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Comunicazione Politica Dopo L'11 Settembre

In: Social Issues

Submitted By ricutta
Words 4185
Pages 17
INTRODUZIONE

Questo lavoro si propone di descrivere come si sia svolta la comunicazione politica in relazione all’emergenza terroristica dall’11 settembre 2001 in poi. Verrà presa in considerazione soprattutto la comunicazione politica del governo statunitense, e sarà riservata un’analisi anche alla comunicazione mediatica operata dalle organizzazioni terroristiche. L’obiettivo è quello di mostrare quanto sia stato significativo, a partire da quella data in poi, il ricorso costante a una forte retorica nei frequenti discorsi da parte dei governi, o anche da parte dei cosiddetti terroristi (un elemento importante è proprio l’uso inflazionato dell’appellativo “terrorista”, senza che sia fissato un ambito semantico condiviso che lo racchiuda). Una retorica molto ostentata, spinta spessissimo a giustificare le scelte politiche con l’idealismo, fino a presentare il nuovo conflitto contro il terrorismo internazionale come una riproposizione dell’eterna lotta tra il Bene e il Male. Il ricorso a questo tipo di linguaggio è stato fatto proprio dall’amministrazione statunitense e in particolar modo dal presidente George W. Bush, che una quindicina di anni prima era diventato un metodista osservante dopo un periodo di crisi esistenziale. Secondo molti opinionisti, il ricorso a un tale linguaggio, negli anni precedenti assente nei discorsi politici da parte dei governi, avrebbe contribuito ad alzare la percezione di gravità dello scontro sentita da vaste fasce di popolazione nel mondo arabo, e inoltre avrebbe spinto i terroristi ad alzare a loro volta i toni, diffondendo molto più frequentemente di prima messaggi indirizzati all’intero mondo islamico, incitanti alla ribellione contro l’“Occidente oppressore” e all’uccisione degli americani e dei loro alleati, rei di aver occupato e oltraggiato le terre sacre dell’Islam, a partire dagli interventi militari in Libano e poi con l’insediamento di alcuni contingenti nella Penisola Arabica in seguito alla guerra del Golfo del 1991. Tali messaggi purtroppo non rimasero vacue minacce, ma si tradussero in sanguinosi attentati in tutto il mondo, da Bali in Indonesia, a Madrid, a Beslan in Ossezia (Russia), solo per citarne qualcuno tra i più drammatici. I mass media di tutto il mondo non poterono fare a meno, seguendo le regole del news management, di cogliere questo nuovo grande tema mondiale presentandolo costantemente come il più importante argomento informativo: sostanzialmente, dall’11 settembre 2001 a oggi, la sensazione che ha il pubblico

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televisivo o anche, in misura minore, radiofonico, è che il terrorismo sia un fenomeno che ormai riguarda potenzialmente la vita di tutti noi, che invade la nostra quotidianità. Il filo rosso che questa tesi intende seguire è mostrare, riportando gli esempi più significativi, che l’adozione di un certo linguaggio propagandistico da parte dei politici, e in primis da parte dei governanti dell’unica, influentissima, superpotenza mondiale, ha perlomeno contribuito a diffondere un clima internazionale di tensione tra le culture, e di paura all’interno di ogni singola cultura (non solo in quella occidentale, ma anche in quella islamica e nelle altre). Il pesante sospetto, dichiarato assolutamente plausibile da autorevoli fonti in Europa come in America, è che tanti governi, nelle società occidentali come in altre parti del mondo (vedi gli esempi di Russia, Cina, Arabia Saudita, Pakistan, Indonesia, e di vari Stati africani, anche tra i più evoluti democraticamente) abbiano usufruito della paura generata dall’insistenza di questo tipo di linguaggio, per varare leggi presentate come difese della sicurezza dei cittadini dal pericolo terrorismo, ma contenenti rilevanti restrizioni dei diritti civili conquistati in alcune società da qualche decennio, in altre più recentemente. Non verranno dati giudizi personali, mi limiterò a presentare da un lato i discorsi in questione, dall’altro l’analisi di vari esperti o di giornalisti sulle dinamiche da essi scaturite o scaturibili. Le deduzioni saranno lasciate al lettore. Il primo capitolo fornirà una panoramica su come i mass media e l’opinione pubblica abbiano reagito nell’immediato all’evento dell’11 settembre. Evento definito “mediale”, cioè progettato da coloro che l’hanno compiuto per farlo diventare oggetto di attenzione mediatica in diretta, e in effetti le immagini che riprendono gli aerei schiantarsi sulle Twin Towers sono tra le più forti tra quelle riguardanti eventi ripresi in diretta. Si cercherà poi di analizzare come l’immaginario collettivo (denominato universo simbolico) possa essere stato colpito e modificato, in particolare quello degli Americani, dallo shock per un tale avvenimento, e si comincerà ad accennare una prima introduzione su come il governo americano possa aver usufruito del cambiamento di universo simbolico tra la popolazione nel portare avanti la sua politica. Il secondo capitolo conterrà innanzitutto una parte introduttiva in cui traccerò prima un profilo della cosiddetta corrente neoconservatrice americana, ritenuta avere un peso preponderante nelle decisioni e nella scelta del linguaggio dell’amministrazione USA, e riassumerò poi la biografia di George W. Bush, per avere un background informativo che possa far luce su alcune delle sue prese di posizione dopo l’11 settembre. Quindi si

