentovim è sicuramente la terapia focale breve individuale, unita alla psicoanalisi delle relazioni oggettuali di autori come Bowlby, Winnicott e Melanie Klein. Mentre da un lato la terapia focale è focalizzata alla comprensione del conflitto centrale dell’individuo, la psicoanalisi delle relazioni oggettuali pone al centro la relazione madre-bambino, con grande attenzione al ruolo svolto dall’ambiente emotivo. Unito a ciò, il modello dei sistemi sociali e la teoria della loro interconnessione.

Questo modello dei sistemi sociali riconosce l’esistenza di tre livelli, individuale, familiare e sociale. Tutti e tre questi livelli sono in relazione tra loro e si influenzano a vicenda: l’individuo crea e regola la famiglia, la quale al tempo stesso alleva e socializza gli individui. La famiglia inoltre è sia agente di trasmissione e socializzazione con la società, ed è sostenuta e legittimata da essa. La società, infine, riconosce e dà valore all’individuo, che ad essa si conforma o reagisce.

Quindi i tre livelli si trovano davanti ad una duplice natura. La famiglia da un lato deve gestire la sua natura interna e dall’altro la presentazione pubblica. L’individuo lotta tra ruolo sociale e identità personale e la società tra convenzioni comportamentali e cultura.

Il funzionamento familiare è basato su 7 livelli gerarchicamente disposti.

1. Concetti di Interazione:
È un livello descrittivo che organizza l’osservazione
Possono essere concetti elementari (pause, risate) o globali (comunicazione)
Concetti assiomatici, ovvero caratteristiche durature dell’interazione
Sono elaborati usando le dimensioni del funzionamento familiare presenti in alcune scale 2. Elementi di Interazione:
Sono elementi concreti dell’interazione familiare
Costituiscono il resoconto più semplice di elementi riconoscibili in un caso clinico, devono essere semplici ma sufficientemente ampi da veicolare significato clinico
Nessun elemento in sé è funzionale o disfunzionale, è il livello successivo a connotarli 3. Episodi di Interazione:
Organizzazione dei concetti e degli elementi per creare un senso unitario, compiuto e determinato nel tempo
Un episodio in sé non è sufficiente per dedurre la disfunzione familiare, ma ha implicazioni importanti rispetto al funzionamento familiare. Sono sufficientemente contestualizzati da avere significato intrinsecamente
La disfunzionalità è determinata da ripetizione, irrilevanza, circoli viziosi, compulsività, urgenza etc.

I primi tre livelli sono reali, concreti e specifici.

4. Modelli di significato:
Organizzazione degli episodi all’interno del contesto, ovvero struttura latente
Attenzione specifica agli episodi che si ripetono regolarmente o ciclicamente
Formulazione di un chiaro giudizio di funzionalità o disfunzionalità.

I modelli di significato possono essere:
Comuni: affondano le radici nella vita psichica dei singoli membri, vengono scambiati e condivisi inconsciamente
Intersoggettivi: radicati nelle interazioni, fanno parte dell’autodefinizione della famiglia come insieme 5. Formulazione Olistica (ipotesi focale):
Mettere insieme i diversi modelli di significato per la concettualizzazione di un modello unitario del funzionamento familiare
Consente di spiegare il funzionamento attuale anche alla luce della storia familiare
Questi due livelli sono reali, astratti e generali.
In particolare, la formulazione olistica si divide in cinque diverse fasi.

* Nella prima fase, ci si chiede in che modo il sintomo è parte dell’interazione, ovvero è una rilettura dei sintomi come espressione di un significato familiare.
(bambino con disturbi del comportamento viene escluso dalla famiglia, ciò avvicina i genitori) * Nella seconda fase, ci si chiede quale sia la funzione dell’interazione attuale, ovvero si definisce la funzione della combinazione tra sintomo e interazione.
(l’avvicinamento dei genitori previene l’altrimenti inevitabile conflitto coniugale) * Nella terza fase, si definisce il disastro che la famiglia teme.
(paura di rompere il legame) * Nella quarta, ci si chiede in che modo la situazione attuale è legata ad un trauma passato, e lo si dimostra. * Nella quinta fase, viene fatta la sintesi dell’ipotesi focale, attraverso una dichiarazione del terapeuta riguardo al lavoro con la famiglia.

6. Formulazione tipologica:
Classificazione e categorizzazione della famiglia a partire da alcuni aspetti distintivi/caratteristici
Utilizzo dei raggruppamenti a scopo predittivo
Confronto con tipologie ideali
Tipologia clinica fondata sul modo in cui vengono affrontati gli eventi traumatici
Origine del trauma-stress: famiglia di origine vs famiglia di elezione
Modalità di gestione del significato: negazione, ripetizioni, rovesciamento 7. Formulazione dei requisiti:
Formulazione idealistica, una descrizione potenziale futura della famiglia
Questi ultimi due livelli sono ideali, teorici.

La terapia pone al centro il colloquio diagnostico iniziale per la formulazione olistica. Il modello è orientato verso la patologia, e la risoluzione del trauma (che porta all’espressione del sintomo) è lo scopo principale della terapia.
Il terapeuta deve essere flessibile ai bisogni della famiglia, e pone accento sulla relazione terapeutica, piuttosto che l’aderenza a tecniche specifiche.

