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Dallagiovanna

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Pages 94
UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

Facoltà di Economia e Giurisprudenza

Corso di Laurea triennale in Economia Aziendale

Far farina al tempo della recessione:

la miscela vincente

Il marketing agroalimentare durante la crisi: il caso Molino Dallagiovanna

Relatore:

Chiar.ma Prof.ssa D’Este Carlotta

Elaborato finale di:

Matrà Giuseppe

matr. n° 3903347

anno accademico 2012/2013

... a mamma e papà, che non mi hanno mai fatto mancare nulla, dal sostegno psicologico alla disponibilità economica, spaccandosi letteralmente la schiena per farmi raggiungere i miei obiettivi...

... a nonna Maria, che pur abitando dall’altra parte dell’Italia mi è sempre stata vicina con le sue preghiere e col suo grande cuore, da quando impugnavo una biro cancellabile fino alla stesura di elaborati importanti come questo...

... ai miei amici, la combriccola di Sant’Antonio in primis, grazie a cui i momenti non occupati dallo studio assumono sempre un sapore autentico e speciale...

SOMMARIO

A. INTRODUZIONE

I. Il settore agroalimentare nel mondo 10

II. Il settore agroalimentare in Italia 12

III. Il settore agroalimentare a Piacenza e provincia 15

B. IL CASO CONCRETO: MOLINO DALLAGIOVANNA

I. Presentazione dell’azienda e cenni storici 18

II. Assetto istituzionale 19

III. Struttura organizzativa 20

IV. Il processo produttivo 23

V. Aspetto patrimoniale 24

C. LA MISCELA VINCENTE

I. DIVERSIFICAZIONE E INNOVAZIONE 26

1. Le quattro linee di prodotto principali: analisi dei dati di vendita 26

2. Diversificare 36

3. Innovare 39

4. Rispettare l’ambiente: primi segnali di green marketing 41

II. QUALITA’ E TRADIZIONE 41

1. Il marchio 42

2. Il legame con il territorio 45

3. Il packaging 46

4. Punti di forza e qualità 47

III. COMUNICAZIONE AL CLIENTE 51

1. Una base solida: le campagne pubblicitarie 52

2. Gli eventi e le manifestazioni fieristiche 59

3. Il coinvolgimento del consumatore: primi passi verso il marketing esperienziale 61

D. MA QUANTO COSTA LA “MISCELA VINCENTE”? 64

E. CONCLUSIONE 68

F. BIBLIOGRAFIA 69

RINGRAZIAMENTI 70

PREMESSA

La farina: genere alimentare indispensabile in tutto il mondo. In ogni epoca un bene di prima necessità impiegato dalle famiglie per realizzare il pane o la pasta fatta in casa, specialmente in tempi in cui il potere d’acquisto era decisamente più limitato e le bocche da sfamare non si potevano di certo contare sulle dita di una mano. Ancora oggi, in tempi più moderni e migliori dal punto di vista del benessere, il grano e i suoi derivati rappresentano un bene fondamentale sotto molteplici aspetti, poiché, nonostante i grandi sviluppi tecnologici del settore e i radicali cambiamenti nelle abitudini delle popolazioni, alimenti come pane e pasta costituiscono ancora oggi gran parte dell’alimentazione delle famiglie, a maggior ragione in Italia.

L’importanza della farina, che si è palesata durante i periodi difficili della nostra storia, non si è persa. Certo, non è più strettamente collegata alla sopravvivenza vera e propria della popolazione, bensì ai moderni dati legati allo sviluppo dell’economia. Parlare di crescita, ad oggi, sembrerebbe un’utopia, viste le notizie non proprio incoraggianti che i media ci forniscono quotidianamente. Crisi, spread, tasse e recessione sono spauracchi che minacciano e logorano lo sviluppo economico, di conseguenza anche il mercato agroalimentare e dei derivati del frumento.

Come quindi cercare di non affondare nelle acque profonde, producendo un bene la cui trasformazione non è più riservata esclusivamente a pochi soggetti come tempo fa? Difficile, complicato, ma non impossibile. Esiste davvero una “miscela” in grado di dare all’offerta dei moderni mulini quel quid necessario per non vedere il proprio business crollare sotto i colpi della recessione? Come spesso gli addetti ai lavori predicano, il tessuto industriale italiano è costellato principalmente da piccole e medie imprese, realtà aziendali che, a detta di molti, hanno tenuto a galla il nostro Paese nei tempi più duri. È proprio nelle PMI che risiede la capacità di “nuotare” in queste acque agitate: vi sono ancora delle realtà in grado di distinguersi e reagire ai capricci del mercato. Realtà aziendali in cui spesso sono ancora i valori più nobili e antichi a prevalere: famiglia, lavoro duro, onestà e, soprattutto, tanta, tanta passione. Valori che devono essere assolutamente preservati, anche se costantemente minacciati da un ambiente economico sempre più instabile. Come tenere alta questa cultura aziendale e integrarla in un contesto tecnologico e globalizzato, in cui vige la tirannia delle multinazionali e dei mercati finanziari?

La miscela c’è, ma non si scopre da un giorno all’altro, per caso. Il mix vincente è frutto del lavoro quotidiano, delle competenze, della passione per la propria attività e del legame con la propria terra. Un insieme di ingredienti scelti accuratamente, in grado di aggiungere valore ai propri prodotti, un valore che deve essere percepito come unico dal consumatore. Un marketing innovativo, ma allo stesso tempo semplice, che non chiuda le porte alla tradizione, anzi la preservi e la reinterpreti in chiave più moderna.

La ricetta vincente? Eccola:

▪ mescolare diversificazione ed innovazione

▪ amalgamare qualità e tradizione

▪ aggiungere comunicazione al cliente

Ed il gioco è fatto…

Giuseppe Matrà

A. I. IL SETTORE AGROALIMENTARE NEL MONDO

Tralasciando momentaneamente il caso specifico che verrà trattato nelle prossime pagine, è opportuno analizzare il mercato agroalimentare e, più dettagliatamente, quello del frumento sotto una prospettiva globale.
Il 2011 ha segnato un altro snodo fondamentale in questo settore: la conferma della Cina sul gradino più alto del podio. Una conferma che ha più il sapore di un inizio di una leadership destinata a perdurare nei prossimi anni. Pechino, infatti, ha ulteriormente staccato gli Stati Uniti, che già si erano dovuti accontentare del secondo posto nel 20101. I dati riportano una produzione cinese che, a fine 2011, ha raggiunto i 607 miliardi di dollari, contro i 572 a stelle e strisce. Anche il terzo produttore al mondo ha gli occhi a mandorla: stiamo parlando del Giappone, con 254 miliardi. Interessante è anche l’ascesa dell’India al quarto posto, mentre per incontrare un paese europeo bisogna scendere fino alla sesta piazza occupata dalla Russia. Chiude la top ten l’Italia, preceduta, verrebbe da dire “come sempre”, da Francia, Germania e Regno Unito.
Significative sono le previsioni per il 2015, anno in cui il gap Pechino-Washington è destinato ad aumentare: la Cina supererà i 900 miliardi di dollari, mentre gli Stati Uniti si dovranno “accontentare” di 675. Muoverà la classifica la crescita dell’India, che andrà ad occupare la terza piazza, a discapito del Giappone. Altri paesi in via di sviluppo come il Brasile confermeranno la loro presenza nella top ten, dalla quale, tuttavia, sembra destinata ad uscire l’Italia.
È quindi evidente come il Vecchio Continente faccia fatica a tenere il passo dei colossi del settore: tra il 2011 e il 2015 il settore cinese è destinato a crescere al tasso spaventoso del 10,9 %, più del doppio rispetto agli Stati Uniti (4,9 %) e il triplo di paesi europei come il Regno Unito (3,9 %). Una performance decisamente da leader e molto difficile da realizzare per i paesi della zona Euro.
Analizzando i dati da una prospettiva più vicina al consumatore, è opportuno focalizzare l’attenzione sulla spesa per il cibo di ogni singolo consumatore. In questo contesto la Cina cede lo scettro alla Francia, dove i quasi 5000 dollari pro-capite testimoniano la grande importanza della spesa in generi alimentari nei paesi europei. In Europa troviamo inoltre Regno Unito ( circa 3.600 dollari pro capite ) e Italia (3.000 dollari).
Visti i dati attuali e, soprattutto, le prospettive future, è evidente come il mercato agroalimentare parlerà ancora cinese per i prossimi anni. Ciò è principalmente dovuto agli straordinari tassi di crescita dell’economia di Pechino e alla situazione diametralmente opposta che, invece, caratterizza l’Europa.
A farla da padrone nel panorama mondiale sono le grandi aziende multinazionali, che vedono incrementare i propri utili di anno in anno, a discapito di alcune realtà più limitate, che non reggono l’impatto con un ambiente sempre più globalizzato. I colossi che dominano questo mercato sono: ▪ Nestlé©, gruppo multinazionale svizzero, leader del settore, con un fatturato di 109,7 miliardi di franchi svizzeri nel 2010; ▪ Kraft Foods©, che commercializza prodotti in oltre 170 paesi, raggiungendo un fatturato di 49,2 miliardi di dollari lo scorso anno; ▪ Unilever©, gruppo americano, con un giro d’affari attorno ai 40 miliardi di dollari nel 2010.

Più nel dettaglio, rilevanti e significativi sono i dati relativi alla produzione di frumento nel mondo2. Nel 2010 sono state prodotte nel mondo oltre 650 milioni di tonnellate di frumento, in leggera diminuzione dall’anno precedente quando erano stati superati i 680 milioni. Quasi il 18% della produzione mondiale è apportato dalla Cina (circa 115 milioni di tonnellate), seguita dall’ India (12,3 % con più di 80 milioni di tonnellate) e dagli Stati Uniti (più del 9% con circa 60 milioni). La fetta più grande è costituita dalla produzione nell’Unione Europea, che sfiora il 21% con un volume di circa 136 milioni di tonnellate.
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Persino negli Stati Uniti è scattato l’allarme, in regioni come il Kansas, che contribuiscono nella maniera più consistente alla produzione annuale a stelle e strisce.
Non vi è, tuttavia, solo la siccità a colpire il mercato del frumento: sono sufficienti, infatti, temperature molto basse per qualche settimana per turbare gli equilibri del mercato. Episodio indicativo è stato l’aumento del prezzo del grano nel mese di febbraio 2012, periodo in cui l’Europa è stata colpita da temperature polari, con ingenti danni alle coltivazioni4.
Elemento spiacevole che caratterizza non solo il mercato del grano, è la forte speculazione5. Da quando i fondi di investimento hanno messo gli occhi sui derivati sul grano, si assiste a forti sbalzi del prezzo dovuti al mancato verificarsi di previsioni lontane e azzardate da parte degli analisti. È quindi evidente come i mercati internazionali tengano sotto scacco ogni aspetto dell’economia, da quello prettamente finanziario a quello reale.
Grande nemico dei produttori di grano ed esperto in materia di speculazione è la grande distribuzione, rea di “caricare” eccessivamente i prezzi al dettaglio di tutti i derivati del grano. Si viene quindi a creare un forte squilibrio nella filiera produttiva, nella quale gran parte dei guadagni entrano nelle tasche della GDO, con diversi svantaggi in termini economici per produttori e trasformatori (i mulini). A risentirne, oltre a queste categorie, i consumatori, con conseguenti flessioni dei consumi.

A. II. IL SETTORE AGROALIMENTARE IN ITALIA

Analizzando lo scenario da una prospettiva esclusivamente legata al nostro Paese, emerge che anche l’Italia ha subito l’invasione dei grandi gruppi multinazionali, accompagnata dall’apertura di numerosi stabilimenti in tutto il territorio nazionale. Tuttavia, il mercato non è costituito solamente da queste grandi realtà. Come tutti sanno il Bel Paese gode di una tradizione alimentare e culinaria di tutto rispetto, che la differenzia e la contraddistingue non solo in Europa, ma in tutto il mondo. Il consumatore italiano, come dimostrano i dati già citati in precedenza, ritiene molto importante la spesa in generi alimentari; è una questione di cultura, è quasi inevitabile correlare il nostro Paese alla buona cucina.
Altro aspetto cruciale è dato dalla grande diversità che intercorre tra le diverse regioni, una diversità che si evidenzia nelle innumerevoli tradizioni culinarie, con l’impiego di prodotti unici, la cui produzione è riservata ad alcune aree del territorio. A questa esigenza di prodotti sempre meno standardizzati, di cui si occupano invece le multinazionali, rispondono il cuore del tessuto industriale italiano, le piccole e medie imprese, radicate uniformemente su tutto il territorio nazionale, nelle quali i volumi di produzione sono sicuramente limitati rispetto ai colossi anglosassoni. Queste realtà presentano il grande vantaggio di essere radicate nel territorio, con i conseguenti incentivi in termini di qualità e genuinità delle materie prime e del prodotto finito.
Nel 2011 l’industria alimentare italiana ha fatturato oltre 127 miliardi di euro, in leggero aumento rispetto all’anno precedente. Questo testimonia come l’agroalimentare sia un settore fondamentale per la nostra economia e riesca, sebbene con tassi non eccezionali, ad incrementare i propri risultati di anno in anno.
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La Lombardia (con circa 32 miliardi di euro) e l’Emilia Romagna (27) sono il cuore dell’industria alimentare del nostro Paese; qui, infatti, è concentrato il 46,45% del fatturato italiano6. Sempre al Nord incontriamo Veneto e Piemonte che, rispettivamente con 13,6 e 11,6 miliardi di euro, si collocano al terzo e al quarto posto. Il grafico in fig.3, illustra come il Nord Italia contribuisca per oltre il 70% ai ricavi del settore alimentare. Il restante 30% è diviso tra Italia centrale e meridionale: questo dato, oltre ad indicare e palesare la già nota differenza economico-produttiva che da anni distingue Nord e Mezzogiorno, non è sinonimo di carenza di qualità da parte dei prodotti delle aziende delle regioni meridionali.
Le motivazioni a cui si può ricondurre questo fenomeno sono esclusivamente di carattere culturale, a livello di usi e consuetudini. Nelle regioni centro-settentrionali, quelle dei grandi centri commerciali ed ipermercati per intenderci, gran parte della popolazione acquista generi alimentari presso la GDO, alla quale hanno accesso aziende con determinati budget, dando la possibilità a queste ultime di vendere i propri prodotti in maniera efficiente e incrociare senza alcun problema la domanda. Nel meridione, al contrario, ipermercati e grandi centri commerciali sono meno presenti, lasciando spazio ad attività commerciali più limitate, magari circoscritte ad un determinato rione o quartiere, dove è sì facile ritagliarsi la clientela, ma è altrettanto difficile realizzare volumi di affari consistenti. Basta aggiungere, in seguito, l’arretratezza economica e infrastrutturale che sin dall’unità d’Italia caratterizza il Mezzogiorno ed i conti tornano.
La punta di diamante del settore agroalimentare italiano è costituita dalle esportazioni. Nel 2011 hanno rappresentato circa il 18% dell’intero fatturato, in aumento rispetto al 2010. È su questo aspetto che si sta cercando di far leva per tirar fuori l’Italia dalle sabbie mobili di una crisi che sta colpendo le PMI senza eccezioni. Un dato incoraggiante arriva appunto dall’export, dalle centinaia di prodotti che il settore agroalimentare italiano offre in Europa e nel resto del mondo. Il tanto decantato “Made in Italy”, che affascina e incanta i consumatori di oltreoceano, il mito italiano che copre molteplici settori, dalla moda ai trasporti, dall’alimentare al manifatturiero.
Addentrandosi nel settore agroalimentare italiano, è opportuno analizzare la produzione di frumento sul nostro territorio. Come già riportato nella fig. 2, l’Italia produce circa il 4% del frumento dell’Unione Europea, collocandosi attorno ai 6 milioni di tonnellate. La situazione, tuttavia, non è eccellente come il settore nel suo complesso, e presenta alcuni aspetti critici che frenano la crescita di questa attività. Nell’ultimo decennio e, con particolare intensità nel 2011, il frumento è in tutti i sensi crollato: sono diminuite le aree dedicate alla coltivazione in tutte le regioni italiane, fatta eccezione per la Sardegna7, il clima non è stato di aiuto ai produttori e si è stati costretti ad importare grano (soprattutto duro) per circa la metà del fabbisogno nazionale8. Il risultato? Ripercussioni a livello quantitativo sulla produzione, sui ricavi e in termini di qualità.
Così come a livello mondiale, anche in Italia il mercato del grano è in balia dell’instabilità a livello climatico e dei “capricci” della natura: il grande freddo di febbraio 2012 ha danneggiato non poco le colture e a fine anno i dati parleranno chiaro. Per non parlare del sisma che a cavallo tra maggio e giugno ha colpito l’Emilia Romagna, la prima produttrice di frumento, con danni ingenti, la cui entità giorno dopo giorno sembra essere sempre più rilevante.

A. III. IL SETTORE AGROALIMENTARE A PIACENZA E PROVINCIA

Trovandosi in Emilia Romagna e a pochi chilometri dalla Lombardia, la realtà piacentina non può che essere caratterizzata da una grande importanza del settore agroalimentare. Il settore in discussione ha alla base un aspetto fondamentale: il legame con il territorio e con la tradizione. Numerosi e variegati, infatti, sono i prodotti tipici valorizzati in maniera piuttosto efficace dalle impese locali. Si va dalla grande produzione casearia, con prodotti di eccellenza sia a livello provinciale che nazionale, come Grana Padano® e Parmigiano Reggiano®, alla vastissima gamma di insaccati, tra i quali spicca la celebre Coppa Piacentina, che ha ottenuto il riconoscimento DOP®. Altra punta di diamante e orgoglio del settore agroalimentare di Piacenza e provincia è la produzione vinicola.
La grande crisi ha colpito senza eccezioni anche la provincia del capoluogo emiliano, tuttavia si può affermare che Piacenza abbia retto l’urto in modo ottimale: una disoccupazione contenuta e una recessione, i cui effetti sono stati affievoliti dal grande lavoro degli imprenditori piacentini. Merito in particolare del settore agroalimentare, secondo solo a quello meccanico: circa il 20% del tessuto industriale locale è costituito da imprese agroalimentari di dimensione medio-piccola9.
L’importanza di questo settore nell’economia locale è strettamente collegata alla varietà e diversità del territorio piacentino: innanzitutto, a sud del Po la pianura con le sue coltivazioni estensive (cereali, foraggi) e orticole specializzate (soprattutto il pomodoro, "l'oro rosso"), ma anche con gli allevamenti bovini (latte, quindi formaggio) e suini (carne e derivati, salumi). E infine la collina, che diventa montagna verso sud quando tocca la Liguria, dove l'agricoltura, prima di cedere il passo ai boschi, manifesta nella coltivazione della vite il suo aspetto più rilevante.
Un ruolo fondamentale all’interno dell’economia di questo settore è giocato dal Consorzio Piacenza Alimentare, nato nel 1980 per perseguire un duplice scopo. In primo piano vi è l’intento degli imprenditori piacentini di valorizzare i propri prodotti, puntando principalmente sull’aspetto qualitativo, del legame col territorio e della tradizione che si rinnova di generazione in generazione. A tale intento si accompagna una forte propensione alle esportazioni, per far conoscere la “piacentinità” oltre i confini nazionali. Altro aspetto cruciale è legato alla tutela della produzione: le settantacinque aziende che ad oggi compongono il consorzio operano congiuntamente per “proteggere” e preservare l’esclusività e l’unicità dei prodotti alimentari del territorio. Il Consorzio Piacenza Alimentare funge da trampolino di lancio per quelle piccole e medie imprese che da sole non riuscirebbero a far conoscere la propria attività al di fuori dei confini provinciali, favorendo sinergie tra le diverse realtà, incentivando la partecipazione a manifestazioni fieristiche, le quali, come vedremo, rappresentano un punto cruciale nella value proposition delle aziende moderne, fornendo la possibilità di un contatto diretto con buyers, ristoratori e importatori.
Sempre il Consorzio fornisce dati utili circa l’efficacia della sua attività: i mercati esteri dimostrano sempre più soddisfazione verso il “made in Piacenza”, a testimonianza della grande crescita di cui gode il settore alimentare locale nonostante il periodo non sia dei più floridi. La fetta più consistente delle esportazioni è destinata ai paesi dell’Unione Europea, in primis Francia, Germania e Spagna, ma confortante e degno di nota è il 9% che raggiunge i paesi dell’Est europeo, dimostrando un crescente aumento dell’offerta in mercati sempre più “affamati” di prodotti di qualità10. La restante quota dell’export alimentare piacentino è rivolta all’America Latina e a paesi come Giappone e Australia. Ed è proprio in quest’ultima area che il Consorzio dovrà cercare di concentrare i propri sforzi per favorire la notorietà dei prodotti locali, viste le ottime prospettive di crescita che nel nuovo millennio accompagnano l’economia dell’Asia, continente che sempre più rivolge la propria attenzione ai prodotti made in Italy, in particolare al settore vinicolo. [pic]

Essendo parte della regione che più apporta cereali alla produzione nazionale, Piacenza rappresenta una delle province italiane leader, come testimoniano le sterminate distese di grano che costellano il territorio, specialmente nelle aree più pianeggianti e vicino al capoluogo. Nel 2011 si è realizzata una vendita di cereali pari a circa 62 milioni di euro11, in seguito alla raccolta di quasi un milione di quintali di cereali. A farla da padrone è il frumento tenero, con oltre 700.000 quintali, seguito dall’orzo (più di 110.000) e dal frumento duro (circa 100.000 quintali). Fanalini di coda sono l’avena e la segale che, congiuntamente, non totalizzano 3.000 quintali12.