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entrerà nel vivo dell’argomento della tesi. Verranno analizzate le prime dichiarazioni di Bush dopo gli attentati, con l’enunciazione di termini e concetti, come quello di guerra al terrorismo, che sarebbero diventati la bandiera del governo americano anche negli anni successivi. Ma verranno prese in considerazione anche alcune infelici scelte terminologiche, come l’uso dell’espressione «crociata contro il male», pronunciata dallo stesso Bush. Si farà cenno ai provvedimenti della NATO e del Congresso USA mirati a cambiare in parte i concetti di alleanza e di diritto di accedere all’opzione della guerra, provvedimenti che saranno alla base delle successive azioni di politica estera del governo americano e dei suoi alleati. E si ripercorrerà il momento in cui il presidente americano, sulle macerie del World Trade Center, seppe conquistare l’appassionato sostegno di milioni di americani dimostrando un improvviso e insospettato atteggiamento da leader. Verrà riservato un paragrafo all’esplorazione delle diverse definizioni e interpretazioni del termine terrorismo. Infine, si ripercorreranno i passaggi che portarono all’identificazione del nemico da incolpare per le stragi di New York e Washington. Con il terzo capitolo passerò ad analizzare la comunicazione mediatica operata dai terroristi, o “martiri per la fede”, come loro stessi e i loro seguaci si definiscono. Innanzitutto ricostruirò il modo in cui al-Qā‘ida divenne conosciuta nel mondo, soffermandomi sulla vera origine del nome, che non è quello originale datogli dai suoi fondatori, bensì le fu dato dai servizi segreti americani. Ricercherò poi il significato del concetto di “jihad” nella cultura arabo-islamica, scoprendo che esso è in buona parte diverso da quello che gli attribuisce la civiltà occidentale per mezzo degli organi d’informazione. Quindi giungerò alla descrizione dei comunicati di coloro che erano stati identificati come nemici: prima le dichiarazioni di rappresentanti del regime afgano dei Taliban, poi quelle di Saddam Hussein, infine i comunicati di Osama bin Laden, che incitavano alla lotta contro l’Occidente con un linguaggio per certi versi parallelo a quello utilizzato da Bush, incentrato cioè sull’idea di un grande scontro tra valori giusti e amoralità, tra Bene e Male. Infine ripercorrerò la vicenda del dilemma dei mass media tra scegliere o meno una pesante autocensura sui messaggi dei terroristi, ritenuti pericolosi per il loro incitamento alla violenza e all’odio interculturale: i grandi network informativi americani, a differenza che la maggioranza di quelli europei, scelsero di operare un’autocensura. Sarà interessante analizzare le ragioni di questa scelta compatta, e scoprire come il patriottismo e il senso di difesa della nazione negli Stati Uniti percorra trasversalmente tutti i settori sociali e professionali. Passerò quindi a descrivere un altro 4

provvedimento preso dall’amministrazione USA, cioè l’istituzione di un vero e proprio ufficio di dipartimento per la propaganda americana all’estero, esperimento che però non conobbe i risultati sperati. Il quarto capitolo si aprirà con la vicenda del dibattito e delle polemiche sulla superiorità della civiltà occidentale. Nell’impossibilità di dare spazio agli innumerevoli interventi sull’argomento, ho deciso di riportare quelli che destarono maggiore scalpore a livello internazionale, dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Silvio Berlusconi, al tanto discusso pamphlet di Oriana Fallaci, esaminando gli effetti che ebbero sull’opinione pubblica. Riserverò poi un breve spazio al caso, accaduto negli USA un mese dopo gli attentati, della diffusione per posta dell’antrace, episodio mai chiarito completamente, che contribuì non poco a mantenere alto lo stato di panico e di insicurezza tra la popolazione americana. Quindi presenterò il provvedimento legislativo denominato USA PATRIOT Act, spiegando brevemente quali furono le parti di esso a essere messe sotto accusa da numerose associazioni per i diritti civili. Infine riporterò la dichiarazione di Bush in cui egli pronuncia l’esistenza di un “asse del male”, costituito da paesi che sponsorizzerebbero il terrorismo e minaccerebbero quindi la stabilità mondiale. Si accennerà a come nei discorsi del governo americano si desse un diverso peso alla pericolosità dei diversi Stati incriminati, e si riporteranno alcune delle deduzioni sorte per spiegare questo atteggiamento. Il quinto e ultimo capitolo sarà dedicato in buona parte alla vicenda della guerra in Iraq. Verrà ripercorso il lungo braccio di ferro diplomatico tra Stati Uniti, con i loro alleati, e altri paesi, alla cui testa vi erano Francia e Germania, che ritenevano insufficienti le motivazioni addotte dal governo americano per muovere guerra all’Iraq. Il perno su cui si basavano queste motivazioni era la presunta possessione di armi «di distruzione di massa» da parte del regime iracheno. Gli Stati Uniti diedero sfogo alle pressioni verbali più insistite e martellanti per convincere l’ONU ad autorizzare un intervento armato, ma il controbilanciamento di Francia e Germania condusse le discussioni in sede di Consiglio di Sicurezza a delle cavillose dispute terminologiche che sfociarono in una risoluzione ambigua, in cui ogni parte in causa poteva vedervi almeno un risultato a suo favore: infatti quella risoluzione non inibì affatto la decisione americana di attaccare. Un curioso caso, parallelo a quello della tensione montante contro l’Iraq, fu quello della Corea del Nord, che annunciò senza mezzi termini di aver riavviato la produzione di energia nucleare. L’atteggiamento degli Stati Uniti di fronte a