Il modello trigenerazionale di Maurizio Andolfi

“Per fare una diagnosi e impostare un trattamento terapeutico
Per qualsivoglia individuo è necessario conoscere la sua storia familiare, ed inquadrare i suoi problemi all’interno del suo contesto familiare e sociale di appartenenza.”

I concetti fondamentali del modello di Andolfi si basano innanzitutto sulla prospettiva. Essa infatti non è solo intergenerazionale, essa è trigenerazionale, ovvero coinvolge tre generazioni durante la terapia di coppia. Le origini vengono tenute sempre presenti.
L’unità di osservazione familiare non ha limiti, né sul livello orizzontale né su quello verticale. Ciò da la possibilità alla famiglia di aggiungere nuovi componenti durante la terapia.

Il terapeuta ha la funzione di costruire una storia con la famiglia nel contesto della terapia, che renda possibile ricercare significati diversi negli eventi e nei comportamenti reciproci, sperimentando nuove forme di rapporto. Vuole cioè, favorire una reale esperienza di ricomposizione affettiva.
Consente ai membri della coppia di accettare ciò che si è ricevuto o ciò che è mancato durante la crescita, in modo da poter vivere la dimensione coniugale e genitoriale con minori pesi e lealtà intergenerazionali.

Il compito del terapeuta è quello di attivare le risorse della famiglia, la relazione terapeutica ha un ruolo centrale come mediatore intergenerazionale.
L’obiettivo è quello di aiutare la famiglia ad ascoltare e rispettare differenti linguaggi, in modo tale che ognuno possa trovare nuove modalità di realizzazione di sé e di condivisione affettiva con gli altri.

Il Modello relazionale-simbolico di Cigoli e Scabini

Il modello simbolico relazionale ha un orientamento psico-generazionale.
La relazione sé-altro può esistere solo partendo dall’accettazione e consapevolezza della propria storia generazionale, ovvero delle culture e vicende familiari che si depositano nello spazio interiore della persona. L’ethos della relazione risiede nella capacità di prendersi la responsabilità dell’azione, agire e rischiare la relazione, ovvero riconoscere gli errori, per rilanciare la relazione ed essere vicini all’altro nel bisogno. Lo scambio tra le generazioni è il cardine di intervento sulle relazioni familiari, attraverso la capacità e l’obbligo di rigenerarsi.

Le azioni cruciali dell’intervento clinico riguardano: * Creare uno spazio di rappresentazione: dove la vicenda familiare occupi il centro della scena, ovvero dove la sofferenza di un membro riguardi tutta la famiglia * riconoscere la verità affettiva ed etica, implicare i familiari nella ricerca di moventi dell’azione * creare una pluralità di senso, ovvero restituire al passato l’incertezza del presente e dell’avvenire, * agire in favore del legame, riconciliazione, perdono, tolleranza. Azioni di riparazione del dolore che diffondono nuova fiducia e speranza nei legami, distribuendo giustizia * Il terapeuta è interno, e partecipante e riflettente una vicenda familiare.

Il familiare è quindi un’organizzazione di relazioni, fondate sull’azione generativa, deputate a trattare una triplice differenza di generi, generazioni e stirpi. La persona è il luogo d’azione che vive tra matrici culturali e familiare.
La differenza generazionale rimanda alla differenza tra le stirpi di origine, quindi le relazioni famigliari sono sia scambio coniugale che tra generazioni.
Il conflitto, l’azione dramma, è diviso in tre fasi, rottura, crisi e compensazione. La compensazione può portare alla reintegrazione o all’azione scismatica. Il metodo adatto a trattare l’azione famigliare è teatrare, ovvero portare in scena il dramma familiare.
La riparazione del male, ovvero il compito di rilanciare il legame tra gli uomini, deriva dai concetti di speranza, fede e giustizia.

Il modello simbolico relazionale si fonda su 3 principi cardine:

* Organizzativo: La famiglia viene riconosciuta come organizzazione primaria di relazioni, poiché i suoi membri sono legati da valori intrinseci, non determinati da fini utilitaristici e non negoziabili. Le relazioni familiari cardinali sono quella di coppia, e quella tra genitori e figli. Il principio che attraversa tutti i tipi di organizzazione familiare è un principio organizzativo comune, basato su tre tipi di differenza, di genere, generazioni e stirpi. La familiarità è quindi il modo di coltivare tali differenze, il cui scopo è la generatività. La differenza di genere, alla base di ogni relazione di coppia, implica l’accettazione dei propri limiti e degli altri, e il riconoscimento del bisogno degli altri. I concetti di riconoscimento ed accettazione sono aspetti chiave della relazione familiare perché giungono a definire chi appartiene alla famiglia e chi invece ne è all’esterno. Il confronto tra le differenze genera conflitti, i quali devono quindi essere gestiti da tutti i membri, in modo tale da poter giungere alla generatività. In caso di defezioni o deficienze, si rischia di giungere alla non generatività. * Simbolico: Il simbolo è ciò che connette parti diverse tra loro e le rende comprensibili. Il simbolico, in questo caso, è usato per definire la struttura latente delle relazioni familiari, e riguarda la natura dei legami. La matrice simbolica va definita perché conferisce alla realtà familiare la sua sostanza e ci permette di determinare il significato degli avvenimenti delle singole famiglie. Esso costituisce la base etica ed affettiva della famiglia, la famiglia è il contesto affettivo per eccellenza e genera responsabilità personale ed etica nella relazione familiare stessa. Le tre qualità fondamentali del principio simbolico sono fiducia, speranza, e giustizia. Queste, interagenti con i propri opposti di sfiducia, disperazione ed ingiustizia, possono essere viste come parte di una struttura a spirale che emerge di generazione in generazione. La speranza è la ricerca di qualcosa al di sotto del sé, ed esprime l’intento relazionale. La vita senza speranza sarebbe un presente noioso pieno di ansia e tensione. La giustizia è uno dei principi per lo scambio con gli altri soggetti. Traduce in leggere e regole culturali, pur essendo più di una semplice regola. È connesso ai principi etici. La fiducia ha un ruolo importante nella costruzione dei legami personali e sociali. Il principio simbolico presente nelle relazioni familiari rappresenta la vita attraverso una relazione triplice e reciproca tra fiducia, speranza e giustizia. Vi sono due poli, uno affettivo, legato alla fiducia e alla speranza, tipicamente identificato con il ruolo materno, ed uno etico, paterno, legato alla distribuzione della giustizia. La giustizia non è solo lealtà, richiede la presenza si azioni giuste, e un’azione giusta può esistere solo su una base di speranza e fiducia nelle relazioni con gli altri. * Dinamico: Il principio dinamico, basato sul concetto di dono-debito, e quindi sul triangolo dare-ricevere-reciprocare, deriva dagli studi sulla dinamica dello scambio.
Infatti, relativamente ad essa, possiamo vedere come ci siano stati 3 diverse correnti di pensiero. Una visione sociologico-psicosociale basa il dare-avere in termini utilitaristici, con una logica tipica degli scambi commerciali basati sul rapporto costi-benefici. Successivamente, con Boszormenyi-Nagy, vediamo come lo scambio viene visto su base etica. Anche quando è asimmetrico, come nella relazione genitori figli, questo è motivato e fondato su un senso di giustizia, basato sul diritto del figlio a ricevere, visto il suo status di dipendenza. La reciprocità, in questo senso, è un bilanciamento che lavora attraverso le generazioni. Infine, un approccio antropologico-etnologico usa il concetto di “dono”, in opposizione con il principio utilitaristico. Il dono è un atto di fiducia che accresce il legame. Il suo carattere è la gratuità e l’essere incondizionato.
Il principio dinamico ha un carattere incerto, può creare legami e intralciare la loro relazione. Il dare quindi, richiede apertura incondizionata verso gli altri, come un dono, e l’accettazione di doveri specie specifici (prendersi cura di qualcuno). Il ricevere, richiede apertura verso gli altri e consapevolezza di quanto hanno fatto e fanno per noi, e quanto dobbiamo loro, riconoscendo quindi il debito. Il reciprocare, richiede di conoscere come dare e di saper rendere, non necessariamente a chi ha dato a noi, ma estendere la nozione di dare alle generazioni future, partecipando alla vita della comunità.
La reciprocità ha una duplice natura, vi è il dovere di eliminare il debito e il desiderio di reciprocare, donando a propria volta.
La capacità di donare, sapendo che quest’azione sarà prima o poi reciprocata, è resa possibile solo da una componente di fiducia e speranza presente nelle relazioni.
Il principio simbolico e dinamico sono quindi inseparabili.

I tre principi rivelano la natura drammatica delle relazioni familiari, che emerge nei conflitti tra generi, generazioni e stirpi (principio organizzativo basato sulla differenza), e in quelli tra fiducia, speranza, giustizia e i loro opposti (principio simbolico, basato sulla natura dei legami) e sulla dinamica dono-debito (principio dinamico).

Transfert Generazionale e Azioni Generazionali
Il transfer generazionale, inteso come quello tra familiari nello scambio generazionale, è fondamentale.
Questo è determinato dalle relazioni, ovvero i legami intra, inter e transgenerazionali. Inoltre, grande importanza viene data alla storia e alla cultura familiare, e viene evidenziata la presenza di modalità inconsce di passaggio generazionale.
Vi è una visione drammaturgica della famiglia, sul generare ed essere generati, fondata sul concetto di azione, quel principio tramite cui si articolano le relazioni famigliari, così come tutto il contesto drammatico, ovvero teatrale, dove tutto si basa sulle azioni.

La relazione famigliare è vista come corpo, un insieme di relazioni interne e di relazioni generazionali e sociali.
Il corpo familiare delle rappresentazioni interne è quello organizzatore, che mostra la scena relazionale (immagini della memoria), la qualità dei legami, e il dinamismo, ovvero una tensione temporale tra passato, presente e futuro.
Il corpo familiare agente invece, è quello delle azioni generazionali, che sono trasmettere, tramandare, trasgredire, perno del transfert generazionale.
L’operazione clinica è rimettere in scena il transfert generazionale, attraverso l’inserimento della terza dimensione, quella del trasgredire, ovvero rinnovare.
Il transfer generazionale è l’area incerta e critica della relazione, all’interno del quale viene riconosciuta una continuità e una trasformazione dei passaggi generazionali, attraverso l’azione del trasgredire.