E’, quindi, evidente come anche l’economia piacentina dia un apporto fondamentale al settore agroalimentare italiano, grazie alla qualità dei propri prodotti e ad un tessuto di piccole e medie imprese in grado di operare efficacemente, perseguendo obiettivi comuni per promuovere la propria offerta. È su questo tipo di realtà che l’Italia dovrà gettare le basi per una ripresa economica che stenta ad arrivare. Realtà che non si caratterizzano per slogan e pubblicità assordanti o per fatturati a nove zeri, ma per valori ancora oggi attuali, come il legame con la propria terra e le tradizioni indelebili.
B. IL CASO CONCRETO: MOLINO DALLAGIOVANNA

All’interno di queste eccellenze a livello locale e in campo nazionale, si colloca di diritto una realtà aziendale della provincia di Piacenza, che proprio nel 2012 celebra i 180 anni di attività. Un’azienda che ha saputo sopravvivere al susseguirsi delle varie vicende storico-politiche, adeguandosi ai cambiamenti del mercato e delle esigenze dei consumatori. Un’attività portata avanti da decenni, di generazione in generazione, con la stessa passione e competenza di sempre.
Prima di addentrarsi nella descrizione dell’esperienza personale di stage, è opportuno fornire alcune informazioni di carattere organizzativo e strutturale di Molino Dallagiovanna.

B. I. Presentazione dell’azienda e cenni storici

Molino Dallagiovanna è un’azienda nata nel 1832, con sede a Gragnano Trebbiense, a pochi chilometri da Piacenza, operante nel settore agroalimentare, più precisamente nella macinazione del grano e nella produzione di farine ad uso alimentare. Più marginale è la realizzazione di farinacei ad uso mangimistico.
Fondata dai fratelli Vittorio, Renzo e Guido Dallagiovanna, l’azienda è ben nota nel panorama imprenditoriale piacentino e si è resa protagonista di una crescita degna di nota nel corso della sua storia, ampliando il proprio giro d’affari in tutta la Penisola e fuori dai confini nazionali. Si iniziò nella prima metà del XIX secolo con l’acquisto di un mulino a pietra, per arrivare nel Secondo Dopoguerra all’installazione di un mulino a cilindri.
Proprio negli anni del boom economico italiano l’azienda visse il suo periodo d’oro, caratterizzato da una forte espansione a livello infrastrutturale, con l’installazione di un secondo e un terzo mulino a cilindri, rispettivamente nel 1960 e nel 1975. Cambiano le macchine, ma l’impegno rimane sempre lo stesso: dai fondatori all’attuale generazione che dirige l’azienda sono cambiate tante cose, i tempi, il benessere, i fattori produttivi, ma un nucleo di valori è rimasto tale. Stiamo parlando della passione per la farina, delle competenze e della tradizione, con la quale Dallagiovanna non intende assolutamente rompere.
Ulteriore step verso un ammodernamento dell’azienda è stato costituito dall’installazione, nel 2001, di un modernissimo Bühler®, impianto molitorio dotato delle migliori tecnologie. Una realtà che coniuga tradizione e innovazione, il tutto per perseguire un unico fine: produrre una farina a standard qualitativi molto elevati.
La sesta generazione che oggi amministra la società è rappresentata dai cugini Sergio, Pierluigi e Andrea Dallagiovanna, la cui missione è quella di portare avanti l’azienda con l’entusiasmo e il fervore delle generazioni precedenti. C’è chi come ostacolo ha avuto i conflitti mondiali o le tensioni sociali; oggi l’ostacolo più grande si chiama crisi economica, tuttavia i tre cugini Dallagiovanna lo stanno affrontando nel modo migliore.
B. II. Assetto istituzionale

La forma giuridica
Quando si parla di forma giuridica, per Molino Dallagiovanna è opportuno sottolineare due caratteristiche fondamentali: ➢ la scelta della società a responsabilità limitata

➢ lo status di impresa familiare

L’azienda piacentina si configura come una società a responsabilità limitata, una società di capitali nella quale per le obbligazioni sociali risponde soltanto il patrimonio sociale13 e le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni, né costituire oggetto di offerta al pubblico.
A differenza delle società per azioni, il cui capitale minimo necessario per la costituzione è centoventimila euro, per questa forma giuridica la soglia minima è costituita da diecimila euro. La recente legislazione ha, inoltre, introdotto la S. r. l. semplificata, riservata agli imprenditori under 35 e per la cui costituzione è sufficiente un capitale sociale di un euro, a cui, tuttavia, il recente decreto per lo sviluppo sembra intenzionato ad aggiungere nuovamente le spese di segreteria.
La disciplina civilistica della S. r. l. ricalca per la maggior parte dei suoi aspetti quella delle S. p. A., ma si caratterizza per una più attiva e diretta partecipazione dei soci alla vita della società. Sono previsti, inoltre, aspetti tipici della disciplina delle società di persone, al fine di tutelare maggiormente il singolo socio e di rendere più elastico lo svolgimento della vita aziendale. E’ quindi evidente come la società a responsabilità limitata si adatti perfettamente alle caratteristiche e alle esigenze di realtà medio-piccole come Molino Dallagiovanna.
Correlato, non casualmente, alla forma giuridica adottata, è lo status di impresa famigliare, a cui i vertici aziendali dimostrano grande attaccamento. Un attaccamento che, come vedremo, si paleserà in molti degli aspetti della strategia di marketing.
Secondo la legislazione civilistica italiana, per impresa familiare s’intende quella in cui collaborano, oltre all’imprenditore, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado14. Introdotto con la riforma del diritto di famiglia nel 1975, questo istituto gode di un profondo successo nel nostro Paese, soprattutto grazie alla possibilità di frazionare il reddito d’impresa con i conseguenti benefici a livello tributario. L’impresa familiare, inoltre, svolge una funzione di tutela del lavoro familiare all’interno dell’impresa, riconoscendo ai lavoratori determinati diritti patrimoniali ed amministrativi, come il diritto al mantenimento, il diritto di partecipazione agli utili e il diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria. Nel caso specifico, i tre soci amministratori di Molino Dallagiovanna sono cugini, mentre all’interno dell’impresa collaborano diversi membri della famiglia, ciascuno dedicato a diverse funzioni aziendali.

Le relazioni istituzionali
L’attività di Dallagiovanna non è isolata e indipendente dal resto dell’ambiente che circonda la realtà piacentina. Anzi, come sostiene la teoria contingente della progettazione organizzativa di T. Burns e G.M. Stalker15, l’azienda, per sopravvivere in contesti dinamici come quello moderno, è tenuta ad aprirsi all’ambiente e al mondo esterno, interagendovi per adattarsi tempestivamente ai cambiamenti. Non a caso, Molino Dallagiovanna ha rapporti con diverse istituzioni:

▪ Confindustria, la principale organizzazione italiana rappresentativa dell’imprenditoria nazionale;

▪ Consorzio Piacenza Alimentare, la cui partecipazione porta notevoli vantaggi a Dallagiovanna, come vedremo nelle prossime pagine;

▪ Consorzio Bio – Piacenza;

▪ Consorzio Bio Valtrebbia , che assieme al Consorzio Bio – Piacenza riveste un ruolo fondamentale nell’ambito dei prodotti da agricoltura biologica.

B. III. Struttura organizzativa

Analizzando la struttura organizzativa di un’azienda si vanno ad indicare i rapporti di dipendenza formale al suo interno, il raggruppamento degli individui in unità organizzative e la progettazione di sistemi che assicurino una comunicazione ed un coordinamento efficace tra le diverse unità. Per comprendere al meglio come è organizzata l’azienda piacentina è utile osservarla seguendo due chiavi di lettura, le dimensioni strutturali e le dimensioni contestuali. Queste variabili, con un’influenza reciproca e ciclica, sono in grado, secondo i precursori della teoria contingente, di modificare le scelte di progettazione organizzativa da parte del management.
La struttura di Molino Dallagiovanna è di tipo funzionale, semplice e più diffusa in realtà aziendali non eccessivamente estese, caratterizzandosi per una complessità strategico-organizzativa abbastanza contenuta. Più nel dettaglio, le unità direttive funzionali sono cinque: commerciale, marketing, amministrazione, produzione e acquisti. In ciascuna di queste unità sono stati messi a capo componenti della famiglia, a sottolineare la grande importanza riposta dal management nel preservare lo status di impresa familiare.
I punti di forza di questa scelta strutturale si possono ricondurre allo sfruttamento di economie di scala all’interno delle unità funzionali, lo sviluppo di conoscenze e capacità approfondite e la possibilità di concentrarsi al meglio sulle quattro linee di prodotto principali. La struttura funzionale, infatti, si adatta perfettamente ad aziende con pochi business.
Aspetto interessante e anomalo per una struttura di questo genere è costituito dai collegamenti orizzontali. Nell’azienda in questione è favorito e gode di grande considerazione il lavoro in gruppo, sotto forma di task force, volto a sfruttare al meglio le competenze di tutti i componenti della famiglia nei diversi campi in cui sono impiegati, al fine di sperimentare soluzioni efficaci ed innovative. Questo tipo di coordinamento è tipico di una struttura orizzontale, tuttavia Dallagiovanna dimostra una grande volontà e capacità di reagire ai cambiamenti dell’ambiente con tempi di risposta più brevi, proprio grazie alla collaborazione tra addetti appartenenti a diverse funzioni.
Oltre alle task force periodiche, è prediletto il contatto diretto, sia tra dirigenti e dipendenti, sia tra impiegati nelle diverse unità funzionali. Durante l’esperienza di stage ho avuto la possibilità di sperimentare personalmente tutto ciò, ritrovandomi a collaborare con svariate figure all’interno della società, dal responsabile marketing, alla contabilità, passando per gli acquisti e gli impianti di produzione.
Figura caratteristica che emerge dall’organigramma di Dallagiovanna è quella dell’agente di vendita. Essi svolgono un’attività commerciale in nome e per conto dell'azienda. Per la loro retribuzione l'azienda adotta una politica provvigionale, retribuendo l'agente in base al fatturato incassato. Gli agenti di commercio del Molino si distinguono tra:

▪ agenti monomandatari, i quali rappresentano l’azienda

▪ agenti plurimandatari, invece, rappresentano contemporaneamente più aziende.

Analizzando la struttura di Dallagiovanna da un punto di vista contestuale, è bene concentrarsi su due aspetti in particolare: la tecnologia e la cultura. La prima è rappresentata da tutti quegli strumenti, tecniche e processi che favoriscono la trasformazione dell’input in output; come auspicabile, la tecnologia è un elemento fondamentale per l’attività dell’azienda, in cui i macchinari per la macinazione del grano e i moderni strumenti del laboratorio si integrano perfettamente con la supervisione e le competenze del personale.
Elemento caratterizzante la realtà in analisi è la rilevanza della cultura aziendale nell’attività quotidiana: vi è, infatti, una serie di valori condivisi da tutti i componenti dell’organismo personale, ideali per remare efficacemente verso il raggiungimento di obiettivi ben prefissati. Certo, in un ambiente familiare non potrebbe essere altrimenti, ma in Dallagiovanna non collaborano solo i familiari. Durante la mia esperienza ho potuto captare valori come il rispetto delle regole e delle opinioni di tutti, anche nelle decisioni aziendali, la collaborazione, il lavoro onesto, l’entusiasmo per la propria attività. Insomma, un ambiente circoscritto, semplice, in cui perfino i magazzinieri sono in contatto con il management, con barriere gerarchiche pressoché inesistenti, ideale per svolgere al meglio il proprio lavoro.

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Molino Dallagiovanna occupa un complesso di ventotto dipendenti, distribuiti tra le diverse funzioni aziendali e caratterizzati da profili professionali e competenze distinte per ogni posizione ricoperta. Trattandosi di un’azienda che si occupa della trasformazione del grano in farina è inevitabile sottolineare l’importanza dei macchinari, i quali, apparentemente, renderebbero superflua la presenza di personale specializzato nello stabilimento. Al contrario, il connubio macchina-addetto risulta molto importante, affinché tutte le fasi della lavorazione siano monitorate e le moderne installazioni funzionino come previsto. Il personale dedicato alla macinazione presenta competenze specifiche e periodicamente aggiornate ed arricchite da corsi di formazione.
Il personale impiegato nel magazzino riveste un ruolo fondamentale sia per quanto riguarda l’input, che per l’output: all’inizio del processo produttivo gli addetti si occupano del trasferimento del grano nei silos, mentre, in uscita, sono la gestione del confezionamento e la predisposizione dei carichi l’oggetto delle mansioni dei magazzinieri.
In laboratorio, punto cruciale del ciclo produttivo e per la realizzazione di determinati standard di farina, collaborano soggetti specializzati in scienze e tecnologie alimentari. Impellente è la necessità di profili ben preparati, visti gli scrupolosi controlli a cui sono sottoposti il grano e le farine, con conseguenti ripercussioni in termini qualitativi.
Nell’ambito amministrativo-direzionale cooperano sia i componenti della famiglia che altri dipendenti: come già affermato nel paragrafo dedicato alla struttura organizzativa, non vi è alcuna separazione gerarchica tra queste due tipologie di personale, anzi è promosso e sostenuto il lavoro di gruppo e il contatto diretto. Ne derivano ingenti vantaggi sia dal punto di vista prettamente operativo, con una maggiore efficienza e tempestività, sia motivazionale, con un forte contributo alla creazione di un contesto cordiale e stimolante.
Altro aspetto molto significativo è dato dal frequente contatto con il cliente: è indispensabile, quindi, che l’intero organismo personale, oltre a specifiche capacità operative, vanti nel proprio curriculum un’ottima predisposizione verso le relazioni interpersonali. Precisione, cordialità e trasparenza sono qualità ritenute essenziali dall’azienda, al fine di instaurare rapporti positivi con i terzi, sia a livello economico che a livello umano.

B. IV. Il processo produttivo

Aspetto fondamentale e che distingue i prodotti di Dallagiovanna è costituito dal processo produttivo, che si articola in diverse fasi compiute quotidianamente con la stessa precisione e scrupolosità: ➢ scelta del grano Uno dei soci, il signor Pierluigi Dallagiovanna, si occupa personalmente dell’acquisto del frumento presso i migliori mercati nazionali. Le sue competenze permettono a Dallagiovanna di fruire sempre dei grani migliori per la produzione di farine di qualità; ➢ analisi chimico-fisiche Una volta giunto presso lo stabilimento, il grano viene sottoposto a numerosi controlli in laboratorio. Gli addetti si occupano di valutarne l’elasticità, la resistenza, la bontà e la forza e la capacità di adattarsi alle diverse miscele; ➢ ricezione e stoccaggio Terminata l’analisi di laboratorio, il frumento viene dislocato in moderni silos, che utilizzano la tecnologia del freddo per evitare il surriscaldamento del grano, il quale subirebbe ingenti danni in termini di qualità; ➢ pulizia Le impurità dei chicchi vengono eliminate grazie all’ausilio di soffioni d’aria e con l’immersione in acqua; ➢ riposo Per permettere all’umidità di penetrare all’interno del chicco e ammorbidirne la mandorla, il grano pulito viene lasciato riposare per intervalli diversi a seconda della tipologia del cereale; ➢ macinazione I chicchi vengono finalmente macinati con macchinari moderni, preservando l’aspetto qualitativo a quello quantitativo; ➢ miscelazione Per ottenere una miscela specifica è necessario impiegare percentuali di diverse farine, seguendo precise ricette e i consigli degli esperti; ➢ imballaggio e logistica Una volta terminata la miscelazione, la farina viene insacchettata e inviata nel magazzino. Prima di essere commercializzata e consumata necessita di un breve periodo di riposo.

Ogni fase del processo produttivo è ritenuta cruciale dagli addetti ai lavori di Dallagiovanna, secondo i quali tutti questi step contribuiscono in maniera rilevante alla realizzazione di miscele di qualità.

B. V. Aspetto patrimoniale

Per completare il quadro di presentazione generale della realtà aziendale presso la quale è stata vissuta l’esperienza di stage è opportuno aprire una piccola parentesi sulla descrizione dell’aspetto patrimoniale. Per patrimonio si intende l’insieme delle condizioni di produzione e di consumo appartenenti all’azienda in un determinato momento. Si tratta quindi di risorse materiali, monetarie, finanziarie, beni mobili e immobili, specificamente impiegati nell’attività produttiva.
Il complesso aziendale di Dallagiovanna ha subito continui mutamenti nel corso della storia e si estende per un area di circa 15000 mq. Dai dati ricavati dallo Stato Patrimoniale del 2011, emerge come oltre il 50% degli asset sia costituito da immobilizzazioni.
Originariamente erano presenti esclusivamente un immobile, dove sono tuttora dislocati tutti i gli impianti e i macchinari produttivi, e una palazzina da un piano, dedicata agli uffici amministrativi e al laboratorio.
Il recente ammodernamento che l’azienda ha deciso di intraprendere ha coinvolto anche il complesso aziendale, al quale è stata aggiunta una nuova palazzina, attraverso cui si accede al magazzino. Oltre al magazzino vi si trova uno spazio adibito al Laboratorio di Arte Bianca, presso il quale si tengono numerosi corsi di cucina.
Negli ultimi anni, più precisamente nel 2009, è stato installato un nuovo silos, impiegato per lo stoccaggio e la conservazione del grano. Congiuntamente è stato modificata l’area presente tra l’immobile principale e gli uffici, ampliata al fine di consentire un accesso più semplice ai mezzi pesanti che quotidianamente giungono al complesso aziendale.
Come gran parte delle imprese che si dedicano alla trasformazione di materie prime, una buona percentuale del patrimonio di Dallagiovanna è rappresentata dalle rimanenze, sia di frumento, sia di prodotti finiti.
Spostando l’attenzione sulle immobilizzazioni immateriali si incontrano i marchi registrati, dei quali Molino Dallagiovanna ha il diritto di utilizzo esclusivo e grazie a cui è possibile individuare alcune tipologie specifiche di prodotto. Gli aspetti relativi al marchio verranno approfonditi nell’apposita sezione, indicandone i vantaggi e le funzioni principali.