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quello, a tratti anche aggressivo, del Nord Corea, fu assolutamente diverso da quello tenuto nei confronti dell’Iraq: usarono toni concilianti. Analizzerò brevemente il motivo di questa forte differenza di comportamento. Poi riporterò gli ultimi discorsi tenuti dall’amministrazione USA e dallo stesso Saddam Hussein prima della guerra, gli ultimi confronti verbali. Passerò quindi a osservare la copertura della guerra da parte della stampa, e poi come venne gestita informativamente la cattura di Saddam Hussein. Subentrerà quindi un paragrafo sullo scandalo del carcere di Abu Ghraib e sull’enorme ricaduta che ebbe sui mass media, costringendo a un forte imbarazzo il governo USA e in particolare il segretario alla Difesa Donald Henry Rumsfeld. Giungerò poi a raccontare come gli attentati a Madrid dell’11 marzo 2004 furono fatali alla classe politica spagnola del primo ministro José María Aznar, che perse le successive elezioni politiche, pur essendo in netto vantaggio nei sondaggi, a causa della pessima gestione comunicativa con cui trattò il dramma dell’attentato. Infine riporterò nuovamente l’attenzione in Iraq soffermandomi sulla tragica escalation dei sequestri filmati dai terroristi, con tutto il corollario di macabri rituali e consuetudini. Al termine, rifacendomi al significativo discorso d’insediamento di Bush per il suo secondo mandato presidenziale, avanzerò qualche considerazione sui possibili rischi di una società continuamente sottoposta al “bombardamento” di una propaganda che presenta la civiltà occidentale in costante pericolo di essere sconvolta dalla violenza terroristica, e insiste sulla vocazione dell’America a una missione “redentrice” di tutte le parti del mondo che non conoscono la democrazia; missione da portare avanti con entusiasmo e determinazione, generati da una sorta di “idealismo messianico”, a cui Bush sembra rifarsi sempre più appassionatamente.

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CAPITOLO I IL PUNTO ZERO DI UN NUOVO ORDINE MONDIALE

1. 11 settembre 2001: un clamoroso evento mediale

Gli attentati terroristici che colpirono le città di New York e di Washington l’11 settembre 2001 furono definiti unanimemente da tutta la stampa internazionale, già dal giorno stesso della tragedia, come capolavori mediatici. Per la prima volta nella storia, infatti, un evento di tale portata e drammaticità veniva ripreso in diretta televisiva e poteva quindi essere osservato in diretta, in tutto il suo svolgimento, da telespettatori in tutto il mondo, nonostante l’assoluta imprevedibilità di un tale fatto-notizia. Ciò che permise questa eccezionale circostanza fu che gli attentati alle Twin Towers del World Trade Center ebbero luogo nella metropoli che più di ogni altra era il simbolo stesso della modernità, quindi sede, tra l’altro, di importanti network televisivi, che si trovarono così a documentare “in casa” quello storico avvenimento. Ciò che fu subito chiaro, e che ancor oggi colpisce per la facilità con cui tale operazione fu condotta, è che i terroristi avevano studiato nei particolari il modo più clamoroso per attirare l’attenzione del mondo intero: fare schiantare aerei di linea carichi di passeggeri sul Pentagono, centro simbolico e reale della potenza militare degli Stati Uniti, sul Campidoglio o sulla Casa Bianca, centri simbolici e reali della politica americana (obiettivi non raggiunti perché l’aereo che sembra si stesse dirigendo su uno di essi precipitò in Pennsylvania, in seguito alla colluttazione tra i terroristi a bordo e i passeggeri) e sul World Trade Center a New York, una tra le sedi simboliche e reali della moderna cultura occidentale e della globalizzazione. Una tale pianificazione ebbe l’effetto di trasformare un evento giornalistico in un vero e proprio evento mediale. La differenza tra i due concetti risiede nel fatto che il secondo implica una preparazione ex ante dell’evento, volta a predisporre il pubblico all’appuntamento cerimoniale1. Cioè i diciannove attentatori a bordo dei quattro aerei avevano calcolato di interporre un certo lasso di tempo, in particolare tra gli impatti dei due aerei sul WTC, in modo tale che i network televisivi, inquadrando il luogo dell’evento mediale subito dopo il primo
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DAYAN D. e KATZ E. (1992), Media Events. The Live Broadcasting of History, Cambridge (Massachusetts), Harvard University Press.