Già con il romanzo borghese e con Freud abbiamo visto come il familiare viene visto come un ostacolo allo sviluppo dell’individuo, e la trasmissione generazionale come un trapianto di divieti. Ciò che ha valore è il mondo interiore della persona.
Nella clinica familiare, la trasmissione ereditaria di beni e statu è un caposaldo, il concetto di trasmettere discendenza ed eredità di beni e status è una passione che coinvolge le famiglie, basata sulla continuità familiare, onore, stima, obbedienza.
Quindi, l’azione generazionale del trasmettere riguarda la trasmissione generazionale di dote, status, eredità, è una traslocazione e deposito di diritti e doveri, che occupa lo spazio delle emozioni e dei sentimenti del territorio mentale del soggetto. Questa variabile può essere immaginata come curvilineare, ad un estremo troveremo i sentimenti di possesso, o di saturazione generazionale, dove i soggetti sono appunto “posseduti” dalla dinamica dello scambio dei beni e del loro possesso, che occupa tutto il loro spazio mentale.
All’altro estremo, invece, possiamo collocare i sentimenti di esclusione dal possesso, ovvero la messa ai margini, il confinamento/ripudio. Al centro della curva si situa lo spazio fluido, vale a dire la possibilità di gestire i sentimenti relativi al passaggio dei beni. La presenza si spazio fluido si manifesta nella possibilità dei membri familiari di confrontarsi, anche manifestando il disaccordo e cercando di gestire il conflitto. La capacità di negoziare ne è un segno.
Il tramandare invece riguarda i nomi, le origini, e le somiglianze, i tratti del carattere. È una dimensione che riflette la temporalità, poiché nominare, o cercare le somiglianze, sono modi per connettere l’individuo alla storia generazionale, vi è un rimando a ciò che sta alle origini. Anche qui, immaginandola come una variabile curvilineare, possiamo identificare un estremo dove troviamo il determinismo, dove il nome o l’identità di un membro familiare si trova ad essere una copia, una replica, il doppio di un altro (si pensi ai tanti bambini chiamati Junior nel mondo anglosassone). I sentimenti di confusione dell’identità sono esempi di questa situazione.
Ad un altro estremo invece troviamo l’insignificanza. In questo caso il nome è scisso dall’investimento, non vi è desiderio, e anzi la situazione può generare un delirio di autogeneratività, dove il nome è un’identità auto-riferita e onnipotente, sconnessa da ogni legame. Qui vediamo come la famiglia non ha più a che fare con gli antenati, ma tratta solo di una coppia che determina la sua potenza di origine dando nome al nuovo nato. Il figlio origina dalla coppia e non dalla famiglia, e quindi giungiamo ad una nuova temporalità, non quella dei legami ancestrali, ma una che assegna ai figli il potere di costruire la coppia. Al centro quindi troviamo il desiderio di continuità, il rinnovamento delle origini. Il nome è tanto il segno dell’unicità dell’essere al mondo, quanto della continuità generazionale.
Infine, il trasgredire è una risultanza, il compito dell’azione generazionale. Riguarda le generazioni successive, che riconoscono quanto lasciato dalle precedenti e rilanciano l’azione generativa, garantendo spazio fluido e rinnovamento delle origini.

Concludendo, possiamo immaginare il corpo familiare come un albero, un albero della discendenza, un ulivo contorto, dove convivono elementi secchi, degenerativi, e frutti, generativi. Vi è quindi la compresenza del dolore e della risorsa, della giustizia e dell’atto iniquo, della speranza e della disperazione. Riconosciamo quindi la compresenza di continuità e trasformazione nei passaggi generazionali. L’odio generazionale, il melo secco, va colto, identificato, per trovare le strategie per affrontarlo, agisce attraverso la menzogna, l’invidia e l’indifferenza, e anche attraverso i vincoli che le generazioni precedenti impongono sui figli, facendo transitare su di loro rancori e colpe.
Riconosciamo nei rapporti familiari, degli scambi intergenerazionali e transgenerazionali. Ciò che è intergenerazionale si scambia, direttamente, ed è ciò cui possiamo accedere. Il transgenerazionale è qualcosa che va al di là, che attraversa le generazioni. Trasmettere e tramandare sono dimensioni intergenerazionali. Transgenerazionali sono invece i passaggi delle qualità simboliche di speranza, fiducia e giustizia.

Il modello prototipico
La famiglia può essere descritta in vari modi. Il modello prototipico è usato per studiare le relazioni famigliari, che secondo questa ottica, costituiscono la matrice per la costruzione dell’identità. Il fulcro è la generatività, intesa come fine, scopo fondamentale. Inoltre si basa sui tre principi fondamentali del modello relazionale simbolico.
Le basi della famiglia si possono raggruppare intorno all’oggetto focus della cura. La cura, rappresenta la crescente preoccupazione verso ciò che è stato generato dall’amore, dalla necessità o dal caso. La cura, che è diversa dalla “nurture”, è un modo di porsi nei confronti di una relazione, un modo di crescere i valori inerenti ai legami familiari.
Il modello va quindi ad analizzare i diversi legami, secondo la logica del dono-debito e dell’etica-affettività. Va tenuto conto che etico è diverso da morale, ovvero dalle norme culturali, e si riferisce di più al rispetto dei valori del legame familiare.