C. LA MISCELA VINCENTE

Nell’esperienza di stage presso l’azienda Molino Dallagiovanna, della durata di cinque settimane, ho avuto l’occasione di svolgere mansioni all’interno della funzione marketing, occupandomi in particolare di attività connesse all’analisi dei dati di vendita con l’ausilio di un software gestionale di contabilità analitica.
Nella parte conclusiva della mia permanenza in azienda mi sono occupato della gestione dell’evento fiera, della strategia pubblicitaria adottata per la promozione dei prodotti e di alcune piccole curiosità legate al lancio di nuove varianti di farina nel biennio 2011-2012. Questo mese, oltre che da un punto di vista prettamente didattico e formativo, mi è stato molto utile per comprendere come un’azienda di dimensioni limitate sia stata in grado di ritagliarsi un business di tutto rispetto, sempre in crescita negli ultimi anni nonostante la crisi.
La gentile collaborazione del responsabile marketing della società mi ha permesso di elaborare una serie di punti attorno ai quali, secondo il mio giudizio, dovrebbe strutturarsi la strategia di una piccola o media impresa italiana nel settore agroalimentare per crescere in tempi così difficili. La “miscela vincente” citata nella premessa. ➢ una diversificazione e un costante rinnovamento dell’offerta; ➢ l’enfatizzazione di attributi come la qualità e la tradizione; ➢ un’efficace comunicazione al cliente.
Per preparare questa miscela, tuttavia, è opportuno un controllo attento sui costi. Per completare il quadro, mi sono soffermato sugli stanziamenti dell’azienda riservati alla funzione marketing, analizzando la ripartizione delle attività dedicate alla comunicazione. Il periodo oggetto d’analisi è il triennio 2009-2011, con un accenno al budget dell’anno in corso.

C. I. DIVERSIFICAZIONE E INNOVAZIONE

Diversificare e innovare. Sono questi i primi ingredienti, le parole d’ordine che un’azienda agroalimentare deve prendere come riferimento e Dallagiovanna ne è l’esempio più lampante. Non solo farina generica, adatta a tutti gli usi, lanciata nel mercato senza alcuna componente aggiuntiva di valore, bensì più linee di prodotto, diverse varianti per diversi clienti, attorno a cui sviluppare il proprio business.

C. I. 1. Le quattro linee di prodotto principali: analisi dei dati di vendita

L’analisi dei dati di vendita è stata sviluppata prendendo in considerazione le quattro principali linee di prodotto:

• “Far pane”, la gamma più ampia di farine, sia per tipologia e varietà di miscelazione;

• “Far pizza”, linea di prodotto dedicata al piatto italiano più famoso al mondo;

• “Far pasta”, product range specifico per la realizzazione di diverse tipologie del genere alimentare più consumato dagli italiani:

• “Far dolci”, costituita da numerose miscele speciali per pasticceria.

Si è proceduto ad una segmentazione dei risultati economici di Dallagiovanna per le quattro linee di prodotto precedentemente citate, articolando l’analisi a livello geografico, segmentando a sua volta il fatturato di ogni linea di prodotto per area geografica, più precisamente Nord, Centro e Sud e isole. Essendo una piccola parte del business rivolta oltre i confini nazionali, si è provveduto ad un’operazione analoga relativa agli affari esteri, prendendo in considerazione tre aree: Europa continentale e anglosassone, Europa mediterranea e resto del mondo. I risultati dell’analisi delle vendite, riferita agli anni 2009, 2010 e 2011, sono stati poi raggruppati per fornire informazioni circa la crescita di ogni singolo prodotto e della globalità dell’azienda, individuando motivazioni ed interpretazioni ed azzardando qualche previsione sulle prospettive future.

“Far pane”

“Far pane” è la gamma di prodotti che racchiude più varianti al suo interno e nella quale Dallagiovanna raggiunge i risultati più consistenti sia in termini di volumi, che in termini di fatturato. In Italia il business delle farine per la panificazione dell’azienda piacentina è cresciuto in maniera non indifferente da due anni a questa parte: nel 2009 si registravano ricavi al di sotto degli 8 milioni di euro, mentre nel 2011 si è andati oltre i 10 milioni e mezzo. Il motivo di questa grande crescita? Più di uno: la costante qualità dei prodotti, la sempre più ampia diversificazione, che verrà trattata in seguito, e lo sviluppo di una customer loyalty da parte di numerosi clienti nel corso dei mesi.
Il Nord Italia rappresenta l’area d’affari più redditizia, nella quale si concentrano oltre i 2/3 delle vendite della linea “Far pane”. Più nello specifico, sono l’Emilia Romagna e la Lombardia ad apportare le entrate più consistenti. È il segno di un business maturo, di clienti sempre più soddisfatti dei prodotti e che hanno sviluppato una fedeltà alla marca che permette loro di acquistare i prodotti contando sempre su standard qualitativi piuttosto elevati. All’interno del mercato dell’Italia settentrionale è prevalente la commercializzazione di farine classiche, in quanto la panificazione presenta differenze marginali di regione in regione.
Interessante è il dato riguardante le regioni centro-meridionali, nelle quali nel triennio 2009-2011 si è realizzata una crescita a livelli degni di nota. Nel centro si è passati dalle poche centinaia di migliaia di euro del 2009 ad oltre il milione di euro fatturato lo scorso anno. Stesso discorso vale per il Mezzogiorno, cresciuto anch’esso con risultati importanti conseguiti in Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna.
Le motivazioni di questo grande successo sono probabilmente riconducibili al lancio di nuove varianti di farina che meglio si adattano alle esigenze dell’Italia meridionale. A differenza delle regioni settentrionali, infatti, il Sud Italia presenta una tradizione panificatoria ben diversa da regione in regione, con la produzione di innumerevoli prodotti da panificazione, utilizzando non solo le farine più “classiche”, ma soprattutto varianti specifiche, come la semola o le integrali. Per intenderci, la farina impiegata per realizzare la classica michetta o il soffiato, “tipici” del Nord Italia, è ben diversa da quella utilizzata dai vecchi forni pugliesi per l’impasto del noto pane di Altamura o per il sardo carasau.

Valicando i confini nazionali, è opportuno analizzare i risultati di “Far pane” a livello europeo, poiché i target raggiunti da Dallagiovanna per quanto riguarda questa linea di prodotto sono localizzati esclusivamente nel Vecchio Continente. I ricavi esteri sono sempre in costante aumento dal 2009, grazie alla continua affiliazione di nuovi clienti. Il business si struttura principalmente nel Regno Unito, dove sono presenti alcuni clienti “fedelissimi” (altro caso di customer loyalty) e nella penisola scandinava, Danimarca e Svezia su tutte. Degna di nota è la fornitura di farina all’Istituto di Cultura Italiana a Londra. Dal 2010 è iniziata una buona espansione anche nell’area mitteleuropea. Anche nell’ Europa meridionale Dallagiovanna ha intrapreso un percorso di espansione dei propri affari: positivi sono i rapporti con la Spagna, in regioni come Catalunya, Communitat Valenciana e Paìs Vasco.

Nella Penisola Iberica, tuttavia, si concentra solo una piccola parte dei ricavi, poiché le regioni spagnole sopra menzionate presentano una cultura gastronomica parecchio simile all’Italia meridionale, area geografica che in materia di panificazione non è seconda a nessuno. Si preferisce servire paesi in cui la domanda di farina di qualità è strettamente connessa al Made in Italy, pertanto aree con culture gastronomiche profondamente distinte da quella latina, come testimoniano i grandi successi nell’Europa anglosassone.
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Le farine “Far pane” costituiscono quindi la maggior parte del business del molino piacentino: tuttavia, il peso dei ricavi di questa linea di prodotto sull’intero fatturato delle farine è diminuito dal 2009, segno di una grande volontà da parte dei vertici aziendali di costruire sbocchi di mercato per le altre tre linee di prodotto, le quali, essendo sicuramente più specifiche, necessiteranno di maggior tempo per raggiungere risultati soddisfacenti, sia in termini di ricavi, sia in termini di clientela. Si è passati dall’80% del 2009 al 70% registrato nel 2011: questi dieci punti percentuali sono stati “rosicchiati” dalle altre tre gamme di farina, tra le quali spicca la linea “Far pizza”.

“Far pizza”

La pizza in Italia non rappresenta una semplice pietanza, bensì un simbolo, un orgoglio nazionale, un piatto che distingue il Bel Paese in tutto il mondo. E per fare una buona pizza è sì necessaria la bravura di un vero pizzaiolo, ma anche gli ingredienti giusti, uno su tutti la farina. Ed è qui che Dallagiovanna ha concentrato molti dei suoi sforzi negli ultimi anni: realizzare una farina che rispondesse all’esigenza di creare un impasto il più possibile adatto a recitare un ruolo così importante. Il target a cui viene indirizzato questo tipo di prodotto è sicuramente rappresentato da panifici e pizzerie, oltre a qualche appassionato di cucina sparso in tutto il territorio italiano che ogni tanto vuole improvvisarsi pizzaiolo. Come per il pane, anche la linea far pizza riscuote il maggior successo nelle regioni del Nord Italia. I ricavi 2011 hanno superato 1,2 milioni di euro, registrando una crescita spaventosa dal 2009, anno in cui si aggiravano solo attorno ai 400.000 euro. Questa grande espansione è principalmente dovuta all’ottimo lavoro di Dallagiovanna, capace di rispondere alle esigenze delle migliaia di pizzerie che ormai costellano il territorio dell’Italia settentrionale. Al centro-sud il volume di affari è sicuramente più limitato, ma c’è un dato molto confortante che rende l’idea della qualità dei prodotti offerti dall’azienda piacentina: quasi il 100% dei ricavi dall’Italia meridionale proviene dalla Campania, la patria della pizza. Nei prossimi anni non potremo che attenderci ulteriori sviluppi positivi nel Mezzogiorno, se gli standard qualitativi rimarranno alti.
A livello internazionale, la linea “Far pizza” è sicuramente in ascesa e un ottimo strumento per esportare la qualità made in Italy fuori dai nostri confini. La gamma ha avuto un discreto impatto nell’Europa continentale e anglosassone, in particolare nel Regno Unito e in Svezia. L’Europa mediterranea, così come nel caso della linea “Far pane”, è fonte di entrate più limitate, dovute alla somiglianza della cultura legata al grano tra paesi, ad esempio, come l’Italia e la Spagna. Condizioni climatiche e produzione di frumento simili fanno dell’Europa meridionale un mercato più povero, dove vi è meno domanda di farina di qualità.
La farina per pizza, tuttavia, riscuote un buon successo nell’America Latina, più precisamente in Cile. Qui viene servito un grossista che ormai da anni acquista i prodotti dell’azienda piacentina. Un fattore a cui si può ricondurre questo successo è la presenza cospicua di immigrati italiani in questi paesi, un target che potrebbe costituire una forte domanda di prodotti made in Italy nei prossimi anni.

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“Far pasta”

Analogamente alla pizza, la pasta rappresenta il biglietto da visita che meglio identifica il nostro Paese. E’ quindi fondamentale avere la possibilità e gli strumenti necessari per realizzare questo tipo di prodotto, il quale si distingue in Italia per la grande varietà dei formati e, in particolare, per la qualità. È qui che Dallagiovanna ha cercato di concentrare molti dei suoi sforzi: sperimentare una miscela che fosse adatta il più possibile alla realizzazione delle decine di varianti di pasta che il territorio italiano offre.
La linea di prodotto “Far pasta” presenta tre macrocategorie principali: la TriploZero™, ideale per la pasta fresca, il Granito, perfetto per gnocchi o paste da sugo, e la Semola, per la pasta secca o per completare la miscela con le due varianti precedenti.
Rivolgendosi esclusivamente ad una determinata tipologia di impiego, la linea “Far pasta” presenta una situazione analoga a quella della linea dedicata alla pizza. I risultati conseguiti sono in ascesa costante dal 2009, sfiorando il milione di euro nel 2011.
Il Nord Italia si conferma l’area geografica in cui Dallagiovanna ottiene gran parte dei propri risultati: in questo territorio vengono serviti ristoranti e, in particolare, pastifici. È il chiaro segno che le tre varianti principali della linea “Far pasta” riscuotono un discreto successo tra i vari target e ciò non può che aprire le porte a sviluppi futuri molto interessanti. Centro e Sud Italia sono aree in cui il business dell’azienda piacentina produce meno entrate, tuttavia ciò non si riflette nella performance globale: vi è stata una profonda crescita in queste regioni e nel triennio di riferimento i risultati si sono dimostrati in costante aumento, sia in termini di fatturato, che di clientela acquisita.
Le prospettive future nel Mezzogiorno non possono che essere positive e lo si comprende dalla provenienza della clientela che sceglie “Far pasta”: quasi la totalità dei clienti dell’Italia meridionale, infatti, si trova in Campania e in Puglia, due regioni che in materia di pasta possiedono una tradizione variegata ed invidiabile. Nel contesto internazionale la linea “Far pasta” è ancora in via di sviluppo: i ricavi dall’estero costituiscono una minima parte, ma si dimostrano in costante crescita nel triennio 2009-2011. È quindi evidente come anche i paesi oltre i nostri confini stiano iniziando ad apprezzare i prodotti dell’azienda piacentina, con la possibilità che si inneschi un word of mouth favorevole, in grado di allargare il raggio di conoscenza delle farine in tutto il mondo. L’Europa continentale ed anglosassone si dimostra ancora il fulcro degli affari all’estero: da evidenziare è la fedeltà alla marca nata in Svezia, dove ormai da anni alcuni clienti mostrano la loro customer satisfaction continuando ad acquistare i prodotti di Dallagiovanna.
La Spagna, più precisamente la regione della Catalunya, rappresenta gran parte degli affari nell’Europa meridionale. Barcellona è un importante centro, dove sono presenti gran parte dei clienti. Fondamentale nei rapporti con il paese iberico è l’attività dei grossisti, localizzati a Valencia e nei Paesi Baschi. Lasciando l’Europa è opportuno aggiungere il raddoppio del volume di affari in Cile dal 2009 al 2011, un business che conferma la grande volontà di Dallagiovanna di espandere sempre più i propri orizzonti.
“Far pasta” si dimostra quindi una linea di prodotto ancora in start-up, che ad oggi contribuisce al fatturato delle farine per circa il 6%: le possibilità di espansione sono fuori discussione e, visti i risultati del triennio 2009-2011, è auspicabile una buona crescita nel mercato italiano, dove si sta riscoprendo sempre di più, in un periodo in cui i consumi stanno subendo forti contrazioni, il mito della pasta fatta in casa, la quale viene preferita ai prodotti industriali per essere consumata in occasioni particolari.
A livello internazionale la strada è più in salita, sebbene i risultati parlino di volumi di affari limitati ma in aumento: “far pasta” rientra sì nella categoria Made in Italy, tuttavia all’estero si può constatare che i consumatori prediligono la pasta prodotta negli stabilimenti a quella artigianale. Questa preferenza è dovuta essenzialmente alla maggiore accessibilità dei prodotti industriali, forniti dalla GDO ormai in tutte le catene più famose. La pasta nostrana, tanto desiderata dai nostri compatrioti residenti all’estero, non costituisce più un oggetto misterioso ed introvabile in paesi come il Regno Unito o la Germania.
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“Far dolci”

Come non inserire nella propria offerta una gamma di prodotti specifica per i dolci? La tradizione gastronomica italiana presenta innumerevoli sfaccettature nel campo dolciario: si spazia dai dolci tipici natalizi, a quelli da pasticceria, ai coni da gelato, fino ad arrivare ai classici croissant. La colazione al bar è un must per molti italiani e cappuccino e brioche costituiscono l’ordinazione più ricorrente nelle ore mattutine. Per Dallagiovanna sarebbe stato inaccettabile non sperimentare e realizzare una gamma di farine volte alla realizzazione di dolci, viste le grandi potenzialità di espansione che questo segmento di mercato era ed è tuttora in grado di offrire.
Quasi trenta varianti per dolci caratterizzano l’offerta del mulino piacentino, mostrando l’intento di diversificare il più possibile la propria produzione, per raggiungere i target più esigenti e in cerca di qualità. I clienti più serviti sono senza alcun dubbio le pasticcerie e ciò permette alla linea “Far dolci” di essere seconda solo alla ben più avviata “Far pane” nel contributo al fatturato delle farine. Il business legato ai dolci si sviluppa quasi interamente nel nostro Paese; vengono sì serviti anche i paesi esteri, tuttavia con volumi molto limitati. In Italia sono le regioni settentrionali (Emilia Romagna e Lombardia su tutte) a costituire l’area geografica in cui si concentra la maggior parte dei clienti. Dal 2009 al 2011 i risultati sono incrementati, grazie all’affiliazione di nuovi clienti e ad una costante frequenza di acquisto da parte di quelli già consolidati. Il superamento del milione di euro nel Nord Italia lo scorso anno testimonia una crescita importante, con volumi di affari quasi raddoppiati in tre anni.
Al centro e al sud l’espansione degli affari è stata straordinaria nel triennio oggetto di analisi: i ricavi sono incrementati, permettendo alla linea “Far dolci” di registrare in Italia un fatturato di oltre 2 milioni di euro, contribuendo per oltre il 13% agli affari totali delle farine. Le prospettive di ampliamento del business nazionale sono più che positive: i clienti del Nord Italia sono consapevoli della qualità del prodotto, le loro esigenze sono sempre più prese in considerazione e sono state gettate le basi per una customer loyalty solida e duratura. Nelle regioni centro-meridionali non ci troviamo in una situazione così matura dal punto di vista del volume degli affari, ma è auspicabile un futuro successo dei prodotti, visto il recente ampliamento dell’offerta attraverso la realizzazione di varianti innovative come, ad esempio, quelle strettamente connesse alla tradizione dolciaria napoletana.
Questo tipo di farina presenta da poco tempo miscele specifiche per la realizzazione di prodotti come babà, sfogliatelle e crema pasticcera. Basta aggiungere le varianti per panettone e pandoro per dare all’offerta la possibilità di soddisfare la domanda di clienti provenienti da ogni parte d’Italia.
Per quanto riguarda il resto del mondo, la linea “Far dolci” presenta volumi di affari poco significativi, che si aggirano attorno alle poche migliaia di euro, essendo questa gamma ancora in rodaggio e poco conosciuta nei paesi che importano i prodotti Dallagiovanna. Oltre all’assenza di una vera e propria brand awareness, questo fenomeno è riconducibile inoltre a motivazioni legate alla cultura gastronomica: nei paesi esteri serviti maggiormente dal molino piacentino con le altre linee di prodotto, l’Europa anglosassone e continentale su tutti, sono presenti tradizioni dolciarie completamente differenti rispetto al nostro territorio. Isolando il prodotto croissant, originariamente francese, ma oggi incluso nelle continental breakfast in tutto il mondo, le tipologie di dolci sulle quali è focalizzata l’offerta di Dallagiovanna sono pressochè tipiche della gastronomia nazionale. Il resto delle varianti della farina poco si adatta alla tradizione dolciaria di aree come la Mitteleuropa, in cui sono torte ricche di creme, cioccolato e panna, e dolci, come i celebri waffel e muffin, a recitare la parte del protagonista.
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Quali conclusioni si possono trarre dalla dettagliata analisi delle quattro linee di prodotto? Emerge soprattutto la crescita globale del fatturato delle farine, passando dai circa 11 milioni del 2010 agli oltre 15 milioni dello scorso anno. Tutte le linee di prodotto prese in considerazione hanno registrato un trend positivo, contribuendo allo sviluppo di una brand awareness destinata a consolidarsi nei prossimi anni, specialmente se gli affari fossero in grado di replicare e migliorare i risultati conseguiti nell’ultimo triennio.