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schianto, avrebbero ripreso in diretta il secondo. Questo implica una buona conoscenza, da parte dei terroristi che compirono questa operazione, delle dinamiche dei media, e anche della loro ripercussione sul pubblico: infatti la scena dello schianto del secondo aereo, insieme a quella del crollo delle Torri e a quelle dello skyline di Manhattan avvolto dal fumo e della folla che fuggiva a piedi per le strade solitamente invase da automobili, fu ritrasmessa continuamente in quelle ore, in una sorta di ossessivo rituale tra l’informativo e lo spettacolare, veicolando l’idea della catastrofe e contribuendo a far crescere la sensazione di angoscia di fronte a un avvenimento apocalittico. In tutto il mondo per parecchie ore la gente cercò freneticamente di avere più informazione possibile sull’accaduto, intasando e mandando in tilt Internet, passando da un canale all’altro sulla televisione o sulla radio, contattando per telefono fisso o mobile parenti e amici2. In un primo momento l’eccezionalità del fatto prese alla sprovvista anche i cronisti, e la trasmissione continua delle medesime immagini sostituiva quasi del tutto i commenti giornalistici. Dopo lo schianto degli aerei, per almeno mezz’ora le uniche immagini in diretta che CNN e Sky News3 furono in grado di trasmettere erano quelle, statiche, del WTC in lontananza, filmate dalla postazione dell’Empire State Building o da altri grattacieli vicini. Da lontano le telecamere riuscirono a riprendere persone che si sporgevano dai piani alti delle Torri, tra il fumo che fuoriusciva; oltre a pezzi di lamiera che precipitavano, si videro anche sagome umane gettarsi nel vuoto, in un gesto disperato per fuggire alle fiamme. Poi qualche cronista risalì la corrente della folla che fuggiva via, per giungere il più vicino possibile al luogo del disastro, venendo anche investito – al pari della gente che scappava – dal cumulo di polveri delle macerie delle Torri che collassavano, e raccogliendo così immagini che sembravano provenire dalla prima linea di un fronte di guerra. Immagini che si aggiunsero al già scioccante repertorio: l’aereo che andava a schiantarsi sulla seconda Torre (nei giorni successivi si sarebbe aggiunta anche una ripresa amatoriale e casuale del primo attacco, che rimarrà un prezioso documento storico), la gente che si gettava nel vuoto, il Pentagono in fiamme, il rovinoso crollo del WTC, poi quello dei grattacieli vicini. In molti evidenziarono la differenza nella dimensione rappresentativa rispetto alla copertura

Cfr. l’approfondita analisi attraverso sondaggi in MORCELLINI M., a cura di (2002), Torri crollanti. Comunicazione, media e nuovi terrorismi dopo l’11 settembre, Milano, Franco Angeli. 3 Per quanto riguarda le emittenti di aziende di informazione, come pure per le testate della stampa cartacea, utilizzerò il carattere corsivo quando esse sono nominate come canale informativo (radiofonico, televisivo o cartaceo). Farò invece uso del carattere normale quando le nominerò come aziende.

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televisiva della guerra del Golfo del 1991, che a suo tempo era stata definita come una “guerra in diretta”:

[Guardare i telegiornali martedì è stato del tutto diverso dall’ultima volta che rimasi incollata su CNN per guardare una guerra in tempo reale. Il campo di battaglia dell’invasore aereo nella guerra del Golfo non aveva nulla in comune con quanto abbiamo visto questa settimana. Allora, invece di edifici reali che collassano interamente su se stessi, vedevamo solo asettici bersagli di cemento, demoliti e scomparsi all’istante. Chi c’era in quei poligoni astratti? Non l’abbiamo mai scoperto.]
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L’11 settembre 2001 invece tutti sapevano bene che nelle Torri crollanti morivano migliaia di persone, impossibilitate a fuggire perché si trovavano a parecchi piani di altezza, dove ognuno quella mattina stava svolgendo le proprie normali attività quotidiane. E questo sapere bastava a generare il senso di angoscia nel telespettatore: «[Assistevamo alla morte su una scala incredibile, ma non abbiamo visto nessuno morire. L’incubo era in questo abisso di immaginazione. L’orrore era nella distanza]»5. La spettacolarità con la quale tutto era avvenuto non poté non far balzare agli occhi la rassomiglianza impressionante con le immagini catastrofiche di tanti film americani di fantascienza. Interessante e significativo è il punto di vista di Alessandro Baricco che su la Repubblica del 12 settembre titolò il suo articolo Quando la storia si presenta come un film:

C’è un’ipertrofia irragionevole di esattezza simbolica, di purezza del gesto, di spettacolarità, di immaginazione. […] in tutto questo c’è troppa maestria drammaturgia, c’è troppo Hollywood, c’è troppa fiction. La Storia non era mai stata così. Il mondo non ha tempo di essere così. La realtà non va a capo, non concorda i verbi, non scrive belle frasi. Noi lo facciamo quando raccontiamo il mondo. Ma il mondo, di suo, è sgrammaticato, sporco e la punteggiatura la mette che è uno schifo. E allora perché la storia che vedo accadere in quel televisore è così perfetta? […] non è il semplice stupore di vedere la finzione diventare realtà: è il terrore di vedere la realtà più seria che ci sia accadere nei modi della finzione.