* Cura del patto: il legame di coppia è sia un legame che una costrizione, ma entrambi i partner possono sperimentare un sentimento reciproco di appartenenza. Tra loro si forma un contratto, un patto. Perché il patto funzioni, sono necessari due ingredienti: la consapevolezza delle differenza dell’altro, e l’accettazione delle somiglianze con l’altro. La formazione della coppia è fondata sulla reciprocità dei ruoli, che riguarda non solo il donare se stessi e prendersi cura dell’altro, ma anche l’avere fiducia. La capacità di perdonare è un’altra condizione fondamentale della relazione di coppia. Il per-dono, è un atto di fiducia che restituisce speranza e forza alla relazione, è considerare l’errore dell’altro come accettato e tollerato, come se fosse il proprio. Quindi, la cura del patto richiede che i partner, dal punto di vista affettivo, si aprano ed abbiano fiducia negli altri, e dal punto di vista etico, si impegnino e forniscano un’attribuzione di valore reciproco.

* Cura responsabile: La cura responsabile è un componente simbolico della genitorialità, e riguarda la relazione genitori-figli nel suo complesso. Le generazioni più giovani sono responsabili della cura delle condizioni fisiche e psichiche in cui le generazioni anziane andranno a trovarsi. Prendersi cura delle nuove generazioni è parte di un’eredità che lega i bambini agli antenati tramite i genitori. La cura responsabile si fonda sui due ruoli fondamentali padre e madre, che rappresentano la sfera etica e quella affettiva. La madre, ovvero quindi la sfera affettiva, ha come compito quello di diffondere speranza e fiducia, come fonte inesauribile di risorse per combattere l’ansia. Il padre, ovvero la sfera etica, si riferisce al patri-munus, inteso come una trasmissione di proprietà materiali e morali. Opera nel principio della giustizia, e della lealtà, vista come sentimento di appartenenza alla famiglia, alla sua storia, alle sue risorse.

* Custodia delle eredità: La custodia delle eredità riguarda i legami tra stirpi. I coniugi devono da un lato distinguersi dalla rispettiva famiglia di origine, affinché possa crearsi un’identità di coppia, ed essere al tempo stesso una mediatrice intergenerazionale, ovvero mantenere il bagaglio ereditato dalla stirpe per trasmetterlo alle generazioni successive. La custodia delle eredità consiste quindi nel mantenere viva la memoria delle origini (sfera affettiva) rimanendo leali alle origini di ognuno, con la consapevolezza dei propri problemi, valori, risorse e mancanze (sfera etica). È importante che i figli possano accedere ad entrambi i rami familiari. * Cura dell’appartenenza: Riguarda i legami tra fratelli, che sono testimoni del legame famigliare e in genere sono consistenti e duraturi. La cura dell’appartenenza si basa sulla condivisione (sfera affettiva) e sulla giustizia (sfera etica). È importante che i genitori riescano a differenziare il loro rapporto con i figli, così da creare legami unici e identità distinte e differenti in ciascun figlio. * Cura della pluralità: Molte dinamiche familiari sono connesse a situazioni storiche e culturali precise e anche le patologie non possono essere ricondotte unicamente alla famiglia. Vari studi hanno dimostrato l’interdipendenza tra famiglia e ambiente sociale. La cura della pluralità intende che i membri familiari siano impegnati in legami che trascendono le radici biologiche e la storia familiari, e vede entrambe le parti, famiglia e società, impegnate nella responsabilità per la generatività. Dal punto di vista della sfera affettiva troviamo l’apertura verso la comunità, dal punto di vista etico abbiamo la solidarietà come condivisione di esperienze di vita.

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Shouldice Hospital

...Blanch 07-40657 Jocelyn Machado 08-10659 Eduardo Rocco 08-10947 Stephanie Ziritt 08-11220 Profesor: Manuel Martín Sartenejas, Febrero de 2013 1. CONTEXTO El hospital Shouldice (nombrado luego de su fundador, Earle Shouldice) es un centro clínico donde se operan únicamente hernias abdominales externas. El 82% de los procedimientos quirúrgicos que realiza el hospital son operaciones primarias (operaciones realizadas por primera vez que requieren intervenciones de 45 minutos de duración) y el 18% restante se compone de pacientes con hernias recidivantes, reparadas anteriormente en otra clínica. Earle Shouldice desarrolló una técnica quirúrgica para la operación de hernias que supera a otras técnicas en cuanto a procedimiento, anestesia necesaria, tiempo y recuperación del paciente. Esta técnica es utilizada por todos los médicos cirujanos que trabajan en la clínica, sin embargo, el método Shouldice no es un método público conocido por otros médicos fuera del hospital. El hospital se compone de 5 quirófanos, un laboratorio, sala de reanimación y un área de aprovisionamiento central donde se limpian y esterilizan los instrumentos quirúrgicos. Cuenta con oficinas de recepción y contabilidad, una gran sala de espera (con una capacidad para 50 personas), 6 salas de exploración, 3 oficinas administrativas y 89 camas para los pacientes. Actualmente, el Dr. Shouldice desea encontrar la manera de aumentar la capacidad del hospital, y a la vez, conservar la calidad del...