C. I. 2. Diversificare

Il ruolo chiave nella crescita dell’azienda piacentina, come già affermato in precedenza, è giocato dalla grande diversificazione attuata da Molino Dallagiovanna. L’attività del molino non è rimasta arenata e non si è limitata alla trasformazione del grano in una farina standard, prodotta non solo da tutti gli altri molini presenti sul territorio provinciale e nazionale, ma anche dalle grandi marche, le quali hanno maggior accesso alla grande distribuzione.
Non era quindi sufficiente presentare sul mercato la “solita” farina: si sarebbe corso il rischio di essere travolti dal vortice originato dalle grandi aziende e dalla grande concorrenza presente nel settore. La maggiore accessibilità, sia in senso prettamente fisico, sia a livello economico, delle farine commercializzate dalla grande distribuzione avrebbe danneggiato terribilmente gli affari di realtà circoscritte come Dallagiovanna.
Le aziende che non hanno avuto la lungimiranza e la capacità di ampliare il proprio range di prodotti si trovano oggi in una situazione completamente differente, in quanto, vista anche la forte crisi, i consumi si sono sensibilmente ridotti. Alla qualità il consumatore medio preferisce un prezzo più basso e i molini di piccole dimensioni devono fare i conti con ricavi sempre più bassi. Considerando, poi, la forte imposizione fiscale e la difficoltà ad ottenere finanziamenti, il quadro non è dei più positivi: pochi investimenti, poca modernizzazione, adeguamento pressochè nullo dell’offerta ai cambiamenti del mercato. Risultato? Sviluppo che tende a zero e rischio concreto di cessata attività.
Molino Dallagiovanna, al contrario, ha concentrato molti dei suoi sforzi per rendere la propria offerta migliore e pronta a sopravvivere in un mercato in continua evoluzione.
Le quattro linee di prodotto principali si articolano in oltre 150 miscele, studiate appositamente per diversificare il prodotto all’interno del mercato. I vertici dell’azienda piacentina hanno agito principalmente su due fronti:

▪ i cinque livelli del prodotto16

▪ la customizzazione17

Dallagiovanna non ha commesso l’errore di concentrarsi esclusivamente sul primo e sul secondo livello del prodotto, rispettivamente il vantaggio essenziale e il prodotto generico. Non ha strutturato la propria value proposition attorno alla “farina come ingrediente per fare il pane”, bensì ha ampliato la concezione dei propri prodotti, focalizzandosi sul terzo livello, quello del prodotto atteso: la farina non è stata vista esclusivamente come un semplice ingrediente per realizzare un qualsiasi tipo di alimento. Il consumatore si aspetta dalla farina precisi standard qualitativi, che vanno dalla semplice colorazione, alle caratteristiche chimico-fisiche, al profumo e alla duttilità di impiego.
Il passo fondamentale, tuttavia, è stato compiuto nel quarto livello, quello del prodotto ampliato. Quattro linee di prodotto, ciascuna delle quali presenta al suo interno diverse varianti. Cosa di meglio per il cliente al momento della decisione d’acquisto?
Questa volontà di soddisfare in modo unico le esigenze dei singoli target assume i tratti del quinto livello, il prodotto potenziale. Il più difficile da raggiungere, ma Dallagiovanna si trova sulla giusta strada. La gamma di prodotti è stata ampliata per rispondere in modo soddisfacente e originale alle richieste del cliente, fornendogli farine e miscele che possono essere impiegate per svariate preparazioni.
Il quinto livello prevede anche una certa sorpresa per il consumatore, obiettivo che sarà raggiungibile in futuro se Dallagiovanna sarà in grado di continuare la sua diversificazione, non rinunciando agli standard qualitativi che lo contraddistinguono.
Strettamente connessa alla diversificazione e all’importanza dei cinque livelli del prodotto è la centralità delle esigenze del cliente e del mercato. Dallagiovanna ha compreso che tutto ruota attorno al cliente consumatore: se le aspettative di quest’ ultimo vengono soddisfatte è più probabile che quest’ultimo scelga nuovamente quel determinato prodotto al momento dell’acquisto.
Oltre quindi ad un ampliamento di gamma, l’azienda piacentina ha arricchito la propria offerta attraverso scelte di line extension e di flankering18. Si è dedicata ad un approfondimento generico delle linee di prodotti, come nel caso della creazione di nuove farine sia per pane che per pasta (line extension) e al soddisfacimento di bisogni specifici eterogenei dei diversi clienti (flankering).
Quando si incontrano questi due concetti è inevitabile toccare l’ambito relativo alla customizzazione: le diverse sfaccettature della farina Dallagiovanna sono create per rispondere alle precise richieste di un cliente, come testimoniano i diversi nomi di aziende con cui sono classificate le varianti. La customizzazione, se realizzata con continuità e mantenendo un certo livello qualitativo, fornisce consistenti vantaggi nelle relazioni con il cliente e aumenta le probabilità dell’instaurazione di una customer loyalty.
A sua volta la fiducia riposta dal consumatore nell’azienda e nei suoi prodotti può portare numerosi incentivi, tra i quali: ▪ accrescimento della frequenza di acquisto; ▪ attivazione di un passaparola favorevole (word of mouth); ▪ cross buying, nel caso in cui il cliente, particolarmente soddisfatto da una determinata linea di prodotto, decida di provarne altre; ▪ riduzione della sensibilità al prezzo da parte del consumatore; ▪ knowledge sharing, con la possibilità per l’impresa di interagire con il cliente, captando il suo feedback e sviluppando nuove proposte e soluzioni19.
La diversificazione e la customizzazione hanno consentito un ampliamento del business, con i conseguenti risultati in termini di fatturato. Sono stati raggiunti clienti in ogni parte d’Italia, con specifici prodotti studiati appositamente per generare nel cliente un grado di soddisfazione molto alto.
Esempi che meglio rappresentano questo successo sono la farina per focaccia genovese, che ha ottenuto discreti risultati sia in Emilia Romagna, sia in Liguria, dove vengono serviti numerosi panifici e focaccerie. Dato molto importante, poiché Dallagiovanna è riuscito a creare delle miscele con standard qualitativi in grado di soddisfare persino il palato fino dei maestri della focaccia. Per non parlare del recente ampliamento della gamma “Far dolci”, con l’introduzione sul mercato di varianti dedicate alla tradizione dolciaria dell’Italia meridionale, come sfogliatelle e babà, che permetteranno in futuro un ulteriore sviluppo, sia nel Mezzogiorno, sia al centro-nord, dove, come tutti sappiamo, è localizzato un numero consistente di pasticcerie partenopee.
Altra variante che ha avuto un successo straordinario è stata quella legata ai dolci tipici natalizi, panettone e pandoro, che hanno permesso di incrementare gli affari in tutta l’Italia settentrionale. Ennesimo segnale di modernità e volontà di stare al passo con i tempi è dato dalla realizzazione di miscele sempre più utilizzate nella cucina moderna, come la farina manitoba.
Essendo il business di Dallagiovanna rivolto principalmente a panifici, pasticcerie, pizzerie e aziende alimentari, la grande distribuzione riveste un ruolo marginale, nonostante il recente accordo con qualche catena di supermercati presente nel piacentino. Questo fenomeno è da attribuire ad una espressa volontà dei vertici aziendali, i quali hanno preferito concentrarsi sul servire quelle determinate categorie che fanno della farina un elemento chiave della loro attività. A questo intento si aggiunge il disaccordo di Dallagiovanna con le politiche di pricing della grande distribuzione organizzata, rea di caricare eccessivamente i prezzi per aumentare i propri margini o di eccedere in promozioni e sconti per i prodotti ad alta frequenza di acquisto come la farina.
Per soddisfare le esigenze dei consumatori finali che hanno la possibilità di acquistare farina solo nei grandi supermercati, Dallagiovanna ha tuttavia inserito nel suo product range una gamma “orizzontale”, che comprende tutte e quattro le categorie principali. E’ il caso di “Far piccolo”, linea di prodotto caratterizzata da confezioni da 0,5 , 1, 5, 10 kg, in grado di rispondere alle richieste del consumatore che necessita quantità di farina limitate per la lavorazione domestica.
Un ulteriore allargamento della gamma dei prodotti confezionati e destinati alla grande distribuzione potrebbe permettere all’azienda notevoli incentivi dal punto di vista dell’immagine della marca, che diverrebbe più nota sul territorio, di un’attivazione di un passaparola favorevole e di un’importante apertura di una nuova fascia di clientela alla quale indirizzare i propri prodotti.
C. I. 3. Innovare

Sentir parlare di innovazione al giorno d’oggi potrebbe sembrare scontato, vista la continua ricorrenza del termine in diversi campi come economia e tecnologia, tuttavia questo aspetto si rivela cruciale per la strategia di marketing di un’impresa agroalimentare come Dallagiovanna. E’ opportuno sì diversificare i propri prodotti, ma è altrettanto utile accompagnare ai distinti product range un processo di modernizzazione, strettamente connesso ai cambiamenti delle esigenze e delle tendenze del mercato. Pane, pizza, dolci e pasta, con le relative sfumature, costituiscono già un buon punto di partenza, una base solida sulla quale impostare le proprie strategie di rinnovamento, ma non è sufficiente per crescere a ritmo costante in questi periodi difficili.
Era necessario un lifting, che aggiungesse alla ben rodata e collaudata offerta qualche elemento nuovo, in grado di enfatizzare il vantaggio competitivo e, perché no, di accrescerlo. Un’operazione di rinnovamento che, tuttavia, avrebbe potuto costituire un’arma a doppio taglio nel caso di Molino Dallagiovanna: da un lato un aumento del volume d’affari, dall’altro il serio rischio di realizzare prodotti con performance inadeguate e aspetti qualitativi sotto la media.
I vertici aziendali si sono impegnati in ricerche di mercato, volte a scovare le nuove esigenze e tendenze della popolazione, per strutturare un’offerta sempre più calzante ed innovativa. Il risultato è stata la creazione di due novità:

▪ Triplozero™, farina specifica per pasta; ▪ “Senza glutine”, linea di prodotto specifica dedicata ai celiaci.

Con TriploZero™ e TriploZeroGold™, Dallagiovanna ha di fatto inventato una nuova categoria di farina, che si distingue dalle altre per alcune qualità uniche, come il colore bianchissimo e la straordinaria capacità di tenere la cottura. Il molino piacentino ha a lungo ricercato una miscela che si adattasse perfettamente alla realizzazione di pasta fresca e questo prodotto innovativo ne è il risultato.
La TriploZero™, destinata espressamente a pastifici, si caratterizza per una lavorazione finissima e per una maggior conservazione del prodotto, garantendo una sfoglia che risalti il colore giallo della pasta all’uovo. Pasta all’uovo che costituisce un genere molto consumato in Italia, specialmente nelle regioni settentrionali, in cui, come abbiamo visto, il business di Dallagiovanna ottiene risultati più che soddisfacenti, che aprono, dopo il lancio di prodotti come la TriploZero™, ad ottime prospettive di crescita.
Ma la vera intuizione e mossa vincente di Dallagiovanna è stata la realizzazione di farine senza glutine, presentate alla fiera Cibus nel maggio 2012 ed in via di commercializzazione. La linea si adatta perfettamente a due caratteristiche tipiche del mercato moderno:

▪ i soggetti che soffrono di celiachia o di altre intolleranze alimentari; ▪ i soggetti che seguono regimi alimentari salutistici o che preferiscono variare la propria dieta.
Secondo dati pubblicati dall'Associazione Italiana Celiachia, in Italia si stima la presenza di circa 380.000 persone celiache (incidenza di 1/150 sulla popolazione italiana), l'85% dei quali (323.000 individui) asintomatici non diagnosticati, mentre solo il 15% dei malati (57.000 pazienti) soffrirebbe di una forma di celiachia sintomatica. Un quadro che testimonia la crescita del fenomeno della celiachia nel nostro Paese. La linea “Senza glutine” si adatta perfettamente alle esigenze dei celiaci e di tutti quei soggetti “nemici” del glutine, reo, secondo le più svariate interpretazioni, di minare la nostra forma fisica. Da qui la crescente tendenza della popolazione di intraprendere, nel modo più o meno corretto, regimi alimentari a basso contenuto di carboidrati, per non rinunciare al piacere di un piatto di pasta o di una pizza.
Sebbene la stessa Associazione Italiana Celiachia denunci l’eccessiva spesa annuale in prodotti senza glutine, circa 35 milioni di euro, decine di aziende alimentari hanno deciso di diversificare i loro prodotti introducendo una linea gluten-free, dalla pasta alla base precotta per pizza. Le stesse pizzerie e ristoranti hanno iniziato ad includere nei propri menu pietanze apposite per i celiaci.
Anche in questo frangente Dallagiovanna si è fatto trovare pronto, concentrando i propri sforzi per realizzare una farina che supportasse questo tipo di attività. Ecco il lancio di tre varianti, una per pasta fresca, una per pasta frolla e una per pane e pizza. Tre categorie che coprono al meglio tutto il mercato e destinate ad avere molto successo sia a livello provinciale che nazionale.
Curiosa e interessante è la vicenda legata al lancio di prodotti che esulano dalla tradizione culinaria italiana. È il caso della farina Kebabread™, presentata nel corso del 2011 presso molteplici fiere, specifica per la realizzazione di panini e pita kebab. Tralasciando i risultati inizialmente discreti e col passare dei mesi in leggera flessione, la vicenda Kebabread rappresenta al meglio lo spirito innovativo di Molino Dallagiovanna, capace di osservare con attenzione le nuove tendenze e sperimentare proposte innovative in grado, per lo meno, di incuriosire il mercato.
La continua e perpetua apertura di fast food sul nostro territorio e l’enorme successo di questo piatto tipico della Turchia nella Penisola hanno incoraggiato il molino piacentino, il quale, non è da escludere, potrà vedere crescere i risultati connessi a questa variante di prodotto nei prossimi anni.
Singolare e relativo anch’esso al mondo arabo è il lancio nel 2012 di una nuova variante di farina, destinata alla realizzazione dell’impasto del chapati-atta, pane tipico del Medio Oriente e dell’India. Essendo il lancio di questo prodotto recente e vista la mancata disponibilità dei dati di vendita, non è possibile giudicarne la performance. È, tuttavia, pronosticabile un trend simile a quello della farina Kebabread, con concrete possibilità di crescita futura. Il target non manca, basti pensare ai ristoranti etnici, alle centinaia di fast food e agli immigrati che ormai da anni si stanno integrando nel nostro Paese.
L’unico ostacolo potrà essere costituito dallo scetticismo che le attività arabe potrebbero nutrire nei confronti dei prodotti italiani, preferendo farine importate dai paesi d’origine, già collaudate e in grado di fornire un prodotto soddisfacente.

C. I. 4. Rispettare l’ambiente: primi segnali di green marketing

Una delle più recenti strategie adottate dalle imprese per promuovere i propri prodotti è quella strettamente connessa a valori verso i quali la società si dimostra sempre più sensibile, come l’ecosostenibilità e il rispetto dell’ambiente. Al giorno d’oggi non è più accettabile per le imprese svolgere la propria attività senza tenere conto delle conseguenze socio-ambientali delle loro azioni, bensì è opportuno esplicitare ed includere nella propria value proposition elementi che mostrino l’intento dell’impresa di dimostrare la propria vocazione sociale, tenendo conto di valori e principi che la società ritiene insindacabili, aspetti che nel nuovo millennio hanno assunto sempre più importanza, vista, nel caso specifico del rispetto dell’ambiente, la salute precaria del nostro pianeta.
All’interno della propria missione e dei propri obiettivi ufficiali, Dallagiovanna ha deciso di includere l’ecosostenibilità, che va ad affiancarsi ad altri principi fondamentali come la qualità e la tradizione. Una forma primordiale di green marketing, tendenza sempre più in voga negli ultimi anni.
Il rispetto di valori come l’ambiente e l’ecosostenibilità si manifesta in Dallagiovanna attraverso l’arricchimento della propria value proposition con una linea di farine provenienti da agricoltura biologica. È evidente quindi come Dallagiovanna abbia captato dal mercato una costante richiesta di prodotti che rispettino l’ambiente durante la propria lavorazione e l’introduzione di “Far bio” è segnale di una profonda volontà da parte del molino piacentino di ascoltare la voce del mercato e di assecondare le richieste di consumatori sempre più eterogenei ed esigenti.
Nel 2011 il consumo domestico di prodotti biologici in Italia è aumentato dell’ 8,9%, nonostante la crisi (dati Ismea/GFK Eurisko). Dallagiovanna ha compreso tempestivamente che la domanda di prodotti biologici poteva costituire una fonte di ottimi risultati e non ha esitato a lanciare una serie di varianti in grado di arricchire la propria offerta, ampliata ancora una volta, con conseguenti vantaggi dal punto di vista non solo economico, ma anche della brand image, sebbene tra i consumatori permanga, tuttavia, un certo scetticismo circa l’effettivo vantaggio in termini di sostenibilità tanto predicato dagli amanti del biologico.

C. II. QUALITA’ E TRADIZIONE

L’ampliamento e il rinnovamento della gamma dei prodotti costituisce un ingrediente fondamentale per la miscela vincente in grado di far compiere il salto di qualità all’offerta di un’impresa agroalimentare, ma non è sufficiente. È necessario accompagnare a questo spirito innovativo ed espansionistico una serie di fattori in grado di conferire ulteriore valore all’output, senza alterare l’immagine dell’azienda e i primi due livelli di prodotto, cioè il vantaggio essenziale e il prodotto generico. Diversificando e rinnovando costantemente il product range si corre, infatti, il rischio di stravolgere quello che è il nucleo originario dell’azienda, la sua ragion d’essere.
Nel caso di Dallagiovanna, i vertici aziendali avrebbero potuto farsi ingolosire da mire espansionistiche a livello nazionale ed internazionale, compiendo investimenti ingenti ma azzardati e preferendo la quantità alla qualità. Ciò avrebbe sicuramente portato ad un allargamento degli orizzonti, ma l’azienda avrebbe corso il rischio di pagare questo sviluppo in termini di legami con il territorio e autenticità dei prodotti.
Non è stato così, anzi. La grande bravura del molino piacentino si è tradotta sì in un ampliamento progressivo del proprio business, mettendo al primo posto, tuttavia, l’attaccamento alla propria terra, la genuinità rappresentata da un’impresa famigliare e la costanza nel realizzare farina ad alti standard qualitativi. I primi due livelli di prodotto, che rappresentano la farina nella sua semplicità, non sono stati stravolti e, come già discusso in precedenza, sono stati affiancati dagli altri step, i quali hanno arricchito e valorizzato la proposta dell’azienda piacentina. Tradizione e qualità sono più di normali caratteristiche: esprimono valori veri, autentici, che solo in una famiglia si possono realizzare. Valori percepibili attraverso diversi aspetti, dal marchio, alla realizzazione di determinati progetti, fino ad arrivare al prodotto finale.