KLEIN N. (2001), “Game over”, in The Nation, 15 settembre. Le parentesi quadre, d’ora in poi, stanno a indicare che ciò che vi è scritto all’interno non è la citazione nella lingua originale, ma la sua traduzione in italiano. 5 McEWAN I. (2001), “Beyond belief”, in The Guardian, 12 settembre.

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Basta anche soltanto scorrere l’incalzante susseguirsi di alcuni flash d’agenzia di stampa per rendersi conto della sensazione di allarme che l’informazione non poté fare a meno di diffondere in tutto il mondo: 15.28, «il governo USA parla d’attentato»; 15.30, «evacuata la Borsa»; 15.40, «la polizia avverte: un terzo aereo potrebbe avvicinarsi alle torri»; 15.45, «evacuata la Casa Bianca»; 15.46, «Pentagono in fiamme»; 15.49, «evacuati il Congresso e il Ministero del Tesoro a Washington per minacce terroristiche»; 15.53, «chiusi tutti gli aeroporti USA»; 16.00, «il personale dell’ONU si rifugia nel sottosuolo del Palazzo di vetro»; 16.03, «evacuato a Chicago grattacielo Sears»6. Nessun mezzo di comunicazione poté sottrarsi alla rivoluzione delle proprie routines produttive. L’urgenza informativa moltiplicò a dismisura l’offerta dei contenuti legati all’attentato e monopolizzò l’intero sistema dei media per molte settimane. Ci fu chi rilevò: «Da 15 giorni i quotidiani dedicano venti pagine per ripetere sempre la stessa cosa: e cioè che sono cadute le Torri gemelle. Non c’è mai stato nel nostro Paese un caso di paralisi emotiva di questo tipo»7; e chi in seguito sostenne che si era trattato della «trasmissione televisiva di massima audience di tutti i tempi»8. Una rapida analisi dei dati di ascolto dei media in Italia sembra giustificare questa affermazione. L’11 settembre s’incollarono davanti al teleschermo venticinque milioni d’italiani. Sulla scorta dei dati forniti dalla RAI, dal momento del primo attacco si registra un crescendo impressionante di ascolti fino a punte di dodici milioni di ascoltatori per ciascuno dei due principali telegiornali di prima serata9. Rispetto allo stesso periodo (1129 settembre) dell’anno precedente, nei palinsesti RAI l’informazione passò da 246 a 444 ore di trasmissione, con un aumento dell’80,5%, mentre nell’azienda Mediaset (1117 settembre) passò da 41,3 a 79 ore, con una differenza del 91,3%10. Anche i dati relativi alla radio confermano un’esplosione comunicativa, con incrementi generalizzati di ascolto: dall’analisi di Audiradio, relativa al periodo 15 settembre-26 ottobre, emerge in particolare la performance di Radio 24-Il Sole 24Ore, che registrò, anche per la crisi economica seguita agli attentati, un aumento da un
Dati e orari riportati dalle notizie dell’Archivio DEA dell’Agenzia di stampa ANSA. ECO U. (2001), intervista di C. Cassino, “I media in Italia paralizzati dalla guerra”, in Puntocom, 25 settembre, p. 14. 8 GALLI DELLA LOGGIA E. (2002), “Il mondo senza guerre? Un sogno svanito con le Twin Towers”, in Sette. Settimanale del Corriere della Sera, n. 36. 9 POLI S. (2001), “Twin Towers, sui numeri dei media dopo l’11 settembre”, in Problemi dell’informazione, XXVI, n. 4, pp. 401-407. 10 Questi dati e i successivi fanno riferimento a CERASE A., D’AMBROSI L. e MARTINO V. (2002), “L’ora zero della comunicazione”, in M. Morcellini (a cura di), op. cit., pp. 40-41.
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milione a oltre un milione e mezzo di ascoltatori giornalieri, con un incremento superiore al 50%. La rete Internet addirittura, nelle ore immediatamente successive all’evento, andò in tilt a causa dell’enorme sovraccarico di utenti e quindi lo strumento multimediale emergente, ritenuto il più utile per raccogliere informazioni, in quel frangente si rivelò inefficace. Comunque l’enorme bisogno di informarsi è attestato chiaramente anche dai dati relativi all’informazione su Internet. Sul sito www.repubblica.it, rispetto alla media giornaliera, l’11 settembre i visitatori furono più del doppio, da 250.000 a 557.000, e le pagine viste il quintuplo, arrivando a 10 milioni. Il sito www.corriere.it, pur manifestando una maggiore difficoltà di accesso per parecchie ore, passò da 100.000 a 300.000 visitatori e quadruplicò il numero delle pagine visitate. La stampa vide ovviamente un grande aumento delle tirature. A essa era riservata un’informazione d’approfondimento, non potendo competere con la TV sulla tempestività nel porgere la notizia. Ma proprio la sua caratteristica esclusiva di approfondimento della notizia le garantì un boom di vendite, soprattutto, ovviamente, nel giorno successivo agli attentati. Per esempio da domenica 9 settembre a mercoledì 12 settembre la tiratura de Il Corriere della Sera passò da 879.000 copie a 1.211.780, con un aumento del 37,8%; nel medesimo periodo il quotidiano la Repubblica ebbe a sua volta un aumento del 32%, passando dalle 759.000 copie a oltre un milione; e altri dati notevoli sono da citare riguardo al 12 settembre, come le 736.631 copie de La Stampa, che esaurì le scorte in magazzino, e le 515.290 de Il Sole 24Ore. Perfino i quotidiani sportivi aprirono con le immagini degli attentati. I periodici si mantennero per parecchie settimane a elevatissimi livelli di vendita, grazie alla possibilità di trattare l’argomento in modo ancora più approfondito dei quotidiani. Riviste come Internazionale, Panorama, L’Espresso e Oggi andarono letteralmente a ruba, risultando spesso introvabili in edicola. Le dimensioni del fenomeno comunicativo determinarono un mutamento anche nella news organization. La maggior parte delle testate, infatti, decise di modificare la veste grafica e il modo di porgere la notizia, adattandola a una situazione che appariva lontanissima dall’esperienza quotidiana dei media. Una situazione di emergenza che imponeva, anche emotivamente, una nuova forma nella comunicazione, una comunicazione d’emergenza: «Raccontare l’11 settembre ha significato per i quotidiani sconvolgere le normali routines produttive: foliazione, impaginazione, organizzazione