Words: 2501 - Pages: 11

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Embarazo Molar

...Revista del Hospital Materno Infantil Ramón Sardá ISSN (Versión impresa): 1514-9838 asociacionsarda@yahoo.com.ar Asociación de Profesionales del Hospital Materno Infantil Ramón Sardá Argentina ¿Cómo citar? Número completo Más información del artículo Página de la revista www.redalyc.org Proyecto académico sin fines de lucro, desarrollado bajo la iniciativa de acceso abierto Actualización EMBARAZO MOLAR Ross Berkowitza y Donald Goldsteina Traducción: Dra. Carla C. Oterob Publicado en N Engl J Med 2009;360:1639-1645. El siguiente artículo comienza con un caso clínico. Se presenta la evidencia que sustenta el manejo y las estrategias, seguida de una revisión de las guías. Este artículo finaliza con recomendaciones clínicas de los autores. Caso clínico Embarazada de 37 años, cursando la 10 semana de gestación, que consulta por sangrado vaginal. El examen físico demuestra altura uterina correspondiente a la edad gestacional con niveles de sub-beta HCG de 22.000 mIU/ml. Por ecografía no se comprueban latidos fetales. Luego de recibir un diagnóstico de aborto incompleto, la paciente es sometida a una evacuación uterina; el examen anatomopatológico indica mola completa. ¿Cómo debe ser manejado este caso? El problema clínico El embarazo molar comprende dos entidades distintas, mola parcial y mola completa, que pueden ser diferenciadas por la morfología y el examen histopatológico de acuerdo al patrón cromosómico. La mola...

Words: 4401 - Pages: 18

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Caso Naturi

...Financiando Emprendimiento Naturi Corporation Profesor: Claudio Dufeu Integrantes: Maria Jose Del Valle. Patricio Arnolds. 1. ¿Cuáles son los aspectos críticos de la industria y del negocio de Rice – Active? Los aspectos críticos de la industria y de Rice - Active, están obviamente relacionados a la viabilidad de Naturi como negocio. Para iniciar cualquier actividad con estas características, donde las barreras de entrada no son del todo altas, es indispensable buscar patentar el proyecto con el fin de evitar la entrada de nueva competencia. Después de esto, se debe trabajar en las pruebas reales, trabajando en ensayos de laboratorio con este medicamento y ver si efectivamente se obtienen los resultados esperados luego de ser testeados en diferentes personas y/o animales. Debido a la gran desconfianza que existe por este tipo de productos, se debe buscar cuanto antes la obtención de resultados certificados y así poder exponer esta oportunidad de negocio con argumentos fundados y comprobados a los posibles inversionistas. Salir a vender el proyecto, también es uno de los grandes desafíos que tiene este negocio, principalmente por el bajo conocimiento social que existe en relación al rubro farmacéutico. Al ser una idea poco convencional y en general poco conocido en el mundo empresarial, podemos estar ante una propuesta difícil de vender y con poco atractivo para los distintos financiadores. Si no llegamos a tener los fondos monetarios necesarios, será imposible...

Words: 1828 - Pages: 8

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Wash and Where

...Roche Practicas progresivas Andrea Garibaldi Samborondón, Mayo de 2012. La empatía humana ha resultado de enorme interés tanto en el ámbito de la psicopatología, como en el estudio de la conducta social. La capacidad humana para empalizar se ha venido estudiando desde hace tiempo, ha habido confrontaciones teóricas y no hay pleno acuerdo sobre su definición. Hay discusiones sobre si la empatía consiste en ponerse mentalmente en el lugar del otro o a sentir la emoción del otro. Es un constructo muy amplio, que abarca diferentes componentes. En este ensayo se va describir las teorías y definiciones más relevantes en la historia sobre la empatía, luego se verá su utilidad en la clínica, no solo a nivel de diagnóstico sino como habilidad del terapeuta en beneficio del proceso terapéutico, sus usos de acuerdo al modelo terapéutico que se siga y que ocurre cuando el terapeuta muestra falta de empatía en la terapia. La empatía desde un enfoque cognitivo ha tenido estudios diferenciando las que se referían a imaginarse a sí mismo en una situación e imaginarse al otro en una situación. Stotland (1969) empezó a realizar estos estudios, y encontró que mientras en el primer conjunto de instrucciones la gente podía llegar a sentir ansiedad, no ocurría lo mismo en el segundo, la consideraban una disposición del individuo. La empatía desde un enfoque afectivo tiene una propuesta de Batson (1991), quien entiende la empatía como...

Words: 1858 - Pages: 8

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Toxicomanias

...Camilo Rojas Puertas Psicoanálisis y problemáticas del sujeto Universidad Nacional de Colombia Mayo de 2016 Bogotá “Clínica psicoanalítica de las toxicomanías” Artículo de Torossia Djambolakdjian, Clínica psicoanalítica de las toxicomanías. El jardín de Freud No.7 Y esto es lo nuevo para mí en este artículo. Voy a mostrarlo y a señalarle lo que ya sabía de lo que aquí dice: El texto busca a partir de un análisis clínico resolver ciertas preguntas con respecto a las toxicomanías y todo el contexto que estas preceden, en primera instancia; definir las toxicomanías resulta clave para abordar el tema de una manera eficaz. Los estudios clínicos son el primer paso para examinar los experimentos realizados para valorar la eficacia y seguridad de los fármacos. Los estudios clínicos bien concebidos y desarrollados proporcionan la evidencia científica que constituye la base de la mayor parte de las decisiones terapéuticas. Esta evidencia se complementa con los estudios de observación, en particular para evaluar los efectos adversos que escapan a la detección en los estudios clínicos creados para determinar la eficacia y que no ocurren con suficiente frecuencia o rapidez. La toxicomanía es un proceso complejo, en el que se origina dependencia física y psicológica de una sustancia. La adicción está relacionada no solo con el tipo de droga sino también con otros factores, como características individuales, circunstancias personales, sociales y de la frecuencia de uso....