C. II. 1. Il marchio

Da ormai oltre mezzo secolo i prodotti delle imprese sono strettamente connessi ai concetti di marca e marchio. È quindi opportuno, innanzitutto, definire questi due aspetti sottolineandone le differenze.
La marca, il brand, come si usa definirlo in un contesto moderno e globalizzato come quello in cui viviamo, è la combinazione di un nome o di un termine, di un design e di un simbolo che mira ad identificare i beni o i servizi forniti da un’impresa e a differenziarli da quelli dei concorrenti.
Il marchio, oppure mark, costituisce, invece, la rappresentazione del nome o del simbolo di un prodotto, utilizzato per informare il pubblico della sua esistenza e per renderlo riconoscibile.
Pur presentando questa differenza, i due concetti vanno a braccetto, rivestendo molteplici funzioni all’interno del mercato: ▪ una funzione segnica, che permette di separare i vari prodotti, dando la possibilità al consumatore di identificarli e di distinguerli l’uno dall’altro; ▪ una funzione semantica, attraverso il conferimento di un preciso significato all’acquisto e al consumo del prodotto rappresentato, agendo sulla componente emotiva del consumatore; ▪ una funzione pragmatica, sperimentata agli inizi del nuovo millennio. Marca è sinonimo di garanzia, dal punto di vista dell’equità nello scambio, della soddisfazione delle aspettative del cliente e della qualità dei prodotti.
Innumerevoli sono i vantaggi portati dal branding, sia per il consumatore, sia per l’impresa che lo adotta. Quest’ultima può sperimentare incentivi in termini di: ▪ identificazione, poiché la marca identifica il prodotto dal punto di vista delle sue principali caratterisitche; ▪ appropriazione, in quanto la marcatura determina il possesso di una determinata linea di prodotto da parte dell’impresa; ▪ autenticazione, favorendo la diffusione di un’immagine di prodotto unico e inimitabile; ▪ comunicazione, trasmettendo valori e significati intrinseci.
Anche il consumatore gode di benefici legati alla marca, specialmente per quanto riguarda: ▪ orientamento, in quanto indirizzato nel processo d’acquisto al momento della scelta tra le varie alternative; ▪ garanzia, poiché i prodotti marchiati suggeriscono un’immagine di qualità costante nello spazio e nel tempo; ▪ praticità, la marcatura, infatti, permette di memorizzare facilmente il risultato dei precedenti processi decisionali.
Sarà riuscito Dallagiovanna ad incarnare, o per lo meno, prendere in considerazione tutte queste caratteristiche? Non sarebbe opportuno fornire immediatamente una risposta, bensì analizzare la marca Dallagiovanna in tutte le sue sfaccettature.
La funzione segnica costituisce probabilmente l’obiettivo più semplice da raggiungere, ovvero quello di distinguere la propria farina da quella dei competitor. L’aspetto semantico e pragmatico, al contrario, si rivelano più complicati da realizzare, ma Dallagiovanna è riuscito a coniugare entrambi i fattori in modo efficace e assolutamente naturale.
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Sottoposto ad un restyling nel 2009, il marchio Molino Dallagiovanna® esprime al suo interno diversi significati intrinseci, che ho cercato di captare nel corso della mia esperienza in azienda: ➢ la figura del classico mulino a vento, che lontanamente ricorda quelli descritti da Cervantes nel suo “Don Quijote”, rappresenta la volontà dell’azienda di raffigurare prima di tutto la sua attività caratteristica. Presente sia prima che dopo il restyling, con leggere modifiche, il mulino è simbolo di storia, di continuità con il passato, un filo che resiste ancora oggi, nonostante l’ausilio delle moderne tecnologie produttive;

➢ recitano un ruolo altrettanto simile le spighe di grano che “abbracciano” il disegno: una semplice spiga come punto di partenza per la realizzazione di una farina unica;

➢ aggiunto di recente è lo slogan “Far farina dal 1832”. Una frase breve, ma dai contenuti importanti e significativi. Innanzitutto la scelta del verbo “fare”, che indica l’impegno, la dedizione e la precisione che caratterizzano l’attività di Dallagiovanna. Si sarebbe potuto omettere questo termine, ma la sua funzione è proprio quella di esternare la grande passione per la farina, la quale non viene espressa come semplice trasformazione del grano grazie alle macchine, bensì come un bene di consumo che ancora oggi deve essere “fatto” seguendo specifici procedimenti, applicando determinate competenze ed aggiungendo un pizzico di esperienza. Lo slogan è completato dalla data di fondazione dell’azienda, attraverso la quale si è voluta indicare la continuità dell’attività, la forte tradizione e le radici storiche di Dallagiovanna;

➢ apparentemente marginale a livello di potenzialità riconoscitiva è il Tricolore italiano posto nella parte inferiore del marchio. Verrebbe da chiedersi per quale motivo sia stato aggiunto e la risposta è semplice, il “Made in Italy”. Il business di Dallagiovanna all’estero aveva bisogno di un simbolo in grado di distinguere ed esaltare l’italianità. Cosa di più semplice della nostra bandiera per valorizzare il prodotto? La farina è interamente prodotta in Italia, fattore che aggiunge fascino, appeal e soprattutto qualità al momento della commercializzazione oltre i confini nazionali.

Il marchio Molino Dallagiovanna® è riuscito a rivestire un ruolo chiave nell’incremento del volume di affari dell’azienda piacentina, non limitandosi ad identificare i prodotti ed esprimere determinati significati, bensì fungendo da garanzia per il consumatore. Ecco la funzione pragmatica: i clienti hanno la consapevolezza di contare su un prodotto genuino, versatile e di assoluta qualità, ed è per questo che il loro comportamento di acquisto si conclude sempre più spesso con la scelta delle farine del mulino piacentino. Attraverso la marcatura, si è sviluppata così un’importante fiducia e fedeltà da parte dei consumatori, con i conseguenti vantaggi in termini di knowledge sharing, cross buying, accrescimento della frequenza di acquisto e attivazione di un passaparola favorevole.
Inoltre, si è proceduto alla registrazione di altri marchi che indicano specificamente una variante di farina appartenente ad una delle quattro linee di prodotto principali. E’ il caso di TriploZero®, la TriploZeroGold® e Kebabread®.
La registrazione del marchio consente il diritto di esclusiva all’azienda piacentina e ne vieta ad altre imprese l’utilizzo, con la concreta possibilità di salvaguardare i ricavi connessi a queste miscele e di poter raggiungere risultati importanti in termini di immagine e visibilità negli anni futuri. I vertici aziendali, tuttavia, non hanno nascosto le difficoltà incontrate al momento della registrazione di questi marchi, rei, secondo l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, di non presentare il requisito fondamentale dell’originalità. La controversia si è conclusa positivamente, con l’abbinamento di simboli particolari a ciascun marchio, premiando la costanza di Dallagiovanna, che aveva sostenuto la sua tesi puntando sull’unicità e qualità delle miscele.

C. II. 2. Il legame con il territorio

Correlato alla tradizione e sinonimo anch’esso di qualità è il legame del mulino con il territorio piacentino. L’attività di Dallagiovanna, infatti, non si sviluppa in un contesto completamente estraneo, ma ha mantenuto una concezione autoctona, profondamente integrata nell’area della provincia di Piacenza. Basta aggiungere la grande importanza attribuita a valori come la famiglia e la collaborazione reciproca per sottolineare come un’azienda in espansione come Dallagiovanna non abbia perso, ma abbia, al contrario, preservato e coltivato, quella patina di semplicità e genuinità che la caratterizza ancora oggi.
Ne deriva un’immagine molto apprezzata dell’azienda, specialmente sul territorio locale, dove cresce sempre più il numero di clienti che ne gradisce la farina e la capacità di presentarsi al consumatore fornendo standard qualitativi elevati. È qui che il legame col territorio gioca un ruolo fondamentale, rispondendo alla sempre più crescente tendenza dei consumatori ad acquistare prodotti provenienti dalla propria terra, preferendoli a quelli distribuiti dalla GDO. Un atteggiamento che si potrebbe definire “romantico”, nel senso letterario del termine: i prodotti della propria terra sono visti dai consumatori come più sani, affidabili, con qualità nutrizionali migliori rispetto a quelli industriali, ideali per i bambini e per realizzare piatti tipici fatti in casa.
A queste valutazioni prettamente gustative, si aggiunge un’importante accorciamento della filiera produttiva, come testimoniano i prodotti “Km 0”, ormai sempre più in voga tra i consumi. Quando si dice “dal produttore al consumatore”, si garantisce un prodotto più fresco, che limita il proprio impatto ambientale, promuove il patrimonio agroalimentare locale e dal prezzo più accessibile.
Il molino piacentino ha cercato di puntellare la propria offerta, intraprendendo alcuni progetti e collaborazioni con lo scopo di esaltare la straordinarietà del territorio piacentino, mettendone in evidenza la grande ricchezza dal punto di vista enogastronomico.
Dall’inizio del 2012 è stato avviato “Pane Piacentino”, progetto realizzato in collaborazione con altre istituzioni del territorio locale come Coldiretti e Confindustria, con l’intento di riportare sulle tavole un pane totalmente piacentino, realizzato seguendo il procedimento tradizionale di decine di anni fa. Dietro questa attività si cela la volontà di Dallagiovanna e dell’imprenditoria agroalimentare di far riscoprire al consumatore locale i sapori e le peculiarità del territorio in cui risiedono, andate un po’ perse in un periodo caratterizzato da una vita dal ritmo sempre più frenetico e sempre meno dedicata ai piaceri della buona tavola.
Restando nell’ambito piacentino, progetto simile è costituito da Piac(eccell)enza, una serie di appuntamenti organizzati per promuovere la ricchezza gastronomica di Piacenza e provincia. Occasioni come questa sono palcoscenici importanti sui quali un’azienda agroalimentare desiderosa di crescere dovrebbe fare leva per far conoscere i propri prodotti e valorizzare il proprio territorio. Dallagiovanna ne è l’esempio più lampante, non disdegnando mai la partecipazione a progetti a livello provinciale, sfruttando al meglio l’opportunità di ampliare la conoscenza delle proprie farine. Farine che si sposano perfettamente con il resto della tradizione culinaria piacentina, in cui la parte del protagonista è recitata dai primi piatti, dagli insaccati e dal vino. Un’occasione per espandere il proprio business e migliorare le prospettive future, anche in vista di manifestazioni importanti di visibilità mondiale come l’Expo 2015 a Milano.
Fondamentale ed emblema del forte legame col territorio è la partecipazione al Consorzio Piacenza Alimentare, formato da tutte quelle realtà imprenditoriali desiderose di mostrare i propri prodotti al di fuori dei confini nazionali, promuovendo la qualità e l’unicità non solo del Made in Italy, ma soprattutto del Made in Piacenza. Dallagiovanna ha dimostrato, anche in questo caso, grande lungimiranza ed equilibrio tra tradizione e innovazione, coniugando aspetti come l’attaccamento e la valorizzazione del territorio ad una vocazione internazionale sempre più in affermazione. Il grano, infatti, viene acquistato anche nell’Unione Europea, negli Stati Uniti e in Canada, tuttavia la maggior parte proviene ancora dal territorio piacentino.

C. II. 3. Il packaging

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Quando ci si sofferma sull’analisi delle caratteristiche del prodotto, è opportuno aprire una piccola parentesi sul packaging, che al giorno d’oggi non è più considerato esclusivamente una semplice componente del prodotto, ma una vera e propria leva del marketing mix. Le farine, molto probabilmente, costituiscono, insieme ad altri generi come acqua e zucchero, gli alimenti per i quali la confezione di vendita riveste un ruolo decisamente più marginale nella decisione di acquisto del consumatore.
Il packaging, nel marketing moderno, assume grande importanza nel supportare il lancio e la vendita dei prodotti. Un’impresa, pertanto, al momento della progettazione della confezione di vendita, è tenuta a considerare le varie funzioni20 che essa svolge: ▪ proteggere il prodotto nel corso dei suoi trasferimenti dai vari rischi, a partire da un potenziale danneggiamento, dalle alterazioni che può subire a causa dei cambiamenti di umidità e clima, per arrivare ai rischi biologici, con modificazioni dovute all’azione di microrganismi dannosi; ▪ conservare l’integrità, la freschezza e l’igiene del contenuto; ▪ identificare il prodotto; ▪ differenziarsi rispetto alla concorrenza; ▪ comunicare, sia le caratteristiche tipiche del prodotto e i suggerimenti per l’uso, sia significati che vanno a colpire la sfera percettiva ed emotiva del consumatore.
Molino Dallagiovanna ha cercato di ponderare tutte queste funzioni, riuscendovi, sebbene non sia stato raggiunto lo stesso livello di innovazione che caratterizza il prodotto in sé. L’azienda piacentina ha scelto di adottare un packaging semplice, il classico sacco di carta bianco per farine. Una scelta che, a mio giudizio, non è sinonimo di arretratezza, bensì si ricollega alla tradizione e semplicità espresse dal marchio, centrale e ben visibile. Assieme al restyling del marchio, anche la confezione è stata resa più accattivante, con diversi colori che distinguono le differenti tipologie di prodotto.
La confezione riesce a racchiudere le funzioni principali ed elementari come la conservazione e l’identificazione del prodotto, ma lo step più difficile è sicuramente quello della comunicazione. Dallagiovanna è riuscito sì a comunicare quegli aspetti più strettamente legati al prodotto, ai suoi caratteri tipici e alle modalità di conservazione, tralasciando, al contrario, tutta quella serie di significati più emotivi che catturano il consumatore. La motivazione è riconducibile alla limitata necessità di colpire il consumatore finale, visto il poco spazio dedicato alla grande distribuzione.
Come già trattato nelle pagine precedenti, il lancio di formati più piccoli rispetto a quelli di 25 kg ha costituito una ventata di novità. La linea “Far piccolo” è infatti maggiormente indicata per il consumatore finale e più accessibile in alcune catene della GDO, con confezioni da 0,5, 1 e 10 kg.

C. II. 4. Punti di forza e qualità

Terminata questa breve digressione sul packaging, a mio giudizio utile per arricchire e completare il discorso legato alle politiche di prodotto, si giunge ad un punto cruciale per il marketing agroalimentare e, nel caso specifico, per Dallagiovanna: quello della qualità. E’ vero, il mercato parla chiaro: i tempi di crisi impongono ai consumatori un’austerity che colpisce anche il consumo di generi alimentari. Non diminuisce, tuttavia, la quantità consumata, bensì lo standard qualitativo dei prodotti scelti dagli italiani. Ovviamente questo fenomeno non caratterizza la totalità dei consumatori, ma è molto visibile ai nostri occhi la sempre più diffusa tendenza a ricorrere a prodotti dal prezzo più vantaggioso, con naturale perdita di qualità. Il mondo della grande distribuzione, infatti, ha subito l’invasione di catene di discount provenienti da ogni parte d’Europa, la cui offerta era rivolta inizialmente a famiglie con reddito e potere d’acquisto limitato. Negli ultimi anni i discount rispondono alle esigenze di tutte le fasce della popolazione, avendo intrapreso di recente la distribuzione anche di alcuni prodotti di marca, ad un prezzo più accessibile rispetto alle altre catene della GDO.
Dallagiovanna ha preferito porsi in controtendenza, offrendo prodotti che presentano come caratterisitca principale proprio la qualità, aspetto che viene preso in considerazione in modo ricorrente, partendo dalla scelta del grano, dalla sua lavorazione, passando per le campagne pubblicitarie e le manifestazioni fieristiche. Personalmente ho avuto la possibilità di accertare tutto ciò, spaziando tra i vari ambienti dell’azienda. Una qualità che permea, infatti, molte fasi della supply chain, una serie di punti di forza che rendono la farina Dallagiovanna unica e speciale: ➢ la qualità vista come dovere, come obiettivo primario da raggiungere concentrandovi sforzi, investimenti e passione. Il motto che sintetizza al meglio questo intento è “bassa resa per alta qualità”. Non si privilegia quindi l’aspetto quantitativo, legato alla farina che si è in grado di produrre, bensì quello qualitativo, volto a garantire la produzione di un output di un certo livello;

➢ il processo produttivo, in cui ogni fase della lavorazione del grano assume un’importanza fondamentale per la riuscita del prodotto. Grazie alle competenze e all’esperienza di chi lavora in Dallagiovanna, vengono scelti i grani migliori, all’apice della propria maturazione. Grani che spesso vengono acquistati oltreoceano in Canada e Stati Uniti, proprio per garantire un preciso standard qualitativo per determinate miscele, che sarebbe irraggiungibile con l’impiego del solo grano italiano. Altro step fondamentale è costituito dal laboratorio, dove vengono controllati i chicchi, estrapolandone tutte le proprietà chimico-nutritive. Dallagiovanna, infatti, ha stabilito un determinato range di valori entro il quali le proprietà del grano devono stabilizzarsi per essere impiegate nella produzione;

➢ il mantenimento di procedure ormai dimenticate dalla maggior parte delle aziende che esercitano un’attività molitoria. Come i piccoli produttori artigianali, il grano viene bagnato e asciugato, rendendolo più morbido e più facile da macinare. Al contrario, le altre aziende, spinte da esigenze di risparmio sui costi, prediligono la pulitura a secco. Questa competenza distintiva di Dallagiovanna contribuisce a creare un vantaggio competitivo non indifferente, colto principalmente dagli esperti del settore;

➢ la costanza, che si traduce in diversi aspetti. La costanza nella produzione di farine di qualità, senza lasciarsi tentare da strategie di leadership di costo, gli investimenti in macchinari ed attrezzature ben ponderati e mirati, per garantire una lavorazione sempre più adatta a garantire genuinità, e la continua formazione ed aggiornamento degli operatori.

Il vero valore aggiunto dell’attività di Dallagiovanna, oltre alla grande attenzione rivolta al processo produttivo, sta in un passaggio fondamentale e molto innovativo per accertare e, allo stesso tempo, far conoscere la qualità delle farine. L’azienda piacentina si avvale, infatti, della collaborazione di alcune figure illustri del panorama culinario italiano per testare i propri prodotti e sperimentarne di nuovi. Un’occasione d’oro per verificare sul campo le capacità delle farine, creare nuove miscele e migliorare quelle già esistenti. Maestri pasticceri ed esperti panificatori svolgono una duplice funzione: da un lato supportano la realizzazione delle farine, apportando le proprie competenze e i preziosi consigli, dall’altro fungono da tramite tra l’impresa e il mercato. Dallagiovanna ha rivendicato con orgoglio e pubblicizzato queste partnership, fornendo ai destinatari della propria offerta un motivo in più per acquistare i prodotti dell’azienda piacentina, in quanto la loro qualità è già stata sperimentata e approvata dagli esperti del settore. Di nuovo la funzione pragmatica del marchio: trasmettere al cliente un’idea di garanzia e lealtà nello scambio, distinguendosi per qualità e versatilità dei prodotti.
Seguendo la scia della collaborazione con le figure di cui sopra, Dallagiovanna ha intrapreso negli scorsi anni una serie di attività volte a siglillare diverse partnership con istituzioni e associazioni nel campo agroalimentare. Questo tipo di cooperazioni dà la possibilità al mulino piacentino di mettere in evidenza e certificare la qualità dei prodotti, tant’è che in ogni confezione di farina sono rappresentati con orgoglio numerosi bollini che attestano la collaborazione con importanti scuole di cucina e organizzazioni del settore alimentare. Ciò non enfatizza esclusivamente la qualità, ma permette di aggiungere valore globale a tutta l’offerta di Dallagiovanna.
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Qualità, marchio e legame col territorio: sono questi i tre aspetti attorno ai quali Dallagiovanna ha cercato di strutturare le proprie strategie e politiche di prodotto, con l’obiettivo di creare una brand image favorevole all’interno del suo mercato di riferimento. Fondamentale per il raggiungimento di determinati risultati a livello economico e di customer loyalty è stata la scelta di posizionamento dei prodotti. Il posizionamento costituisce uno step molto importante nei processi di marketing delle imprese e consiste nella collocazione della value proposition all’interno di un preciso spazio percettivo dell’acquirente, rispetto alle alternative offerte dalla concorrenza.
È qui che nasce l’identità di fondo della value proposition, identità che si articola nella scelta delle caratteristiche idiosincratiche21, di sei tipi:

▪ attributi, quando si stimola l’attenzione del cliente su particolari caratteristiche della propria offerta;

▪ vantaggi e benefici, indirizzando l’attenzione sugli incentivi che si ottengono utilizzando quel determinato prodotto;

▪ applicazione, sottolineando l’attitudine del prodotto ad essere impiegato in particolari circostanze;

▪ categorie di utilizzatori;

▪ categorie di prodotti, posizionando l’offerta all’interno di una specifica fascia di prodotto;

▪ livelli di qualità/prezzo, enfatizzando l’accessibilità e la convenienza dei prodotti.