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delle sezioni, utilizzazione delle fonti, tutto è stato travolto dal crollo delle Twin Towers: attraverso l’emergenza del quotidiano e il quotidiano dell’emergenza, sono emersi proprio i punti di crisi dei meccanismi di produzione-costruzione della notizia»11. In certi ambiti – titolazioni a caratteri cubitali sempre più frequenti, maggiore utilizzo di immagini e infografica, commento sempre più invasivo a scapito della nuda cronaca, aumento in certi casi consistente della foliazione per dedicare più spazio a tematiche internazionali, ricerca di un gergo più specialistico nella trattazione dei temi arabi, trasversalità delle tematiche “terrorismo” e “guerra” ricorrenti in ogni settore-notizia, compresi quelli dello sport, dello spettacolo e della mondanità – non si trattò di cambiamenti momentanei, ma proprio di una sorta di rottura rispetto al modo di presentare la notizia. Il successivo ciclico ripetersi di attentati e il fatto che l’amministrazione statunitense ribadisse costantemente la situazione di guerra permanente contro il terrorismo avrebbero fatto sì che le nuove formule editoriali restassero a lungo inalterate, consolidandosi nel tempo e rimanendo in buona parte tali fino a oggi.

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MALLOZZI P. e SQUARCIONE M. (2002), “Le torri di carta. Un’analisi dei quotidiani”, in M. Morcellini (a cura di), op. cit., p. 227.

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...del sistema bancario italiano negli ultimi vent’anni: il processo di concentrazione 2.2 Il sistema Bancario italiano attuale 2.3 Le caratteristiche del sistema bancario italiano 2.4 La Normativa bancaria 2.5 I Trend futuri 6 6 10 14 19 26 3 IL RUOLO DELL’ICT IN BANCA 3.1 Il ruolo dell’ICT nelle organizzazioni 3.2 Il mercato italiano dell’ICT 3.3 Il ruolo dell’ICT nelle banche italiane 31 31 33 40 4 LA INTRANET 4.1 Definizione di Intranet 4.2 I modelli di Intranet 4.3 Le funzionalità supportate dai modelli di Intranet 4.4 La Governance della Intranet 4.5 L’evoluzione della Intranet 4.6 Verso il Virtual Workspace 4.7 L’Intranet 2.0 4.8 L’Enterprise 2.0 71 71 73 74 75 78 79 84 85 5 GLI AMBITI DI INNOVAZIONE 5.1 L’ Unified Communication and Collaboration 5.2 Community & Social 5.3 Il Mobile Workspace 5.4 L’evoluzione dei modelli di lavoro: lo Smart Working 91 91 94 101 109 III Indice 6 METODOLOGIA DI RICERCA 6.1 Percorso di ricerca 6.2 l’Osservatorio Intranet Banche e i partecipanti alla ricerca 115 115 118 7 LO SCENARIO INTRANET NEL SETTORE BANCARIO ITALIANO 7.1 Il ruolo della Intranet 7.2 Budget ICT dedicato...

Words: 90323 - Pages: 362

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J&J Strategy

...UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIA FACOLTA’ DI INGEGNERIA Corso di Gestione aziendale Prof. A. Ancarani Analisi strategica Caso studio: “ Johnson & Johnson” Allievi Asero Alfredo Basile Nicolò Di Mauro Daniele ANNO ACCADEMICO 2009 – 2010 1 Indice 1 L’AZIENDA…………………………………………………………….......………….…3 1.1 Informazioni generali....................................................................................................3 1.2 Alcuni numeri .............................................................................................................8 2 ANALISI DEL MODELLO STRATEGICO: STRATEGY PROCESS………………13 2.1 Generalità....................................................................................................................13 2.2 Strategic thinking........................................................................................................14 2.3 Strategic formation......................................................................................................17 2.4 Strategic change...........................................................................................................21 3 STRATEGIC CONTENT…………………………………..............….......………….…24 3.1 Business level strategy............................................................................................... .24 3.2 Corporate level strategy.................................................................................................