Words: 783 - Pages: 4

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Measurement Scales Paper

...médicos para sus mascotas. Las cubiertas son variadas tales como hospitalización, asistencia domiciliaria, cirugías y pruebas diagnósticas. Estos seguros son similares los seguros médicos que actualmente tenemos para las personas. La cobertura de asistencia veterinaria por enfermedad cubre los análisis de laboratorio, las pruebas diagnósticas, la anestesia y gastos luego de una cirujia, la intervención quirúrgica, los medicamentos y la hospitalización quirúrgica. La cobertura de asistencia veterinaria como consecuencia de un accidente de la mascota asegurada incluye material quirúrgico, anestesia, exploraciones iniciales, análisis, osteosíntesis, prótesis, cuidados postoperatorios, radiografías, electrocardiogramas, curas, estancias en la clínica y medicamentos. La mayoría de estas pólizas están dirigidas a perros y gatos, que son las mascotas más...

Words: 316 - Pages: 2

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Endodoncia

...TRAUMATISMOS DENTARIOS Urgencia: situación de salud que se presenta repentinamente pero sin riesgo de vida y puede requerir asistencia medica dentro de un periodo de tiempo razonable (2-3hs). Por accidentes leves que no son graves y que pueden ser controlados debidamente hasta que los médicos, paramédicos, bomberos, etc, a fin de atender la situación. Emergencia: situación de salud que se presenta repentinamente, requiere inmediato tratamiento o atención y lleva implícito una alta probabilidad de riesgo de vida. Pérdida de conocimiento, abundante pérdida de sangre, dificultad respiratoria, dolor intenso en la zona del pecho, convulsiones, asfixia por inmersión, caídas desde alturas, accidente de tránsito. Prevención en deportes; -Es muy importante que tanto niños como adultos que practican deportes de riesgo, además de llevar la indumentaria protectora reglada, utilicen protectores bucales. * Protectores intraorales; -Protector estándar o no adaptable: presentan adaptación mientras la arcada está cerrada por lo que no son efectivos si la persona respira por la boca. Suelen ser prefabricados en goma o plástico. Suelen usarlo los boxeadores. -Protector adaptable o semiajustable: puede moldearse en función de la presión que se ejerza sobre el. Suelen ser de goma dura o plástico en forma de herradura y con un contorno inferior elástico que se ajusta a los dientes. -Protectores hechos a medida: su diseño puede adaptarse a la anatomía de la boca y también en función...

Words: 3714 - Pages: 15

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Sexualidad En La Enfermedad Hepática

...! 1 Presentación: Calidad de vida en la enfermedad hepática crónica y el transplante hepático: exploración del impacto en la sexualidad. Irene Campos Fernández, Máster de Investigación en Psicología de la Salud Tutor: Antoni Font Guiterras ! 2 El proyecto desarrollado se titula “Calidad de vida en la enfermedad hepática y el transplante hepático: exploración del impacto en la sexualidad”. Surgió como parte del proyecto “Validación de la versión corta de un instrumento sobre calidad de vida Liver Disease Quality of Life- Short Form (LDQL-SF)” llevado a cabo en el Hospital de Bellvitge por la lic.Alejandra Chandía Frías, la Dra. Teresa Casanovas Taltavull, Guiteras. de la Unidad de trasplante hepático, y el Dr. Antoni Font El mencionado instrumento sobre calidad de vida analiza en el contexto de la enfermedad hepática las distintas áreas de la vida que pudieran verse afectadas por la enfermedad, entre ellas, la sexualidad. Sin embargo, la escala de sexualidad del LDQL, tanto en su versión original como en su versión corta, sólo aborda la sexualidad a partir de la capacidad de respuesta sexual a nivel fisiológico del paciente y sólo concierne a las personas que han tenido relaciones sexuales en el último mes, porque de no ser el caso, los ítems de la escala no aplican. Considerando esto, surgió el interés por ahondar en el tema, encontrándose que hasta el momento no se dispone de un instrumento que evalúe la sexualidad, específicamente en enfermedad hepática...

Words: 10643 - Pages: 43

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Depressão

...A Depressão É uma das doenças psiquiátricas mais frequentes na nossa sociedade, estimando‐se que uma em cada cinco pessoas tenha sofrido ou vá sofrer de depressão durante a vida. A prevalência da depressão é de aproximadamente 10 a 20% nas mulheres e um pouco inferior nos homens. É causa de grande sofrimento para o doente e para os que o rodeiam – sendo prejudicial na vida profissional, familiar e social – a depressão é uma situação clínica que não pode passar sem tratamento adequado, sob o risco de se tornar crónica. O diagnóstico da depressão é clínico. Atualmente, não existem exames laboratoriais ou imagiológicos que possam substituir a observação do médico. Na elaboração do diagnóstico, o especialista deve ter em conta toda uma série de sinais e sintomas (descritos pelo doente). Um indivíduo pode ter apenas um episódio depressivo ao longo da sua vida ou ter vários. Quanto mais episódio teve no passado, maior é a probabilidade de ter uma recaída, isto é, de ter um novo episódio depressivo. Existem inúmeras razões para o desencadear de um episódio: genéticas, biológicas ou por fatores externos. Muitas das vezes o suicídio, a auto mutilação , a bulimia e a anorexia são doenças associadas à depressão . Para tratar a depressão e evitar recaídas é fundamental o doente seguir o tratamento durante o tempo adequado e conforme recomendado pelo médico. Causas Há várias teorias para o aparecimento da depressão mas, apesar da investigação desenvolvida, persistem dúvidas...