Per quanto riguarda la scelta delle caratteristiche attorno alle quali costruire l’identità dell’offerta, Dallagiovanna si è concentrata su tre aspetti, ovvero attributi, vantaggi e applicazione.
Il molino piacentino ha preferito dirigere l’attenzione del cliente sui benefici dei propri prodotti, accentrando, come visto in precedenza, aspetti come la qualità e la versatilità delle farine. Posizionamento replicato anche per le diverse varianti delle linee di prodotto, delle quali si tende sempre a sottolineare anche gli attributi, come nel caso della Triplozero®, che si distingue per la colorazione unica. Il posizionamento per applicazione, invece, sottolinea ed enfatizza la validità del prodotto per un utlizzo specifico: le farine Dallagiovanna incarnano al meglio questo aspetto, vista la presenza di miscele destinate a determinati impieghi e precise lavorazioni.
Si può quindi affermare che Dallagiovanna ha compreso nella propria strategia di marketing due dei tre ingredienti fondamentali, più strettamente collegati alla prima “p” delle quattro leve del marketing mix22, ovvero il prodotto. La diversificazione, l’innovazione, la tradizione e la qualità, tuttavia, devono essere accompagnate da una terza variabile, al fine di permettere una valorizzazione uniforme di tutti questi aspetti e conferire alla value proposition un’ immagine unica e in grado di attirare l’attenzione del mercato. È qui che interviene un’altra “p”, quella della promozione. Le caratteristiche gustative e intangibili della farina Dallagiovanna presentavano la necessità di essere supportate da una strategia di promozione adeguata, che risaltasse le due componenti della “miscela vincente” e fosse in grado di accompagnarle nel mercato con risultati soddisfacenti.

C. III. COMUNICAZIONE AL CLIENTE

Come pensare di lanciare una serie di prodotti senza alcuna strategia in grado di diffonderne la conoscenza e la notorietà presso determinate fasce di clientela? Sarebbe stato come non enfatizzare tutte quelle fasi della filiera produttiva, dalla scelta di grani di qualità alla realizzazione di miscele speciali, che rendono un’azienda come Dallagiovanna un’eccellenza nazionale. Era doveroso programmare delle operazioni e delle attività, al fine di comunicare questa eccellenza al cliente destinatario dell’offerta.
Negli ultimi anni, l’avvento di sempre più nuove tecnologie, l’incremento della pressione concorrenziale, i continui stravolgimenti del mercato e l’evoluzione dei processi di acquisto del consumatore hanno costretto numerose realtà aziendali a modificare le proprie politiche di comunicazione, cercando di adattarle il più possibile ad un contesto dinamico come quello attuale. Operazione non facile e per nulla immediata, che richiede costanti investimenti, lungimiranza, competenze e capacità di saper cogliere al volo le occasioni.
Nell’agroalimentare, la promozione della propria offerta è fondamentale, vista la spietata concorrenza, e le aziende devono saper esprimere al meglio le potenzialità dei prodotti che intendono commercializzare. Nel nuovo millennio, tuttavia, è finita l’era del semplice spot televisivo o radiofonico e del classico cartellone; la strategia di promozione e comunicazione contempla ancora queste modalità, integrandole con fenomeni che nel mondo moderno sono sempre più noti e in voga. Stiamo parlando degli eventi aziendali, uno su tutti le manifestazioni fieristiche, trampolino dal valore indiscusso soprattutto per le aziende del settore agroalimentare, alle quali sono strettamente collegate forme di marketing esperienziale, che stimolano il coinvolgimento in prima persona dell’utente.
Queste due modalità innovative sono saldamente ancorate alla più classica delle forme di comunicazione: la pubblicità, la quale, se efficace, si dimostra ancora in grado di attirare clienti come nessun altro.
C. III. 1. Una base solida: le campagne pubblicitarie

Nella comunicazione di marketing moderna, la pubblicità costituisce ancora oggi l’elemento simbolo all’interno di tutte quelle forme che caratterizzano quella che va sotto il nome di Imc, Integrated Marketing Communication. Affermatasi negli Stati Uniti nei primi anni Novanta, essa consiste in un’integrazione a trecentosessanta gradi di attività e forme di comunicazione coerenti e ben coordinate tra loro, al fine di raggiungere determinati obiettivi. Questo processo porta numerosi vantaggi alle imprese che decidono di adottarlo, in particolare per quanto riguarda l’unicità e l’esclusività dei valori della marca trasmessi attraverso l’Imc e i benefici in termini economici, legati allo sfruttamento di sinergie.
È opportuno, tuttavia, ricordare alcuni ostacoli e svantaggi che la moderna comunicazione di marketing può presentare per le realtà imprenditoriali: dal punto di vista organizzativo-strutturale, l’Imc richiede una complessa articolazione dell’organizzazione aziendale, la presenza di figure professionali diverse con specifiche competenze e un budget abbastanza corposo.
Accostare il tema dell’ Integrated Marketing Communication ad una realtà non tanto estesa come Molino Dallagiovanna sembrerebbe una mossa azzardata, tuttavia, dall’esperienza vissuta in prima persona, ho potuto constatare che sono state intraprese alcune attività ben organizzate, coordinate e coerenti con gli obiettivi comunicativi prefissati dal management. Una comunicazione di certo non accostabile a quella dei colossi multinazionali, i cui budget raggiungono cifre da brivido, ma calzante ed efficace per la tipologia di target che si intende raggiungere. Ricordiamo, infatti, che solo una ristretta percentuale degli affari di Dallagiovanna è rivolta al consumatore finale, essendo, per la maggior parte, indirizzata agli stadi intermedi della catena del valore, come panifici, pastifici, aziende, pizzerie e rivenditori.
In Italia, l’alimentare costituisce il primo settore per investimenti realizzati in pubblicità, come testimoniano Nel 2010 nel nostro Paese sono stati spesi quasi 8 miliardi di euro in pubblicità, di cui più di uno esclusivamente nel campo alimentare, che rappresenta oltre il 14% dell’intera spesa nazionale23. Questi dati che illustrano la grande importanza riposta nella promozione pubblicitaria, importanza compresa anche da Dallagiovanna, che ha cercato di comunicare il valore delle proprie farine attraverso campagne studiate appositamente, sia per promuovere le caratteristiche idiosincratiche del prodotto che per fornire una brand image particolare.
Durante le settimane trascorse nell’azienda piacentina, ho avuto l’opportunità di comprendere tutto ciò che si cela dietro una campagna pubblicitaria: ▪ la definizione dell’oggetto attorno al quale sviluppare un preciso percorso comunicativo; ▪ la scelta degli obiettivi da perseguire; ▪ la strategia creativa, con la scelta dei contenuti e dei codici di comunicazione; ▪ la media strategy, ovvero i mezzi attraverso cui diffondere la campagna.
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L’ attività si è concentrata principalmente sull’articolazione di queste quattro componenti di ciascuna campagna pubblicitaria, attraverso l’analisi di brochure, articoli e spazi dedicati su riviste specializzate nel settore alimentare. Riviste che costituiscono un elemento comune alle campagne prese in considerazione, rappresentando lo spazio pubblicitario al quale Molino Dallagiovanna ha fatto più ricorso nella promozione dei suoi prodotti.La scelte di media strategy, quindi, si sono concentrate sul formato cartaceo, più idoneo, secondo i responsabili aziendali, a raggiungere il target di riferimento.
All’apparenza, la strategia di Dallagiovanna risulterebbe scontata e priva di caratteri innovativi, tuttavia è opportuno sottolineare la tipologia di riviste selezionate per far conoscere le proprie farine. Non riviste qualsiasi, di argomento generico, e nemmeno i magazine di cucina distribuiti ogni settimana in edicola. La pubblicità di Dallagiovanna è rintracciabile esclusivamente in riviste dedicate ai professionisti del settore, a chi utilizza la farina per la propria attività imprenditoriale quotidiana. Periodici di alta pasticceria, magazine indirizzati a panificatori e pizzaioli e riviste rivolte a ristoratori e chef professionisti. Ecco un utilizzo efficace della pubblicità, sebbene il budget a disposizione di Dallagiovanna non sia paragonabile a quello di altre realtà aziendali. Si tratta di mezzi attraverso i quali raggiungere i potenziali clienti è più semplice, com’è più probabile un futuro interesse nei prodotti che il lettore potrebbe nutrire scoprendo le caratteristiche delle farine.
Tra le circa dieci riviste, sulle quali compaiono le campagne dell’azienda piacentina, buona parte è costituita da magazine espressamente pubblicati per diffondere ed esaltare l’immagine della cultura enogastronomica italiana in tutto il mondo. Come nel caso di “Pizza & Food – Made in Italy”, la cui missione esplicitamente recita: “ This guide book has been ideated […] with the precise aim of promoting and protecting everything that is needed to produce a high quality Italian pizza”. Promuovere nel mondo e proteggere la tradizione culinaria del Bel Paese, lo stesso scopo che Dallagiovanna intende perseguire allargando l’offerta ai paesi europei ed extraeuropei, partecipando al Consorzio Piacenza Alimentare e comparendo in altre riviste il cui nome rende già l’idea, come “Italy Export”. Tutti periodici in cui Dallagiovanna si affianca a realtà italiane piccole e medie ugualmente desiderose di esportare la propria eccellenza in tutto il mondo.
Singolare è il caso del magazine “Il nostro ristorante”, rivista professionale per i ristoratori italiani in Belgio. Visti i circa 250 ristoranti italiani presenti solo a Bruxelles, la scelta di questo periodico rappresenta nel modo migliore l’attenzione riposta dall’azienda durante momenti fondamentali del processo di produzione economico-tecnico della pubblicità, come il media-planning e il media-buying.
Tralasciando l’aspetto organizzativo-strutturale e focalizzando l’attenzione sui contenuti e i significati comunicati da Molino Dallagiovanna, è bene sottolineare il payoff che spesso ricorre nelle campagne pubblicitare del mulino. “Un mestiere, un arte, una passione”. Tre parole intrinseche di significati profondi:

➢ il mestiere di fare farina. Come già citato nella sezione dedicata al marchio, l’attività di Dallagiovanna non viene vista come subordinata al lavoro delle macchine, bensì come il ripetersi di una tradizione di generazione in generazione, quasi come se la farina si realizzasse con gli stessi strumenti dello scorso secolo; ➢ l’arte della farina. Nella sua semplicità, la farina richiede attenzioni speciali, competenze precise, esperienza e rispetto scrupoloso di determinati passaggi cruciali del processo produttivo, che assume le sembianze del lavoro svolto da un artigiano; ➢ la passione: come un vero artigiano, l’attività di Dallagiovanna si svolge da ormai 180 anni con lo stesso spirito delle prime generazioni. La sesta generazione intende infatti portare avanti l’azienda mettendo al primo posto valori e principi ritenuti intoccabili.

Dall’analisi delle campagne pubblicitarie è possibile comprendere tutta una serie di attributi e significati espressi. Il momento creativo, fase in cui viene progettato il contenuto che andrà ad occupare le pagine dei magazine, vede la partecipazione e l’importante collaborazione di un’agenzia di comunicazione, la quale si occupa di conferire quella patina creativa ed emotiva che dovrà essere in grado di attirare il lettore. In questa parte importantissima del processo, Dallagiovanna ha esplicitamente previsto la presenza di attori particolari nelle singole campagne pubblicitarie: i componenti delle famiglie dei tre soci vestono spesso e volentieri i panni dei protagonisti, contribuendo a conferire alla promozione dei prodotti quel pizzico di originalità e humour necessario a catturare l’attenzione del destinatario.
Oltre a questa funzione prettamente estetica, l’impiego di questi attori aiuta Dallagiovanna a supportare le politiche di prodotto nell’enfatizzazione di alcuni valori, come la famiglia, la semplicità e l’importanza del mangiare sano. Aspetti che contribuiscono alla creazione di una brand image positiva e in grado di ispirare fiducia in chi acquista il prodotto.
Nel corso delle settimane trascorse nell’azienda piacentina, ho affrontato le diverse campagne pubblicitarie lanciate nell’ultimo triennio, soffermandomi sui contenuti che queste intendevano trasmettere.

I Maestri del Gusto [pic]

Campagna che ha accompagnato il lancio di nuove varianti della linea “Far dolci”, come la miscela per panettone e pasta frolla, e la nascita di una farina specifica per focaccia genovese, “I Maestri del Gusto” ha visto l’utilizzo di opere della grande tradizione pittorica internazionale, accostate alla figura di Pierluigi Dallagiovanna e del Maestro Pasticciere Achille Zoia, la cui collaborazione si è rivelata fondamentale nella realizzazione delle miscele. Curioso è stato il lancio della variante per focaccia genovese, per la quale la tela “Leif Erikson discovers America” di Krohg è stata modificata inserendo all’orizzonte un’immagine stilizzata della Lanterna di Genova. Dallagiovanna ha deciso di paragonare la propria attività di ricerca, ultimata con la realizzazione di una miscela specifica per focaccia, a quella dei marinai rappresentati da Krohg alla scoperta di nuove terre.
Il significato globale espresso da “Maestri del Gusto” sta nella qualità a regola d’arte dei prodotti: l’azienda ha voluto sottolineare la versatilità e i risultati speciali che si ottengono impiegando le nuove farine per gli scopi specifici ai quali sono destinate. La figura di Zoia, inoltre, contribuisce a creare una patina di prestigio, necessaria ad attestare le peculiliarità e ad attirare l’attenzione dei potenziali clienti sui prodotti.

Kebab da urlo

Sempre connessa al mondo artistico è la campagna dedicata alla farina Kebabread®. Anche in questo caso, molto semplicemente, Dallagiovanna ha voluto esprimere la qualità del suo nuovo prodotto enfatizzandone le caratteristiche edonistiche e gustative, coniugando innovazione e tradizione.

Agente Triplozero

In questa occasione, l’innovazione ricercata da Dallagiovanna caratterizza non solo il prodotto, ma anche l’aspetto figurativo. Questa volta non è la pittura a supportare la campagna, bensì il cinema. Il signor Dallagiovanna veste i panni di un famoso agente segreto, aiutato da un’altra illustre figura dell’universo culinario italiano, il Maestro Pastaio Raimondo Mendolia. Gli attrezzi del mestiere prendono il posto delle armi da fuoco e il payoff riprende il titolo di una celebre pellicola. In questo caso la licenza non è a fini investigativi, bensì “di impastare”.
Attraverso questa scelta, il mulino ha voluto dimostrare il raggiungimento di un’ulteriore modalità di impiego della propria farina. Con la TriploZero®, si intendevano sottolineare gli attributi unici e le peculiarità di questa miscela, che si adatta alla perfezione alle esigenze di chi fa dell’impastare un’attività quotidiana.
La comparsa di una figura di spicco come Mendolia, che ha contribuito personalmente allo sviluppo del prodotto, certifica la qualità della farina, come nel caso dei dolci con la partecipazione di Achille Zoia.

Conquistala così Nel 2011, “Conquistala così” ha contribuito non poco alla diffusione delle farine speciali. Totalmente dedicata alla linea “Far pizza”, la campagna sottolinea le diverse tipologie di impiego delle innovative miscele in base al tempo di lievitazione: lavorazione diretta, breve, media o lunga lievitazione. La scelta dell’imperativo “conquistala” indica la grande capacità delle farine di rispondere alle diverse esigenze e, nel caso specifico della pizza, ai molteplici procedimenti di lavorazione. Il risultato comunicato da Dallagiovanna è chiaro ed inequivocabile: riuscita straordinaria, in grado di conquistare persino i soggetti più esigenti come quelli femminili.
Ritratto di farina

Sempre relativa alla linea di prodotto “Far pizza”, la campagna “Ritratto di farina” si può interpretare seguendo tre chiavi di lettura. Giocando sui tempi di lavorazione citati precedentemente, le famiglie Dallagiovanna vengono rappresentate in diverse parti del mondo, raggiungibili proprio nel tempo necessario alla lievitazione. Viaggi che, come espressamente riportato nelle didascalie, costituiscono solo un elemento di fantasia, poiché la vera protagonista è, ancora una volta, la farina.
Inoltre, con il titolo stesso e la presenza diretta dei Dallagiovanna traspare l’importanza che rivestono ancora oggi, nonostante la realtà aziendale si sia espansa, valori autentici come la famiglia, così come autentica è la passione per il proprio lavoro e per il prodotto finale.
Terza ed ultima chiave di lettura è data dalla presenza della pizza: strumento principale che distingue e diffonde il gusto italiano in qualsiasi parte del mondo.

Just in time for a pizza [pic]

Interamente giocata sul Made in Italy è la campagna “Just in time for a pizza”, lanciata, analogamente alle due precedenti, per promuovere le varianti di farina dedicate alla realizzazione del nostro piatto simbolo nel mondo. La carta geografica del globo e i fusi orari raffigurati attorno alla pizza rappresentano la diffusione di questo alimento in ogni nazione.
Dallagiovanna ha voluto comunicare il proprio intento di cavalcare questa diffusione e di renderla ancora più gustosa con le sue farine. Non a caso, infatti, questa campagna è apparsa esclusivamente su periodici e magazine venduti all’estero. Essa incarna uno spirito prettamente informativo, come testimonia la corposa presenza di informazioni scritte, utili in particolar modo a potenziali clienti al di fuori dei confini nazionali alla ricerca di nuovi fornitori.

Elementare: Dallagiovanna!

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Concludiamo l’excursus legato alle campagne pubblicitarie con l’ultima in ordine di lancio. Ad inizio 2012 è “Elementare: Dallagiovanna” a rappresentare l’azienda piacentina sulle riviste e nelle manifestazioni fieristiche. La celebre frase di Sherlock Holmes viene modificata per dare una risposta ad un’indagine su uno dei problemi del mondo moderno della farina e del mercato alimentare nel complesso: le intolleranze al glutine.
Attraverso questa campagna stampa Dallagiovanna ha scelto una via forte e diretta per comunicare con il destinatario: l’azienda costituisce la risposta ad un problema così attuale, risolto con la creazione di una linea esclusiva gluten-free. Un’affermazione breve, ma immediata, da cui traspaiono il desiderio e l’intento di comunicare la prontezza e la modernità di Dallagiovanna: accettare le sfide del mercato, per andare in contro alle esigenze persino di un target così specifico, preservando l’aspetto qualitativo e tradizionale della farina.

Investimenti mirati e mezzi comunicativi adeguati, importanti collaborazioni, un pizzico di creatività e la volontà di rappresentare prima di tutto il prodotto in sé. Sono questi i segreti che hanno consentito a Dallagiovanna di integrare la propria value proposition con una comunicazione pubblicitaria adeguata. Il rischio, in questi casi, sta nel tendere a stravolgere e teatralizzare l’oggetto delle campagne, oscurando, di fatto, le caratteristiche del prodotto, l’aspetto primario da comunicare al cliente. L’azienda piacentina è riuscita nel suo doppio intento: far conoscere tutto ciò che distingue le proprie farine, lasciando uno spazio rilevante per trasmettere significati importanti per migliorare la propria immagine, con una semplicità e una naturalezza fuori dal comune.