Words: 15412 - Pages: 62

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Campari Expansion 2008

...DEL GRUPPO CAMPARI La conference call con cui l’11 Novembre 2008 il Gruppo Campari annunciava i risultati dei primi nove mesi dell’anno era appena terminata e le parole del CEO Bob Kunze-Concewitz venivano rapidamente trascritte dall’Investor Relations Office. Alla finestra del suo ufficio di Via Turati a Milano, di fronte a una foto del padre Domenico, il Chairman del gruppo, Luca Garavoglia, rileggeva uno dei passaggi chiave della bozza di comunicato stampa: “Per il futuro, ci aspettiamo di riuscire a contenere le sfide degli attuali mercati che si preannunciano difficili nel breve termine”. Da quando, appena laureato, aveva preso le redini del gruppo nel 1994, in seguito all’improvvisa scomparsa del padre, Luca Garavoglia non ricordava in realtà un periodo in cui Campari non avesse dovuto lottare per guadagnare e poi mantenere una posizione di prestigio tra i leader mondiali del settore beverage. Ma l’autunno 2008, con l’esplodere della crisi finanziaria e dei suoi riflessi sull’economia reale, sembrava prospettare sfide particolarmente ardue. Nei primi nove mesi del 2008 il Gruppo Campari – quinto al mondo per ricavi e presente in più di 190 paesi con il suo ampio portafoglio di marche premium e superpremium di spirit, vini e soft drinks – aveva conseguito risultati positivi, nonostante le condizioni sfavorevoli dei mercati. Rispetto all’anno precedente le vendite al netto delle accise erano cresciute tra Gennaio e Settembre dello 0,8% (3% a cambi costanti). L’EBITDA aveva...

Words: 15805 - Pages: 64

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Interventi Legislativi Nella Regolamentazione Del Rapporto Fra Politica E Amministrazione Nel Processo Di Privatizzazione Del Pubblico Impiego

...1. Capitolo La spinta alle riforme della Pubblica Amministrazione 1.1 I principali interventi legislativi nella regolamentazione del rapporto fra politica e amministrazione nel processo di privatizzazione del pubblico impiego Il dibattito in Italia sulla privatizzazione del pubblico impiego si deve, in origine, ad un autorevole studioso, Massimo Severo Giannini. Questo illustre giurista, divenuto anche Ministro per la Funzione Pubblica negli anni 1979-1980, affermava già da tempo, sulla base della distinzione tra rapporto organico e rapporto di servizio, la mera occasionalità storica, e non necessità giuridica della generale regolazione unilaterale e pubblicistica del lavoro pubblico1. Da questo punto di vista, l’autore citato, nel denominato rapporto Giannini – sui principali problemi della amministrazione dello stato propone come soluzione la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico. In proposito, Giannini si chiede se un’altra strada praticabile non sia quella di privatizzare i rapporti di lavoro con lo Stato non collegati all’esercizio della potestà pubblica, mantenendo come rapporto di diritto pubblico solo quello di coloro ai quali tale esercizio è assegnato o affidabile, ovvero gli attuali direttivi e dirigenti.2 U. CARABELLI e M. T. CARINCI (a cura di), Il lavoro pubblico in Italia, Bari, 2010, p. 34. 2 M.S. GIANNINI, Rapporto sui principali problemi della amministrazione dello stato, 16 novembre1979. Documento disponibile su: www.tecnichenormative.it. Osserva...

Words: 53581 - Pages: 215

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Guida Alla Circolazione

...LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI GUIDA ALL'APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DEL TRATTATO CHE REGOLANO LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI A cura della DG Imprese e industria Direzione C - Politica di regolamentazione Avvertenza: Né la Commissione europea né alcuna persona che agisca per suo conto possono essere tenute responsabili dell'uso fatto delle informazioni riportate in questa pubblicazione né di eventuali errori che, nonostante la cura posta nella sua redazione, essa contenga. La presente pubblicazione non riflette necessariamente il punto di vista della Commissione europea. Commenti e suggerimenti riguardanti il presente documento possono essere inviati alla Direzione generale Imprese e industria, Unità C.2 Ulteriori informazioni sull'Unione europea sono disponibili su Internet (http://europa.eu). Una scheda bibliografica figura alla fine della presente pubblicazione. Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2009 ISBN 978-92-79-13481-4 Doi 10.2769/25549 © Comunità europee, 2009 Riproduzione autorizzata con citazione della fonte, salvo diversa indicazione. Per l'utilizzazione o la riproduzione di materiale i cui diritti d'autore appartengono a terzi, è necessaria l'autorizzazione preliminare da parte dei detentori di tali diritti. Immagine di copertina: Printed in Belgium II Prefazione Questa guida all'applicazione delle disposizioni del trattato in materia di libera circolazione delle merci si propone di illustrare l'evoluzione e le prospettive...