Words: 883 - Pages: 4

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Nutrition Student

...Guía de Trastornos Alimentarios CENTRO NACIONAL DE EQUIDAD DE GÉNERO Y SALUD REPRODUCTIVA Guía de Trastornos Alimentarios Tercera Edición 2008. D.R. © Centro Nacional de Equidad de Género y Salud Reproductiva Secretaría de Salud Homero 213, 7º Piso Colonia Chapultepec Morales Delegación Miguel Hidalgo 11570, México, D.F. Impreso y hecho en México Printed and made in Mexico Se imprimieron 2,000 ejemplares Se terminó de imprimir en octubre de 2008 ISBN 970-721-232-2 El presente material fue elaborado por el Centro Nacional de Equidad de Género y Salud Reproductiva. La coordinación y autoría estuvo a cargo de Katia Weissberg y Leticia Quesnel Galván. Participó como Coordinadora del Proyecto Guías Prácticas: Laura A. Pedrosa Islas. Asesora de la Guía de Trastornos Alimentarios: Claudia Unikel Santocini. Revisoras: Sandra Aguirre Guerrero, Yohana Castro Bibiano y Cecilia Robledo Vera. Consejo Editorial, Presidenta, Dra. Patricia Uribe Zuñiga, Directora General del Centro Nacional de Equidad de Género y Salud Reproductiva. Directora Ejecutiva, Dra. Aurora del Río Zolezzi, Directora General de la Dirección General Adjunta de Equidad de Género. Lic. Ulices Pego Pratt, Coordinador de Publicaciones PNUD. Directorio DR. JOSÉ ÁNGEL CÓRDOVA VILLALOBOS Secretario de Salud DR. MAURICIO HERNÁNDEZ ÁVILA Subsecretario de Prevención y Promoción de la Salud DRA. MAKI ESTHER ORTÍZ DOMÍNGUEZ Subsecretaria de Innovación y Calidad LIC. LAURA MARTÍNEZ AMPUDIA Subsecretaria de...

Words: 7440 - Pages: 30

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Anemias

... * Fenazopiridina (Pyridium) * Inmunoglobulina Rho (WinRho) * Ribavirina * Mordeduras de serpiente (el veneno de algunas serpientes contiene toxinas hemolíticas) * Sulfamidas * Sulfonas Esta lista no las incluye a todas. 1.2 Eliptocitosis Congénita Es una membranopatía que tiene como patrón característico la presencia de glóbulos rojos ovalado o elipticos, hallazgo que hasta la fecha es el principal criterio diagnóstico. Se transmite por herencia autosómica dominante y su frecuencia es de 1 x 5 000 RNV. La enfermedad tiene un notable polimorfismo clínico y molecular. Las mutaciones causantes del cuadro se pueden hallar en tres genes diferentes:  1 espectrina,   espectrina y proteína 4,1(1,2). Manifestaciones Clínicas La eliptocitosis congénita se puede clasificar en cuatro grupos:  a. Eliptocitosis congénita común. b. Piropoiquilocitosis congénita. c. Eliptocitosis congénita esferocítica. d. Eliptocitosis congénita estomatocítica. A continuación se describe las características más saltantes de la Eliptocitosis congénita común. Se trata de la variante más frecuente y sus manifestaciones pueden presentar diferente grado de intensidad. Así pues, hay personas afectadas que no presentan síntomas hasta aquellas que expresan...

Words: 1986 - Pages: 8

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Historia Clinica

...HEMORRAGICO 1.-Factores de riesgo en patología vascular encefálica hemorrágica A los factores de riesgo los podemos dividir en modificables o no. El principal factor de riesgo y que es modificable, es la hipertensión arterialya por ser desconocida, por no realizar tratamiento adecuado o por adhesiones irregulares al tratamientos y controles médicos De los ACV hemorrágicos internados en la Cátedra de Neurología mas del 87% eran hipertensos Otros factores modificables son: * Diabetes, especialmente la tratada en forma ireregular y discontinua * Obesidad * Dislipidemias * Tabaquismo * Stress * Sedentarismo Factores no modificables: * Edad * Sexo * Constitución * Antecedentes familiares * Raza 2.- Etiología y fisiopatología de la hemorragia intracraneal Mas del 85% de los ACV hemorrágicos y 45% de los isquemicos están vinculados de algún modo con la hipertensión arterial, la cual produce serios daños en la pared arterial ( arterioesclerosis) que aparece engrosada, con dilataciones segmentarias especialmente en el territorio de la arteria silviana y muy especialmente en las tálamo-estriadas Al aumentar la rigidez las arterias se tornan tortuosas y se presentan placas duras y blandas, que a la vez se pueden complicar con obstrucciones o migraciones de elementos provenientes de su ulceración, generando embolias ha distancia Las rupturas, que siempre obedecen a lesiones de la pared, producen extravasación...

Words: 601 - Pages: 3