C. III. 2. Gli eventi e le manifestazioni fieristiche

Accanto alla semplice promozione pubblicitaria, sono gli eventi aziendali a rappresentare il nuovo fulcro delle strategie di marketing delle imprese al giorno d’oggi. Per evento si intende una celebrazione pubblica tematizzata di durata limitata nel tempo, che prevede rituali di aggregazione sociale e presuppone lo sviluppo di relazioni all’interno di una comunità.
Dal punto di vista prettamente aziendale, gli eventi sono ideali per coinvolgere e relazionarsi con il cliente, il quale, nel suo processo d’acquisto, potrà far ricadere la propria scelta su una determinata marca, proprio grazie ai particolari contenuti percepiti nell’evento stesso. Questo tipo di manifestazione ha lo scopo principale di promuovere un’associazione positiva tra l’esperienza memorabile vissuta nell’evento e l’impresa nel suo complesso, al fine di sviluppare o rafforzare la brand image e la reputazione. Principalmente, vengono individuate tre classi di eventi24: ▪ eventi in senso stretto, caratterizzati dalla presenza di attività finalizzate all’intrattenimento del pubblico; ▪ festival, che ruotano attorno ad una tematica centrale e strettamente legati ad una celebrazione pubblica; ▪ attività rientranti nella cosiddetta MICE (meetings, incentives, conventions, exhibitions), che forniscono all’impresa l’occasione di mostrare e promuovere i propri prodotti.
E’ quindi evidente come l’evento sia perfettamente in grado di trasmettere tutta una serie di significati in modo efficace e unico, affiancando le politiche di prodotto e le campagne pubblicitarie. Questa grande capacità è rappresentata dal concetto di event communication, ovvero l’insieme dei processi di comunicazione attivati dall’impresa all’interno del sistema evento. Un modo di esprimere significati caratterizzato da alcune peculiarità distintive: ▪ interattività e in grado di infrangere le barriere che separano l’impresa dal consumatore ▪ coinvolgimento e stimolo per il consumatore in prima persona, la cui dimensione emotiva e comportamentale è profondamente colpita dall’evento ▪ unicità nel trasmettere le dimensioni simboliche e virtuali della marca, sollecitando il consumatore a livello multisensoriale
Affrontando il tema dell’evento aziendale dalla prospettiva dell’azienda agroalimentare presso la quale ho trascorso le settimane di stage, ho captato l’imprescindibilità e la necessità per le imprese di questo settore di affidarsi a questa nuova forma di comunicazione per promuovere i propri prodotti. La possibilità di migliorare la brand awareness a livello nazionale ed internazionale, di ampliare il portafoglio clienti e di incrociare al meglio le nuove tendenze e gli atteggiamenti dei consumatori sono alcuni dei tanti incentivi che un’azienda come Molino Dallagiovanna ha seriamente preso in considerazione al momento della partecipazione a determinati eventi. Che tipologie di eventi? Principalmente quelli che rientrano nella categoria MICE, in particolare le manifestazioni fieristiche. L’azienda piacentina, inoltre, promuove molto spesso eventi di raggio decisamente inferiore rispetto alle fiere, i quali, tuttavia, si rivelano molto utili sia per fidelizzare la clientela, sia, come vedremo, per diffondere tra clienti e persone comuni una serie di valori legati alla tradizione culinaria locale e nazionale.
Le fiere hanno rappresentato per le aziende alimentari italiane e per Dallagiovanna un trampolino di lancio di nuovi prodotti sicuro ed efficace, specialmente dal punto di vista relazionale. Al giorno d’oggi le manifestazioni fieristiche possono essere classificate principalmente in due macrocategorie:

▪ fiere business, che attirano un pubblico specificamente interessato ad un determinato tipo di prodotto e caratterizzato da un alto livello di specializzazione. Di attrattività prevalentemente internazionale, le fiere business fondano il proprio successo sulla capacità di offrire e comunicare le informazioni e le peculiarità dei prodotti al visitatore;

▪ fiere consumer, aperte al grande pubblico e con un attrattività prevalentemente regionale o nazionale. Una buona fiera consumer si riconosce non solo dalla grande capacità comunicativa, bensì anche dal coinvolgimento offerto al visitatore, agendo su quello che viene comunemente definito marketing esperienziale.

Indipendentemente dalla tipologia, le manifestazioni fieristiche adempiono diverse funzioni. Una funzione economico-sociale, riconducibile alla diffusione di beni innovativi, alla ricaduta economica sul territorio ospitante la manifestazione, al sostegno delle produzioni locali e all’incremento della cooperazione tra imprese.
Evidenti sono gli incentivi apportati in termini commerciali e di marketing, con l’opportunità di conoscere i diretti concorrenti, di vendere i prodotti o di acquisire ordini e, in un ambito più strettamente comunicativo, la possibilità di raggiungere il target in modo più efficace, personale e con costi relativamente contenuti rispetto, per esempio, alla realizzazione di una campagna pubblicitaria su scala internazionale.
Nel complesso, le fiere sono uno strumento indispensabile per le aziende agroalimentari e non, per ampliare la propria notorietà e agire su alcune fasi determinanti del processo d’acquisto del consumatore, ovvero la ricerca del prodotto idoneo a soddisfare un determinato bisogno, la scelta di una precisa impresa o marca e la successiva valutazione e decisione d’acquisto.
Affiancate alle strategie di diversificazione ed innovazione del product range, le fiere hanno permesso a Dallagiovanna di aggiungere una serie di componenti di valore alla già ben collaudata value proposition. Nel corso della sua storia recente, infatti, l’azienda piacentina ha messo al primo posto la partecipazione a questi eventi, dedicandovi buone percentuali del proprio budget e selezionando le manifestazioni più idonee a raggiungere il target di riferimento. Vista la grande tradizione fieristica italiana, dove sono presenti sessantaquattro quartieri fieristici, Molino Dallagiovanna ha cercato di sfruttare al meglio questo palcoscenico, presenziando ad alcuni tra i più importanti eventi nazionali ed internazionali nel campo agroalimentare.

C. III. 3. Il coinvolgimento del consumatore: primi passi verso il marketing esperienziale

Ma cosa succede in fiera? Attraverso quali modalità vengono diffuse le caratteristiche dei prodotti? Come si attira il visitatore? Un palcoscenico così prestigioso e frutto di tanti investimenti e sacrifici deve essere sfruttato al meglio.
Nelle manifestazioni a cui ha preso parte, Dallagiovanna ha cercato sempre di far coincidere l’esordio in fiera con la presentazione in anteprima di nuovi prodotti. Così è accaduto a Cibus 2012, in cui il molino piacentino ha lanciato per la prima volta la linea “Senza glutine”, avvalendosi della collaborazione di testimonial illustri nel campo culinario, i quali hanno testato sul posto le nuove farine e mostrato i diversi impieghi ai visitatori.
Stesso fenomeno, ma con prodotti diversi, si è realizzato in altre manifestazioni, tra le quali è opportuno ricordare Alimentaria, evento spagnolo che ha permesso di ampliare non poco il portafoglio clienti di Dallagiovanna nella penisola iberica, attraverso la promozione di prodotti innovativi come la TriploZero™.
Interessante si è rivelata la presenza a RePanettone, manifestazione espressamente dedicata al dolce natalizio della tradizione milanese. Anche in questa occasione vi è stata la possibilità di mettere in mostra le varianti innovative di farina realizzate, in particolare proprio quella legata al dolce meneghino, la quale, grazie alla collaborazione di alcuni maestri dolciari, ha riscosso un ottimo successo.
Attraverso i precedenti esempi è possibile individuare una serie di elementi che hanno conferito agli stand fieristici di Dallagiovanna una patina attrattiva per i visitatori, con il conseguente interesse nei prodotti e la raccolta di contatti, che si rivela uno step importante durante le manifestazioni. Tuttavia l’azione fondamentale rimane quella legata alla gestione di questi ultimi una volta concluso l’evento. Spesso dimenticata dalla maggior parte delle aziende, la gestione post fiera ha costituito per Dallagiovanna il mezzo attraverso il quale arricchire e consolidare la clientela nel corso degli ultimi anni. Questa fase del processo organizzativo dell’attività fieristica, di cui mi sono personalmente occupato, consente all’azienda di captare il feedback del visitatore una volta assaggiati i prodotti e di instaurare le basi per una fornitura costante del prodotto in futuro.
Il primo componente che salta all’occhio è la collaborazione dei più grandi interpreti della cucina italiana: una partnership che, come già approfondito nella sezione dedicata alle campagne pubblicitarie, permette di attestare e certificare la qualità del prodotto e di mostrarne immediatamente tutti i possibili impieghi. La presenza fisica di un grande chef o maestro panificatore svolge, inoltre, una funzione attrattiva, volta a catturare l’attenzione del visitatore, il quale passerà dal dare una semplice “occhiata” al soffermarsi presso lo stand, al chiedere informazioni e ascoltare i consigli d’eccezione.
Durante il tirocinio ho sperimentato la grande efficacia della presenza di veri e propri artisti della cucina negli eventi targati Dallagiovanna, gestendo i contatti con questi ultimi in occasione della celebrazione dei centottanta anni dell’azienda, tenutasi il 16 giugno 2012.
Altra grande forza che risiede nella collaborazione con certe figure illustri è la garanzia: il visitatore, una volta osservato l’utilizzo e l’impiego della farina e visti i risultati finali, è sicuramente più tentato di acquistare il prodotto. Una sorta di spot pubblicitario, ma molto più efficace.
Strettamente collegato alle fiere e, più precisamente, alla conoscenza dei diversi impieghi del prodotto è l’aspetto esperienziale. Quante volte ci è capitato di visitare manifestazioni nel campo alimentare o di vedere un semplice stand in un grande ipermercato dedicato alla promozione di determinati prodotti? Oltre all’aspetto prettamente visivo, correlato alla possibilità di vedere il prodotto da distanza ravvicinata e di apprenderne le caratteristiche, è l’aspetto tattile e, nel caso dei generi alimentari, gustativo, ad attrarre in modo speciale il visitatore.
Affiancando la responsabile marketing ho avuto la possibilità di comprendere quanto importanti siano le degustazioni in fiera dei prodotti Dallagiovanna, alle quali l’azienda ha deciso di dedicare sempre più tempo nel corso delle manifestazioni fieristiche.
La possibilità di assaggiare il prodotto ottenuto tramite l’impiego delle proprie farine ha permesso a Dallagiovanna di costruire una reputazione più solida, basata non più solo sulla semplice notorietà del prodotto, ma sull’effettivo risultato ottenuto dall’utilizzo del prodotto stesso. I visitatori che hanno avuto la possibilità di osservare lo stand Dallagiovanna hanno sperimentato in prima persona ciò che si può realizzare con le farine speciali e ciò ha contribuito non poco all’incremento del valore dell’offerta. Esperienza gustativa che verrà sicuramente ricordata dal cliente al momento dell’acquisto, la cui decisione non si fonderà solo sulla conoscenza del prodotto ottenuta tramite un messaggio pubblicitario, bensì su quella determinata tipologia di impiego sperimentata durante la manifestazione fieristica. Basta aggiungere la presenza di personalità illustri nello stand e il coinvolgimento del visitatore acquista un ulteriore valore: una prima forma di marketing esperienziale, una tendenza che sempre più caratterizza il mondo moderno e con la quale Dallagiovanna sta prendendo un’ottima dimestichezza.
Nella prospettiva di Bernd Schmitt, direttore del Centro di Global Brand Management presso la Columbia Business School di New York, per marketing esperienziale si intende quell’atteggiamento dell’impresa volto a mettere in scena un’esperienza che conivolga in modo personale e memorabile il consumatore, affinchè quest’ultimo possa percepire i significati della marca in maniera efficace e unica.
Per coinvolgere al meglio il consumatore, l’azienda agisce principalmente su due dimensioni: il livello di partecipazione del consumatore, attivo o passivo, a seconda che quest’ultimo agisca personalmente o meno sulla performance messa in atto dall’impresa, e sul tipo di connessione che lo unisce all’evento. In questo caso l’esperienza può essere percepita a livello mentale (assorbimento) o coinvolgere fisicamente il consumatore stesso (immersione).
Quello che potremmo definire una sorta di “marketing 2.0”, si adatta perfettamente alle caratteristiche del consumatore postmoderno, sempre più esigente, selettivo, non più guidato da motivazioni esclusivamente utilitaristiche, bensì emozionali, edonistiche. Un profilo che cerca nell’esperienza di consumo il soddisfacimento non solo di un bisogno, ma anche di desideri. Una visione polisensoriale, a trecentosessanta gradi, in cui il consumatore ricerca tutti quegli elementi in grado di coinvolgerlo dal punto di vista emozionale, quelle che vengono definite “the 3 Fs”: fantasia (fantasy), sentimenti (feelings) e divertimento (fun).
Continuando il discorso formulato da Schmitt è possibile determinare quattro ambiti di esperienza, ottenuti considerando il tipo di connessione e il livello di partecipazione del consumatore.

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Un’esperienza di evasione implica il coinvolgimento attivo del consumatore, il quale è in grado di agire perfettamente sulla performance dell’evento, come nel caso di un simulatore di guida. Al contrario, un’esperienza estetica non prevede l’influenza dell’utente sull’ambiente che lo circonda, poiché quest’ultimo non viene intaccato e il protagonista (in questo caso il consumatore) non ha alcuna influenza su di lui. Per quanto riguarda la connessione per assorbimento, vi è la possibilità di vivere un’esperienza educativa, coinvolgendo il destinatario a livello mentale, incrementando le sue conoscenze. Quando invece la partecipazione è passiva si configura un’esperienza di puro intrattenimento, in cui avviene un assorbimento passivo dell’esperienza in modo piacevole e divertente. Date queste quattro possibilità è possibile affermare che più un’esperienza offre un’equilibrata combinazione delle quattro tipologie, più essa è ricca, coinvolgente ed efficace verso il consumatore.
Prima di collocare le componenti che arricchiscono la value proposition di Dallagiovanna all’interno di questa classificazione, è opportuno introdurre un aspetto molto importante che caratterizza l’azienda piacentina per quanto riguarda il contatto diretto con il cliente e con il consumatore finale. Si tratta di una forte predisposizione dell’azienda a favorire l’apprendimento di questi soggetti, istituendo corsi di in collaborazione con Scuole di Cucina e figure professionali del panorama culinario italiano. Il “Laboratorio di Arte Bianca” è in funzione da ormai tre anni e vi si svolgono periodicamente corsi professionali, indirizzati a pizzaioli, pasticceri e panettieri, e corsi di livello base, ideali per gli appassionati di cucina che vogliono migliorare la propria tecnica. Questa peculiarità presenta numerosi incentivi sotto molteplici punti di vista: favorisce il contatto con potenziali nuovi clienti, i quali, testando la farina Dallagiovanna sul campo, hanno la possibilità di sperimentarne le caratteristiche e la versatilità, permette di verificare immediatamente il rendimento e i risultati ottenuti dalle nuove miscele prodotte nello stabilimento, e, non per ultimo, contribuisce a diffondere sul territorio la cultura della cucina casalinga, preservando la tradizione piacentina e nazionale.
In un’ottica esperienziale il Laboratorio di Arte Bianca si colloca in un contesto a trecentosessanta gradi: colui che vi partecipa vive un’esperienza educativa, poiché acquisisce nuove competenze nella realizzazione di determinate ricette. L’esperienza assume, di conseguenza, toni non esclusivamente educativi, ma anche di evasione, in quanto, successivamente alla dimostrazione del maestro, sono gli allievi del Laboratorio a realizzare la ricetta. Come ciliegina sulla torta non poteva mancare l’assaggio del prodotto finito, grazie al quale l’esperienza assume caratteri estetico-edonistici, contribuendo a stimolare nel destinatario quella componente polisensoriale che caratterizza e soddisfa il consumatore postmoderno.
Analogo discorso può essere ripetuto per le degustazioni in fiera, precedute dalle lavorazioni dei grandi maestri di cucina. Il visitatore osserva (intrattenimento), apprende (esperienza educativa) e assaggia il risultato finale (esperienza estetica).
Sia il Laboratorio di Arte Bianca, che gli stand fieristici di Dallagiovanna dimostrano la predisposizione dell’azienda alle tendenze del consumatore moderno, vista la realizzazione di un ottimo mix tra marketing tradizionale e marketing esperienziale. Questo atteggiamento ibrido si può sintetizzare sottolineando l’enfatizzazione dei benefici e delle caratteristiche del prodotto, accompagnata da una fondamentale focalizzazione sul coinvolgimento e sull’esperienza del consumatore. Questo mix ha consentito a Dallagiovanna di ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto presso tutte le manifestazioni fieristiche a cui ha aderito, raccogliendo un buon numero di contatti destinati a trasformarsi in potenziali clienti.

D. MA QUANTO COSTA LA “MISCELA VINCENTE”?

Nelle pagine precedenti si è parlato di diversificare, rinnovare, seguire le tendenze del mercato e preservare la qualità della produzione, tutti fattori cruciali per la crescita aziendale. Operazioni che, tuttavia, richiedono sforzi e, naturalmente, pesano non poco sul bilancio delle piccole e medie imprese. Fare marketing, nel settore alimentare e non solo, si traduce sì in quanto affrontato nelle sezioni precedenti, ma anche nell’assumere le decisioni giuste di investimento nelle forme di comunicazione, ponderando in maniera accurata costi e benefici di ciascuna alternativa. Di conseguenza, per essere presenti nelle più importanti manifestazioni fieristiche del nostro Paese o in Europa, aziende come Molino Dallagiovanna hanno dovuto impiegare ingenti somme nel campo della comunicazione e della promozione al cliente. Sforzo economico che, da quanto visto in precedenza, è stato ampliamente ricompensato con una crescita delle vendite piuttosto rilevante, un’ espansione del portafoglio clienti e un brand sempre più noto e stimato tra gli esperti del settore.
Durante l’esperienza di tirocinio l’oggetto di alcune mie mansioni sono stati i costi di marketing, un’attività che mi ha permesso di scoprire la rilevanza delle politiche di comunicazione del valore in termini di ripercussione sul bilancio aziendale. Con la gentile collaborazione e disponibilità del tutor aziendale, i costi sono stati suddivisi per attività e analizzati singolarmente, mettendone in evidenza i caratteri principali. Tutto ciò si è rivelato utile per comprendere come una realtà circoscritta come il mulino piacentino sia riuscita a mettere in atto tutta una serie di attività comunicative, coniugando una buona propensione ed apertura alle novità con un preciso e fermo controllo del peso di queste ultime sul bilancio aziendale.
In una panoramica complessiva, il budget a disposizione della responsabile marketing di Dallagiovanna si è rivelato in costante aumento nel corso degli anni, un aumento supportato dalla crescita rilevante dell’azienda piacentina nell’ultimo triennio.
Per l’anno in corso, i vertici aziendali hanno deciso di impiegare circa il 2% del fatturato 2011 per gli investimenti nel marketing. È quindi evidente come le disponibilità di un’azienda come Dallagiovanna non siano lontanamente paragonabili a quelle di realtà aziendali con giri d’affari a nove zeri.
Per l’analisi sono state individuate quattro categorie di attività, più precisamente: ▪ fiere, includendo tutte le spese relative all’affitto dello spazio riservato allo stand, più tutte le attività connesse all’evento in questione; ▪ campagne pubblicitarie, nella quale sono stati inclusi i costi sostenuti per l’agenzia di comunicazione; ▪ riviste, per la negoziazione degli spazi riservati alla pubblicità sui magazine di settore; ▪ partnership & sponsorizzazioni, che prevedono tutta una serie di collaborazioni con figure illustri del panorama culinario italiano.

Dal grafico in fig. 35 emerge un sostanziale equilibrio negli investimenti nelle diverse forme di comunicazione di marketing, che testimonia l’assoluta ponderazione di Dallagiovanna nella scelta dei mezzi attraverso i quali diffondere la propria value proposition. Mezzi che vengono posti sullo stesso piano, poiché ritenuti in grado di comunicare efficacemente allo stesso modo.