Words: 33356 - Pages: 134

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The Health's Promotion in Adolescence: Internet and Sexuality

...Università degli studi di Napoli “Federico II” [pic] Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Scienze e tecniche Psicologiche Laurea Triennale Elaborato finale In Psicologia Sociale LA PROMOZIONE DELLA SALUTE IN ADOLESCENZA: INTERNET E SESSUALITA' Tutor Candidato Prof.ssa Luca Parisi Daniela Caso Matr. N66/381 ANNO ACCADEMICO 2011 / 2012 INTRODUZIONE 6 CAPITOLO 1: FONDAZIONE EPISTEMOLOGICA DEL COSTRUTTO DI “SALUTE 7 1.1 PREMESSA 7 1.2 DEFINIRE LO STATO ATTUALE DELLA PSICOLOGIA DELLA SALUTE 8 1.3 CAMPI DI APPLICAZIONE DELLA PSICOLOGIA DELLA SALUTE 9 1.4 SVILUPPO STORICO DELLA DISCIPLINA E SUA SEGUENTE ISTITUZIONALIZZAZIONE 10 1.5 LE DEFINIZIONI DA PARTE DI ALCUNI AUTORI DEL CONCETTO DI “SALUTE” 14 1.6 LO SVILUPPO DELLA PSICOLOGIA DELLA SALUTE NEL NOSTRO PAESE 18 1.7 DAL MODELLO BIO-MEDICO AL MODELLO BIO-PSICO-SOCIALE 20 1.7.1 CENNI STORICI SULLA TEORIA GENERALE DEI SISTEMI 22 1.7.2 L'IMPORTANZA DEL MODELLO BIO-PSICO-SOCIALE 23 1.8 UNA NUOVA VISIONE DEL DUOPOLIO “SALUTE-MALATTIA” 26 1.9 PRINCIPALI MODELLI TEORICI NELLA “PSICOLOGIA DELLA SALUTE” 28 1.10 IL CONTRIBUTO DELLE SCIENZE PSICOLOGICHE 34 CAPITOLO 2: L'IMPORTANZA DELLA PSICOLOGIA DELLA SALUTE SESSUALE 38 2.1 STORIA E SVILUPPI DAL 1994 40 2.2 DEFINIZIONE DI SALUTE SESSUALE 41 2.3 UNA DISCIPLINA MULTISETTORIALE 42 2.3.1 LEGGI, DIRITTI UMANI E POLITICHE 43 ...

Words: 36966 - Pages: 148

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Fairo Contract

... 1 CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO 09 Dicembre 2004 Costituzione delle parti Premessa Lista delle Compagnie associate alla FAIRO Parte Comune A) Investimenti B) Livelli occupazionali C) Diritto allo studio - Lavoratori studenti D) Contrattazione integrativa aziendale E) Assetti contrattuali F) Visite di inventario e personali G) Molestie Sessuali H) Portatori di Handicap I) Pari Opportunità L) Disposizioni e regolamenti Aziendali M) Applicazione ed inscindibilità delle norme contrattuali N) Relazioni Industriali O) Garanzie occupazionali P) Previdenza complementare Q) Commissione rivisitazione declaratoria R) Banca ore S) Decorrenza e durata Parte Specifica Art 1 Assunzione e documenti relativi Art 2 Contratto a termine/di formazione/Lavoro Interinale Art 3 Periodo di prova Art 4 Suddivisione del personale e Declaratorie Art 5 Mutamento di mansioni Art 6 Orario di lavoro Art 7 Giorni festivi e riposo settimanale Art 7/A Festività soppresse Art 8 Lavoro straordinario: diurno, festivo, notturno Art 9 Stipendi minimi mensili Art 10 Aumenti di anzianità Art 11 13a mensilità, indennità amministrativa, indennità varie, premio di produzione Art 12 Rimborso spese di trasporto Art 13 Elementi e computo della retribuzione Art 14 Ferie annuali-Aspettativa Art 15 Missioni Art 16 Trasferimento Art 17 Divise e indumenti di lavoro Art 18 Malattie e maternità Art 19 Infortuni Art 20 Servizio Militare Art 21 Disciplina aziendale ed obblighi del lavoratore Art 22 Sanzioni disciplinari...

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Piano Intesa Sanpaolo 2011-2013/2015

...Piano di Impresa 2011-2013/2015 Solida creazione di valore per tutti gli stakeholders Basilea 3: vantaggio competitivo per Intesa Sanpaolo, da subito Milano, 6 aprile 2011 Disclaimer This document has been prepared by and is the sole responsibility of Intesa Sanpaolo S.p.A. (the “Company”, and together with its subsidiaries, the “Group”) for the sole purpose described herein. This document and the information contained herein does not contain or constitute an offer of securities for sale, or solicitation of an offer to purchase securities, in the United States, Australia, Canada or Japan or any other jurisdiction where such an offer or solicitation would require the approval of local authorities or otherwise be unlawful (the “Other Countries”). Neither this document nor any part of it nor the fact of its distribution may form the basis of, or be relied on in connection with, any contract or investment decision in relation thereto. The securities referred to herein have not been registered and will not be registered under the U.S. Securities Act of 1933, as amended (the “Securities Act”), or pursuant to the corresponding regulations in force in the Other Countries, and may not be offered or sold in the United States or to U.S. persons unless such securities are registered under the Securities Act, or an exemption from the registration requirements of the Securities Act is available. The content of this document has a merely informative and provisional nature...

Words: 19033 - Pages: 77