Le fiere, con oltre il 30% del budget, rappresentano la forma di comunicazione al cliente sulla quale Dallagiovanna ha concentrato più sforzi ed investimenti. La motivazione è riconducibile all’importanza delle manifestazioni fieristiche per le aziende del settore alimentare, per tutta quella serie di motivi già menzionati precedentemente. La porzione di budget riservata a questa tipologia di evento si è allargata costantemente dall’anno 2009, vista la sempre più frequente presenza di Dallagiovanna nelle manifestazioni italiane ed europee.
Sul secondo gradino del podio si collocano tutte quelle attività che vengono incluse nella categoria “partnership e sponsorizzazioni”. Quest’ultimo concetto è da intendere in senso figurato, poiché comprende principalmente tutti quei costi legati alle collaborazioni con i personaggi famosi del panorama culinario. Vengono racchiuse, quindi, le partnership con i maestri dolciai, panificatori, pizzaioli e della pasta, sia per quanto riguarda la loro presenza alle dimostrazioni in fiera, che per i corsi periodicamente tenuti in azienda, sia per l’immagine prestata nelle campagne pubblicitarie. Dettaglio non trascurabile è costituito dal fatto che le spese per queste collaborazioni non siano esclusivamente legate ad un aspetto promozionale, bensì anche al testing delle farine al momento della produzione. Inoltre, sono imputabili a questa categoria tutti i costi relativi alle partnership con associazioni, istituzioni e, in particolar modo, scuole di cucina. Mostrare tutti quei bollini sul packaging e nelle intestazioni ha quindi anch’esso un costo.
Con una quota che si aggira attorno al 24-25% del budget emergono i costi relativi alla realizzazione delle campagne pubblicitarie, per le quali, lo ripetiamo, l’azienda piacentina si affida ad un’agenzia di comunicazione. Quest’ultima si occupa non solo delle campagne stampa che compariranno sulle riviste, supportando Dallagiovanna in altri contesti, come nelle fiere, dedicandosi alla progettazione e alla realizzazione dello stand fieristico, e nelle attività di promozione quotidiana, curando il design della pagina web dell’azienda.
Lo spicchio leggermente meno consistente, ma non per questo marginale e meno importante, è costituito dalle spese sostenute per la pubblicazione delle campagne stampa sulle riviste specializzate. In questo frangente è bene sottolineare due aspetti: in primis le tariffe più alte richieste dai magazine di settore rispetto alle riviste più generiche, che hanno indotto Dallagiovanna ad una profonda analisi delle diverse alternative di pubblicazione, al fine di impiegare il proprio budget nel migliore dei modi.
Il secondo aspetto è dato dal costante aumento del portafoglio riviste nelle quali l’azienda compare con le proprie campagne: segnale chiaro di una volontà sempre più ferma di ampliare il giro d’affari, espandendosi sia in Italia che in Europa, come testimonia, ad esempio, l’accordo con una rivista per ristoratori italiani in Belgio, stipulato nel 2011.
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Osservando i dati gentilmente forniti dalla responsabile marketing della società in un’ottica triennale, emerge come gli investimenti in comunicazione siano sempre più ingenti e accompagnino a braccetto la crescita complessiva dell’azienda.
Prendendo in considerazione ogni singola forma, si può constatare come le manifestazioni fieristiche abbiano preso il sopravvento, a discapito delle campagne pubblicitarie. Da qui la già citata tendenza di Dallagiovanna a realizzare quelle forme di comunicazione ad oggi più efficaci e in voga nel mondo moderno.
I dati relativi all’anno 2009 presentano un’ingente spesa in pubblicità, sensibilmente ridotta negli esercizi successivi. Il 2009 si può definire l’ “anno zero” di Dallagiovanna per quanto riguarda la comunicazione, visto il totale restyling del marchio, dei contenuti e del packaging. Investimenti che sono stati necessari per l’azienda piacentina, per posizionarsi in maniera più efficace in un mercato che è già sensibilmente mutato rispetto al decennio scorso.
Dal 2011 le spese in pubblicità costituiscono circa un quarto del budget della comunicazione, a cui si affiancano investimenti in partnership e sponsorizzazioni, anch’essi in lieve crescita.
Il futuro apre a scenari piuttosto incerti. Incertezza che non dipenderà certo dall’operato di Dallagiovanna, bensì dalla situazione critica che l’Europa vive in questi mesi. La spesa in marketing e comunicazione si è rivelata essenziale per il molino piacentino e ridurla drasticamente sarebbe come tagliare le gambe ad un’azienda sempre più in ascesa. D’altro canto, tuttavia, sono già al vaglio del responsabile marketing una serie di nuovi progetti e sponsorizzazioni per l’anno 2013, esercizio in cui la spesa sarà destinata ad aumentare, per sostenere e sfruttare al meglio le occasioni che offre il mercato. Qualora questi investimenti dovessero rivelarsi vincenti ed efficaci, sarebbe auspicabile una forte spinta al fatturato di Dallagiovanna.
Non dimentichiamo, inoltre, un appuntamento che tutta l’imprenditoria italiana attende con fervore, come l’Expo 2015: una vetrina internazionale, un palcoscenico unico dove mostrare con orgoglio la propria attività e occasione d’oro per far compiere il decisivo salto di qualità al proprio business.
E. CONCLUSIONE

Et voilà, la ricetta è pronta. La miscela vincente per la crescita in un panorama internazionale così disordinato e confusionario c’è e non costituisce più un’utopia irrealizzabile. Certo, una strategia di marketing così non si progetta da un giorno all’altro. Sono necessari investimenti ben ponderati, visti i budget limitati a disposizione delle PMI italiane, una buona dose di lungimiranza, tanta pazienza e, soprattutto, la passione per la propria attività.

Passione che non è mai mancata a chi da sei generazioni porta avanti una realtà come Dallagiovanna, superando le piccole difficoltà che quotidianamente si incontrano nella gestione aziendale e problemi ben più consistenti. L’azienda piacentina può essere considerata un modello vincente, da prendere come esempio per tutte quelle realtà simili per giro d’affari o dimensioni, le quali non riescono a sfruttare a pieno le opportunità del mercato e le proprie potenzialità. Ed è su queste potenzialità che bisognerebbe riflettere, specialmente chi opera nel settore agroalimentare: i prodotti italiani hanno caratteristiche inimitabili ed introvabili nel resto del mondo ed è proprio grazie all’export che il settore tiene ancora sotto i colpi della recessione.

Le piccole e medie imprese alimentari costituiscono un tesoro fondamentale, una miniera ricca di risorse ancora tutte da sfruttare, che avrebbero la forza di risollevare il nostro pil di qualche punto. L’impegno e la passione sono elementi necessari, ma non bastano. Serve una corporate strategy adeguata come nel caso di Molino Dallagiovanna, ma soprattutto sono indispensabili risorse per la ricerca e sviluppo e per l’innovazione. In tempi difficili come questi tutto ciò sta venendo a mancare, stroncando sul nascere qualsiasi progetto vincente scovato da qualche realtà del nostro territorio.

Lo Stato deve fare la sua parte nel rilanciare l’economia: non solo rigore ed austerity per tentare di cancellare anni e anni di sprechi pubblici, ma misure per la crescita, per favorire lo sviluppo imprenditoriale e il rilancio del nostro settore produttivo.

Urgono provvedimenti per il lavoro: quanti cervelli ogni anno scappano letteralmente dall’Italia per cercare fortuna in altri Paesi con prospettive migliori? Si cerchi di dare loro dei buoni motivi per restare e fornire le loro preziose idee e competenze al loro Paese.

Si punti forte, fortissimo sul Made in Italy e sul turismo enogastronomico. Gli altri Stati saranno sicuramente più bravi di noi nel tenere i conti pubblici, a limitare (si fa per dire) il debito e a prendere le misure opportune. Ma nel campo alimentare l’eccellenza parla italiano, tutto il mondo invidia la nostra tradizione. Il nostro territorio così eterogeneo dà luogo ad una diversità culturale e culinaria introvabile in qualsiasi altra parte del mondo. Una diversità su cui bisogna far leva, supportandola con le risorse e i prodotti idonei, proteggendola dalla globalizzazione e propagandola in tutto il mondo con orgoglio.

La miscela vincente ha regalato a Molino Dallagiovanna tutto ciò di cui si è parlato nelle pagine precedenti e potrà fare lo stesso per tutte quelle realtà che come quella piacentina sanno fare bene il loro lavoro. Innovazione, diversificazione, qualità, tradizione e contatto con il cliente per instaurare un buon business. Attenzione, però. Tutti questi ingredienti necessitano di un coordinamento adeguato, di un collante che non faccia sfaldare il tutto mandandolo in rovina. Verrebbe da dire i soldi. Senz’altro. La fortuna. Senza alcun dubbio. Ma quel qualcosa che tiene tutto insieme e lo fa funzionare a meraviglia è l’umiltà, l’impegno e il rispetto di valori unici. Come se i generi alimentari si producessero ancora come ai tempi dei nostri nonni.

F. BIBLIOGRAFIA

➢ Airoldi G., Brunetti G., Coda V., 2007, Corso di Economia Aziendale, Il Mulino

➢ Campobasso G. F., 2011, Manuale di Diritto Commerciale, V ed., UTET Giuridica

➢ Daft R. L., 2010, Organizzazione Aziendale, IV ed., APOGEO

➢ Castaldo S., 2009, Marketing e fiducia, Il Mulino

➢ Nelli R. P., 2008, La comunicazione tramite eventi: le problematiche di definizione e di governo, all’interno di E.T. Brioschi, Communicative business, Vita & Pensiero

➢ Schmitt B., Experiential Marketing, all’interno del n° 15 del Journal of Marketing Management del 1999

➢ Golfetto F., Uslenghi A., Le fiere: una palestra di comunicazione per le imprese, all’interno del n°2 di Macro & Micro marketing, agosto 1999

➢ Reggente F., Il ruolo delle fiere nella strategia di marketing, seminario tenutosi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza, il 10 maggio 2011

➢ Sito ufficiale di Molino Dallagiovanna ( www.dallagiovanna.it)

➢ Sito ufficiale di Cibus ( www.cibus.it)

➢ Sito ufficiale di Alimentaria ( www.alimentaria.com )

➢ Sito ufficiale di RePanettone ( www.repanettone.it )

RINGRAZIAMENTI

L’esperienza di stage vissuta nei mesi di giugno e luglio 2012 è stata molto utile per toccare finalmente con mano tutti quegli argomenti oggetto dei miei studi da ormai due anni. Le settimane trascorse nell’azienda che mi ha gentilmente ospitato hanno contribuito a fare maggior chiarezza sul mio futuro, che avrà come obiettivo principale quello di ricoprire un ruolo manageriale in una realtà multinazionale. La funzione marketing ha soddisfatto le mie aspettative e sarei molto felice se in futuro avessi la possibilità di lavorare in questo campo.

Intendo ringraziare tutto il personale di Molino Dallagiovanna, dagli addetti alla contabilità al più semplice magazziniere, per avermi fatto sentire a mio agio in questi giorni e per avermi fornito tutti i dati tecnici e le notizie, oltre che per la gentile collaborazione e disponibilità dimostrata nei miei confronti.

Un ringraziamento particolare va a Sabrina Dallagiovanna, senza l’aiuto della quale non avrei beneficiato di tutte queste informazioni e non avrei potuto realizzare questo elaborato, e a Sergio Dallagiovanna, la cui grande disponibilità e pazienza è stata indispensabile per la realizzazione di questa esperienza di stage.

Un “grazie” va inoltre alla Prof.ssa Carlotta D’Este, la cui collaborazione è stata fondamentale per un regolare svolgimento dell’esperienza di stage e la stesura della relazione.

1 Dati da una ricerca dell’ IGD Institute, riportata da “The Economist” il 10/04/2012

2 Dati ricavati dalle statistiche della FAO, dal database FAOSTAT riferito all’anno 2010

3 Dall’articolo “Con l’allarme siccità il grano ritorna a costare più del mais”, de “Il Sole 24 Ore” del 25/05/2012
4 Dall’articolo “Grano ai massimi da 7 mesi”, de “Il Sole 24 Ore” del 07/02/2012
5 Dall’articolo “Il prezzo del grano sale con la speculazione. Ma la grande distribuzione non deve approfittarne”, de “Il Sole 24 Ore” del 06/08/2010
6 Da una ricerca Federalimentare, basata su dati Istat del 2011

7 Dati evidenziati da Toscana Cereali (fonte ISTAT 2011)
8 Da un’intervista al presidente di Assosementi Paolo Marchesini del 16/06/2011
9 Dall’articolo “L’agroalimentare spinge Piacenza”, de “Il Sole 24 Ore” del 02/04/2011

10 Dati Consorzio Alimentare Piacenza 2011
11 Dati ricavati dal Rapporto 2011 sul sistema agroalimentare dell’Emilia Romagna
12 Dati ISTAT 2011
13 Art. 2462, I comma del Codice Civile Italiano del 1942
14 Art. 230-bis del Codice Civile Italiano del 1942
15 Tom Burns (1913-2001) e George MacPherson Stalker (1925- ) sono i due principali studiosi che hanno elaborato la teoria contingente della progettazione organizzativa, secondo la quale l’efficacia delle organizzazioni dipende dalla corrispondenza tra l’organizzazione interna e le condizioni presenti nell’ambiente esterno.

16 Vantaggio essenziale, prodotto generico, prodotto atteso, prodotto ampliato e prodotto potenziale sono, nell’ordine, i cinque livelli sui quali può essere configurato un prodotto. Più l’impresa decide di considerare gli ultimi livelli, più è in grado di fornire un prodotto unico al consumatore.

17 Per customizzazione si intende una politica di prodotto volta a realizzare un output che asseconda determinate richieste qualitative da parte di un futuro cliente.

18 L’espressione line extension indica un ampliamento e arricchimento di una determinata linea di prodotto. Il flankering è una particolare forma di line extension, volta a soddisfare bisogni eterogenei e consentire molteplici modalità di impiego dei beni. Cfr. Castaldo S., 2009, Marketing e fiducia, Il Mulino, p. 192.

19 Cfr. Castaldo S., 2009, Marketing e fiducia, Il Mulino, pp. 20-21

20 Cfr. Castaldo S., 2009, Marketing e fiducia, Il Mulino, pp. 204-205

21 Cfr. Castaldo S., 2009, Marketing e fiducia, Il Mulino, pp. 173-174

22 Le quattro leve del marketing mix sono: product (prodotto), price (prezzo), promotion (promozione) e placement (distribuzione). Costituiscono i quattro aspetti principali attorno ai quali una strategia di marketing deve strutturarsi per conferire unicità e valore alla value proposition.

23 Dati evidenziati da una ricerca Nielsen del 2010

24 Cfr. Nelli R. P., 2008, La comunicazione tramite eventi: le problematiche di definizione e di governo, pag. 389-390 all’interno di E.T. Brioschi, Communicative business, Vita & Pensiero

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Nel Vecchio Continente i produttori più forti sono, nell’ordine, Francia ( 38 milioni), Germania (25), Regno Unito (14), Polonia (10) e Italia (6). Il resto dei paesi si assesta attorno ai 4-5 milioni di tonnellate. A livello mondiale, il mercato del grano è spesso luogo di forti tensioni ed è soggetto periodicamente ad una duplice minaccia.
Il primo grande fattore che causa incertezza è strettamente legato all’aspetto naturale. Calamità e squilibri sono sempre più ricorrenti in un mondo alle prese con profondi mutamenti climatici. Gli effetti si manifestano sul prezzo del grano, il quale sale ad intervalli costanti, che coincidono la maggior parte delle

Fig.1 La produzione di frumento nel mondo(2010)

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volte con periodi di grande siccità3. Emblematico è stato il 2008: il raccolto di paesi grandi esportatori di frumento come la Russia e gli Stati Uniti fu minacciato da lunghi periodi di siccità, specialmente nella stagione estiva, quando il Cremlino fu costretto a porre un bando alle esportazioni. Nei primi mesi del 2012 la storia si ripete: l’International Grains Council ha tagliato le stime per la produzione di grano, a causa della significativa assenza di pioggia che colpisce la Russia, l’Unione Europea e il Marocco dall’inizio dell’anno.

Fig.2 La produzione di frumento nell’UE (2010)

Fig.3 L’industria agroalimentare italiana nel 2011 (dati in miliardi di euro)

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Fig.4 Il grano raccolto in Italia in milioni di quintali (dati ISTAT 2011)

Fig. 5 Export del settore alimentare piacentino (dati Consorzio Alimentare Piacentino)

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Fig. 6 Produzione di cereali nella provincia di Piacenza (dati 2011)

Fig. 7 L’organigramma di Molino Dallagiovanna nel 2012

Fig. 8 La linea “Far pane” in Italia nel 2011

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Fig. 9 La linea “Far pane” nel mondo nel 2011

Fig. 10 Il trend di “Far pane” in Italia

Fig. 11 Il trend di “Far pane” nel mondo

Fig. 12 La linea “Far pizza” in Italia nel 2011

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Fig. 13 La linea “Far pizza” nel mondo nel 2011

Fig. 14 Il trend di “Far pizza” in Italia

Fig. 15 Il trend di “Far pizza” nel mondo

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Fig. 16 La linea “Far pasta” in Italia nel 2011

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Fig. 17 La linea “Far pasta” nel mondo nel 2011

Fig. 18 Il trend di “Far pasta” in Italia

Fig. 19 Il trend di “Far pasta” nel mondo

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Fig. 20 La linea “Far dolci” in Italia nel 2011

Fig. 21 Il trend di “Far dolci” in Italia

Fig. 22 Il fatturato delle farine Dallagiovanna nel 2011

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Fig. 24 Il marchio dopo il recente restyling

Fig. 23 Il marchio fino al 2009

Fig. 25 Le confezioni delle farine “Per pizza”

La certificazione del proprio Sistema Qualità Aziendale ai sensi della norma ISO 9001-2000.

Il bollino che attesta l’accurato controllo delle materie prime provenienti da agricoltura biologica.

Per far conoscere le migliori farine, Dallagiovanna ha intrapreso una partnership con la Scuola Internazionale di Cucina Italiana, presieduta da una figura di rilievo come Gualtiero Marchesi.

La sinergia con Cast Alimenti, una delle migliori scuole per panettieri e pasticceri in Italia, per sperimentare le farine con i migliori professionisti.

L’appoggio di un’organizzazione come il Richemont Club Italia, che si pone come primo obiettivo la difesa della professionalità nel campo della pasticceria e della panificazione, è fondamentale per arricchire il valore dei prodotti Dallagiovanna.

Fig. 26 Le forme della comunicazione d’azienda, in base al contenuto e al pubblico

Fig. 27 “I girasoli” di Van Gogh protagonisti della campagna “I Maestri del Gusto”

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Fig. 28 “L’urlo” di Munch protagonista della campagna “Kebab da urlo”

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Fig. 29 Pierluigi Dallagiovanna e Raimondo Mendolia diventano agenti segreti per la TriploZero™

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Fig. 30 “Conquistala così” per le farine della linea “Far pizza”

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Fig. 31 “Ritratto di farina” promuove le farine “Per pizza”

Fig. 32 Il simbolo italiano apprezzato in tutto il mondo: ecco “Just in time for a pizza”

Fig. 33 La campagna pubblicitaria più recente: “Elementare: Dallagiovanna!”

partecipazione ATTIVA

P A R T E C I P A Z I O N E

partecipazione PASSIVA

esperienza

EDUCATIVA

esperienza di

EVASIONE

esperienza di

INTRATTENIMENTO

esperienza

ESTETICA

assorbimento

immersione

[[Fig. 34 I quattro ambiti dell’esperienza

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Fig. 35 Il budget marketing di Dallagiovanna per il 2012

Fig. 36 Ripartizione della spesa in comunicazione di Dallagiovanna dal 2009 al 2012

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